La grande battaglia ideologica in Medio Oriente è fra pragmatici ed estremisti

Non ha senso attaccare un piano come quello di Trump che rafforza arabi e palestinesi pragmatici a scapito dei più pericolosi estremisti

Di Ruthie Blum

Yossi Kuperwasser

L’ex generale israeliano Yossi Kuperwasser – già capo della Divisione ricerca dell’intelligence delle Forze di Difesa israeliane e Direttore generale del Ministero degli affari strategici – ha spiegato le reazioni arabe alla proposta di accordo di pace avanzata dall’amministrazione Trump in un modo ben comprensibile anche per chi è all’oscuro delle più sottili sfumature.

In un evento lo scorso 9 febbraio presso il Jerusalem Center for Public Affairs, dove ricopre il ruolo di senior project manager specializzato negli aspetti della sicurezza del conflitto israelo-palestinese, Kuperwasser ha spiegato che “il mondo arabo e il Medio Oriente in generale sono impegnati in un grande battaglia ideologica tra pragmatici ed estremisti”. I pragmatici, ha detto, considerano il piano di Trump “necessario, possibile e giustificato: necessario per Israele e i palestinesi; possibile perché è obiettivo e i suoi confini sono stati tracciati da qualcuno che conosce il terreno estremamente bene; e giustificato perché è giunto il momento che i palestinesi smettano di impedire al resto del mondo arabo di andare avanti”.

Secondo Kuperwasser, si tratta di un “nuovo paradigma” che distingue questo piano dai precedenti piani di pace. E anche se i pragmatici non possono dirlo “ad alta voce in un forum come la Lega Araba, la partecipazione di alcuni di loro alla cerimonia di lancio del piano, le reazioni delle dirigenze nazionali e i messaggi diplomatici sono chiari”. Come, ad esempio, il fatto che la recente mossa di apertura del Sudan verso Israele non sia stata per nulla criticata dai pragmatici.

30 gennaio, Jebaliya (striscia di Gaza). Ragazzini protestano contro il piano Trump esibendo l’immancabile mappa del rifiuto palestinese di qualunque spartizione: Israele è cancellato dalla carta geografica

“Il regno Hashemita di Giordania e la Repubblica Araba d’Egitto – ha continuato Kuperwasser – si trovano in una situazione particolarmente delicata. Ma a quanto pare, finché Israele coordinerà con gli Stati Uniti le sue mosse riguardo al piano, i due paesi arabi non faranno nulla che possa realmente danneggiare le loro delicate relazioni con Israele. In realtà, hanno molto da guadagnare dal piano in termini economici e di sicurezza e non hanno nulla da perdere. Sappiamo tutti che per la Giordania, la parte del piano riguardante la Valle del Giordano è esattamente ciò di cui ha bisogno, sebbene la Giordania non possa dirlo a chiare lettere. Gli estremisti, d’altra parte, sono ovviamente contrari al piano, perché sono contrari a qualsiasi cosa che possa rafforzare i pragmatici e Israele. Questo spiega le dure reazioni dell’Iran, della Turchia e dello Stato Islamico. A loro non importa nulla dei palestinesi e del loro possibile benessere. Si preoccupano solo delle proprie aspirazioni imperiali e della diffusione della loro versione dell’islam, che verrebbe ostacolata se Israele fosse al sicuro, in pace con i palestinesi e stabilisse relazioni normali con gli stati pragmatici della regione”.

Questo non vuol dire che Kuperwasser consideri il piano americano “Pace per la prosperità in Medio Oriente” privo di problemi dal punto di vista dello stato ebraico. Tutt’altro. Kuperwasser ha anzi sottolineato che ci vorrà molto tempo prima che venga sradicata la narrativa antisemita che oggi viene sistematicamente “inculcata nella cultura e nella psicologia palestinese”. Ci vorrà tempo anche se la loro dirigenza dovesse cambiare pelle e accettare pienamente i criteri di base necessari per accedere alla statualità.

Ma ciò che veramente non ha senso, ha concluso Kuperwasser, è la rabbia di tanti, in Occidente, contro un accordo che in realtà rafforza i pragmatici, fra gli arabi e i palestinesi, a spese degli estremisti più sanguinari e pericolosi.

(Da: jns.org, 11.2.20)