La guerra fra islamismi

Anche dopo la caduta di Assad, i gruppi jihadisti continueranno a combattere in una lotta di potere per il sopravvento delle rispettive ideologie fondamentaliste

Di Hayat Alvi

Hayat Alvi, autrice di questo articolo, è associate professor allo US Naval War College.

Hayat Alvi, autrice di questo articolo, è professore associato presso lo US Naval War College

Di recente ribelli siriani islamisti sunniti del gruppo “Stato Islamico di Iraq e del Levante” hanno accidentalmente decapitato uno dei loro, ferito, avendolo scambiato per uno straniero sciita pro-Assad. (Un video diffuso dall’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani mostra due membri del gruppo che esibiscono una testa mozzata per le strade di Aleppo. L’esecuzione era stata filmata e pubblicata sul web. Successivamente il decapitato è stato identificato dal gruppo Ahrar al-Sham, anch’esso qaedista anti-Assad, come Mohammed Fares, uno dei suoi combattenti. Gravemente ferito in battaglia, era finito nelle mani del gruppo alleato dove aveva sillabato i nomi degli imam sciiti Ali e Hussein, e tanto era bastato per qualificarlo come nemico sciita, e decapitarlo). Intanto i gruppi ribelli jihadisti continuano a combattere contro le forze dell’Esercito Libero Siriano, anti-Assad ma più moderate e laiche, e contro i curdi siriani. Ora un gruppo di forze ribelli islamiche ha annunciato una fusione: una dichiarazione diffusa on-line afferma che Ahrar al-Sham, Jaysh al-Islam, Suqour al-Sham, Liwa al-Tawhid, Liwa al-Haqq, Ansar al-Sham e il Fronte Islamico Curdo hanno concordato una “fusione graduale” e che questo nuovo Fronte Islamico sarà “una formazione politica, militare e sociale indipendente tesa a rovesciare il regime di Assad e costruire uno stato islamico” (BBC News, 22.11.13). Si aggiungano, a questo mix, i combattenti sciiti schierati nel campo di Assad, tra cui Hezbollah, Guardia Rivoluzionaria iraniana e altre milizie islamiste pro-sciiti, ed ecco che ci si ritrova con una vera e propria guerra settaria, intricata e multidimensionale, in lotta per la forma di islamismo predominante che dovrà prendere il controllo della Siria. L’annuncio della nascita del Fronte Islamico potrebbe anche essere una sfida alla crescente influenza dei due gruppi ribelli jihadisti affiliati ad al-Qaeda, il Fronte al-Nusra e lo “Stato Islamico dell’Iraq e del Levante”, sebbene in precedenza queste formazioni abbiano collaborato con alcune componenti del nuovo Fronte.

In sintesi, la Siria incorpora oggi dei network a ragnatela multistrato di milizie e forze paramilitari sunnite e sciite, e questo non può che continuare a sprofondare il paese nella violenza e nel caos in modo simile alla guerra civile che imperversò in Libano negli anni 1975-1990: con la differenza che la guerra in Siria è cento volte peggiore e più intensa, e potenzialmente destinata a durare molto più a lungo.

«Tutte le parti si stanno macchiando di orrendi crimini di guerra»

I protettori dei questi gruppi che combattono su procura – come l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e gli altri stati del Consiglio del Golfo sul versante dei jihadisti sunniti, e l’Iran sul versante sciita – non hanno nessun riguardo per i civili innocenti che soffrono atrocemente, sia in Siria che come profughi nei paesi limitrofi. Questi padrini sono colpevoli di atrocità allo stesso modo di Bashar al-Assad. Tutte le parti si stanno macchiando di orrendi crimini di guerra.

Ancora più cruciale è il fatto che questa associazione di jihadisti in franchising prefigura in Siria una “guerra fra islamismi” nella quale, anche dopo l’eventuale caduta di Assad, i gruppi ribelli islamisti continueranno, e forse intensificheranno, i combattimenti in una lotta di potere per il sopravvento delle rispettive ideologie islamiste. Si è già visto all’opera questo schema della guerra fra islamisti in Afghanistan e Pakistan. In particolare, una volta che i sovietici si tirarono fuori dall’Afghanistan (nel 1989), la moltitudine di milizie e signori della guerra islamici fondamentalisti/militanti, che proliferavano in tutta la regione afgano-pakistana, rivolsero le armi gli uni contro gli altri. All’interno di tale scenario emersero i talebani che ingaggiarono i signori della guerra nel conflitto civile afghano. Si sa come andò il resto della storia, una volta che i talebani riuscirono a prendere Kabul e a creare l’”Emirato Islamico di Afghanistan”. Ho avuto occasione di definire la guerra civile siriana “l’Afghanistan del Vicino Oriente”. Mi piacerebbe essere smentita su questo, ma l’annunciata fusione di gruppi ribelli islamisti e le lotte di potere tra questo Fronte Islamico e i gruppi jihadisti affiliati ad al-Qaeda fanno presagire uno sbocco simile a quello in Afghanistan dopo il ritiro dei sovietici.

La guerra degli islamismi non è una novità, soprattutto in termini di rivalità settaria tra sunniti e sciiti. È cosa vecchia quanto lo stesso islam. Quello che oggi vediamo è che le lotte di potere nel Medio Oriente e nel Nord Africa post-risveglio arabo comportano tutte le sfumature degli islamismi che cercano di scavalcarsi fra loro per i posti di potere. Il tutto sulla pelle dei civili: sunniti, sciiti, cristiani e laici. Per citare il presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy, “l’umanità deve porre fine alla guerra prima che la guerra ponga fine all’umanità”. Ma coloro che conducono la guerra degli islamismi sono tragicamente ciechi di fronte a questo concetto.

(Da: Jerusalem Post, 26.11.13)