La memoria della Shoà, in Israele

Sarebbe grave se si perdesse di vista il nesso che esiste fra memoria della Shoà e sicurezza d'Israele.

Da un editoriale del Jerusalem Post

image_619A partire da martedì, centinaia di alte personalità da 35 paesi diversi (fra cui nove presidenti, sette primi ministri, un rappresentante del Vaticano, quattro ministri degli esteri e il segretario generale dell’Onu Kofi Annan) si riuniranno nella capitale d’Israele per l’inaugurazione del nuovo Museo della Storia della Shoà, allo Yad Vashem.
L’impulso per la realizzazione della nuova, più ampia struttura, disegnata da Moshe Safdie, è venuto dal moltiplicarsi all’estero di moderni musei, talvolta sovvenzionati dai governi, che rischiavano di soppiantare quello d’Israele nel preservare la narrazione del genocidio nazista.
In realtà, il museo e memoriale dello Yad Vashem era e resta unico proprio in virtù delle sue origini e della suo collocazione.
È significativo il fatto che esso sia stato concepito per la prima volta nel settembre 1942 da Mordechai Shenhavi come una risposta sionista alla guerra allora in pieno svolgimento contro gli ebrei. Sin dall’inizio, l’idea è sempre stata quella di commemorare insieme sia il genocidio nazista, sia la resistenza ebraica.
Nel 1945, in una riunione di sionisti a Londra subito dopo la guerra, venne approvato il progetto di creare un ente che commemorasse ciò che nel frattempo era diventato noto come Olocausto. La riunione che gettò le fondamenta dello Yad Vashem si tenne a Gerusalemme il primo giugno 1947, quasi un anno prima che nascesse lo Stato di Israele. Infine, nel luglio 1954, si diede inizio ai lavori con la posa della prima pietra. Il primo edificio del memoriale venne inaugurato nel 1957.
Fu ancora Shenhavi, membro del kibbutz Mishmar Ha’emek e attivista del movimento della sinistra sionista Hashomer Hatza’ir, che ideò il nome Yad Vashem, che significa “un posto e un nome”, un concetto espresso nelle scritture che promettono memoria perenne: “E darò loro dentro la mia casa e dentro le mie mura un posto e un nome… che non sarà mai cancellato”. (Isaia 56, 5). Una delle principali strutture del museo sarà la nuova Sala dei Nomi, dove milioni di singole vittime saranno ricordate su “pagine di testimonianza”. Come il “vecchio” Yad Vashem, anche il nuovo museo sarà centrato sull’educazione e porterà avanti l’immane sforzo di raccogliere i dispersi materiali documentari sulla Shoà. I suoi archivi e la sua biblioteca ospitano più di 62 milioni di pagine di documentazione, 265.000 fotografie, migliaia di filmati, 93.000 libri, migliaia di periodici.
Dunque, ciò che distingue Yad Vashem dagli altri musei nella Diaspora dedicati allo stesso tema è il suo carattere ebraico e sionista. (…) La Shoà fa parte integrante della coscienza collettiva israeliana. Non è un caso se in Israele ogni anno la Giornata del Ricordo della Shoà precede di pochi giorni la Giornata dell’Indipendenza, e se lo stesso Yad Vashem sorge su un colle adiacente al Monte Herzl e al cimitero militare nazionale. (…)
Confidiamo nel fatto che i leader mondiali che si riuniscono questa settimana a Gerusalemme sapranno apprezzare quanto sia unica la posizione di Yad Vashem dal punto di vista della sua capacità di mantenere il giusto equilibrio tra l’insegnamento particolare e quello universale della Shoà. Sarebbe un peccato se le alte personalità oggi in visita perdessero di vista la stretta connessione che esiste fra il lascito del popolo ebraico nella Shoà e l’incrollabile insistenza del moderno Stato di Israele sul tema della sicurezza. E sarebbe una tragedia se qualcuno di questi graditi ospiti immaginasse in qualche modo d’essersi vaccinato contro ogni accusa di anti-israelismo semplicemente partecipando a questo storico evento. Tributare rispetto alla memoria delle vittime ebree di ieri è un nobile impegno. Ma non autorizza nessuno a sostenere politiche che mettono a repentaglio, oggi, la vita di Israele e del popolo ebraico.

(Da: Jerusalem Post, 14.03.05)

Nella foto in alto: La Sala dei Nomi: centinaia di foto di vittime della Shoà riflesse nell’acqua al centro della cupola.

The New Museum of the Holocaust History, Yad Vashem

http://www1.yadvashem.org/new_museum/overview.html