La necessaria pressione contro il regime di Teheran

Gli Stati Uniti hanno un chiaro obiettivo: fermare l'Iran prima che sia troppo tardi. Da che parte intende stare l’Europa?

Editoriale del Jerusalem Post

Il rappresentante speciale Usa per l’Iran Brian Hook

Washington merita un applauso per la ferma e dura presa di posizione contro l’Iran. Il Segretario di stato Mike Pompeo ha annunciato questa settimana che, all’inizio di maggio, gli Stati Uniti smetteranno di concedere deroghe agli otto paesi che stanno ancora importando petrolio dall’Iran. “Stiamo andando verso quota zero – ha detto Pompeo lunedì in una conferenza stampa, riferendosi alla quantità di esportazioni di petrolio dell’Iran che gli Stati Uniti intendono tollerare – Quanto a lungo resteremo a zero dipende esclusivamente dai capi della Repubblica Islamica d’Iran. Abbiamo chiarito molto bene le nostre richieste all’ayatollah e ai suoi compari: smettete di perseguire armi nucleari, smettete di sperimentare e sviluppare missili balistici, smettete di sponsorizzare e perpetrare terrorismo”.

Si tratta di una manovra forte e continuativa, volta a smontare il catastrofico accordo sul nucleare ideato dalla scorsa amministrazione statunitense: un accordo che ha dato luce verde all’Iran e gli ha permesso di iniziare a divorare i paesi circostanti.

Il nuovo accordo sul nucleare che gli Stati Uniti stanno forgiando combacia con il più vitale interesse di Israele: fermare l’Iran prima che sia troppo tardi. E il modo migliore per farlo, a parte una guerra nucleare, è una guerra economica. Quello che Washington persegue, secondo il rappresentante speciale Usa per l’Iran Brian Hook, è un accordo che copra il programma nucleare iraniano, il suo programma missilistico, la sua aggressione alla regione e la sua arbitraria detenzione di cittadini stranieri.

Una bandiera gigante composta dalle bandiere di Iran, Autorità Palestinese, regime siriano e Hezbollah sventolata a Teheran durante una cerimonia per l’anniversario della rivoluzione khomeinista

Hook ha chiarito lunedì quanto gli Stati Uniti sono seri intraprendere questa azione e quale sarà il costo per il mondo. “Puoi collaborare con gli Stati Uniti o collaborare con l’Iran, ma non puoi fare entrambe le cose”, ha detto Hook all’emittente in inglese Al Arabiya. La Guida Suprema dell’Iran, ayatollah Ali Khamenei, ha già dichiarato che “il nemico ha ingaggiato una guerra economica contro di noi” e che l’Iran paese sconfiggerà gli Stati Uniti in questa guerra. Ora le nazioni del mondo devono prendere una posizione. La linea è stata tracciata e tutti i paesi devono decidere: possono fare affari con un’economia da 18mila miliardi di dollari, oppure con una da 800 miliardi di dollari. Ma non possono fare entrambe le cose. E devono valutare s ei benefici valgano i costi.

Hook ha detto che l’obiettivo delle sanzioni non è solo quello di negare al regime la sua principale fonte di reddito (circa il 40%) e la sua fonte numero uno di denaro contante, ma anche di prosciugare la linfa finanziaria dell’organizzazione terroristica Hezbollah, prevalentemente sovvenzionata dall’Iran. Le sanzioni reimposte all’Iran dagli Stati Uniti a novembre hanno già negato a Teheran 50 miliardi di dollari, ha detto Hook, e questo a sua volta ha avuto un impatto sulle entrate di Hezbollah. Hook ha fatto notare che lo scorso marzo il capo di Hezbollah ha lanciato un appello pubblico per donazioni, ed è la prima volta che il gruppo islamista sciita si trova costretto a farlo. “Quello che stiamo facendo – ha detto Hook ad Al Arabiya – è rendere più difficile a Hezbollah fare fronte al suo libro paga, giacché il 70% delle entrate di Hezbollah proviene dal regime iraniano. Tradizionalmente l’Iran consegna a Hezbollah 700 milioni di dollaro all’anno, vale a dire il 70% del suo budget”. Lunedì scorso il Dipartimento di stato americano ha anche annunciato che offrirà fino a 10 milioni di dollari di ricompensa per informazioni che portino a interrompere i meccanismi finanziari globali di Hezbollah. È la prima volta che il Dipartimento di stato offre una tale ricompensa in riferimento alle reti finanziarie di Hezbollah.

Ciò che promette bene è la nuova alleanza globale che l’amministrazione statunitense sta mettendo in campo sia a sostegno del confronto con l’Iran, sia per un riallineamento in Medio Oriente, compresi stati come l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti che, secondo Hook, “condividono molti degli obiettivi di sicurezza nazionale degli Stati Uniti a proposito di Iran. E’ nel nostro e nel loro interesse – ha spiegato Hook – negare al regime iraniano le entrate di cui ha bisogno per finanziare la sua politica estera: una oggettiva convergenza di interessi specialmente fra i paesi arabi, Israele, gli Stati Uniti e molti dei nostri alleati europei”.

Per questo plaudiamo alla decisione degli Stati Uniti di continuare a far rispettare le sanzioni e a monitorarne il rispetto da parte di qualsiasi nazione o entità che interagisce con l’Iran, sollecitando le potenze mondiali a schierarsi con l’America per esercitare la massima pressione contro il regime della Repubblica Islamica: che deve essere fermato.

(Da: Jerusalem Post, 24.4.19)