La nuova campagna palestinese contro gli ebrei al Monte del Tempio

Fatah vuole mostrarsi come il campione della difesa dei luoghi sacri islamici contro i "complotti" degli ebrei

Di Khaled Abu Toameh

Un gruppo di turisti ebrei in visita sul Monte del Tempio

Un gruppo di turisti ebrei in visita sul Monte del Tempio

L’Autorità Palestinese ha intensificato questa settimana la sua campagna di attacchi contro Israele sull’accesso alla spianata del Monte del Tempio di Gerusalemme (dove fino al I secolo e.v. sorgeva il Tempio degli ebrei e oggi si trovano le moschee di Omar e di al-Aqsa) definendo una “provocazione” le visite di ebrei al luogo sacro.

Permettere agli ebrei di accedere al Monte del Tempio, ha avvertito un portavoce del governo palestinese a Ramallah, equivale a dare “luce verde all’escalation di aggressioni dei coloni contro i palestinesi, le loro proprietà e i loro luoghi sacri”. L’Autorità Palestinese sostiene che le visite di ebrei al Monte del Tempio fanno parte di un complotto israeliano volto a “giudaizzare e dividere” il sito, con l’obiettivo finale di ricostruire un Tempio ebraico. Le visite di gruppi di turisti ebrei vengono descritte dai mass-media sotto controllo dell’Autorità Palestinese come tentativi di “orde di coloni e di estremisti ebrei di prendere d’assalto e profanare la moschea di al-Aqsa”.

La campagna palestinese contro i visitatori ebrei ha già scatenato nel corso degli ultimi mesi numerose proteste violente dentro e attorno alla spianata del Monte del Tempio, costringendo la polizia israeliana a intervenire più volte contro gruppi di giovani che lanciavano pietre contro gli ebrei in visita. Ma le tensioni sembrano destinare a perdurare dal momento che la dirigenza dell’Autorità Palestinese appare intenzionata a incrementare la sua campagna. Martedì scorso, un gruppo legato a Fatah, la fazione che fa capo al presidente Mahmoud Abbas (Abu Mazen), si è spinta al punto di invocare “operazioni di fedayin [guerriglia]” contro Israele per protestare contro le visite di ebrei al Monte del Tempio. La dirigenza ufficiale dell’Autorità Palestinese non ha ancora preso le distanze da questo appello agli attacchi terroristici ad opera delle Brigate Martiri di Al-Aqsa:  una minaccia non si sa quanto concreta, ma il cui scopo è evidentemente quello di terrorizzare gli ebrei per impedire loro di accedere al Monte del Tempio.

Un visitatore ebreo fermato dalla polizia israeliana per aver contravvenuto alla regola di non recitare preghiere ebraiche durante le visite sulla spianata del Monte del Tempio

Un visitatore ebreo fermato dalla polizia israeliana per aver contravvenuto al divieto (voluto dal Waqf islamico) di recitare preghiere ebraiche sulla spianata del Monte del Tempio

Quali obiettivi cerca di raggiungere l’Autorità Palestinese con questa campagna?

In primo luogo la dirigenza dell’Autorità Palestinese cerca di mostrarsi agli occhi dei palestinesi e di tutti i musulmani come un campione della difesa dei luoghi sacri islamici contro i “complotti” degli ebrei, in un momento in cui i paesi arabi e islamici possono essere accusati di non fare nulla in questo senso.

In secondo luogo, l’Autorità Palestinese cerca probabilmente di distogliere l’attenzione dalla sua controversa decisione di riprendere i negoziati diretti con Israele. La dirigenza palestinese è stato oggetto di pesanti attacchi e critiche per aver fatto questo passo, o quantomeno per averlo fatto senza strappare le pre-condizioni che si riprometteva di imporre a Israele.

In terzo luogo, la campagna è stata pensata per rappresentare Israele come un paese che non nutre rispetto per la religione e i luoghi santi degli altri: il che può rendere più facile per l’Autorità Palestinese esigere il controllo non solo sul Monte del Tempio, ma anche su tutta Gerusalemme est con il pretesto che Israele starebbe violando leggi e convenzioni internazionali sulla città. Questa rappresentazione, in ogni caso, può anche tornare utile come uno degli argomenti che i palestinesi stanno già preparando per poter addossare a Israele la responsabilità del loro eventuale affossamento del negoziato.

Il vero problema è che questa campagna attorno a uno dei siti più sacri per l’islam (oltre che per l’ebraismo) potrebbe scatenare un’ondata di violenze molto peggiore delle aspettative. Come si ricorderà, anche la cosiddetta seconda intifada, l’intifada delle stragi non a caso chiamata dai palestinesi “intifada al-Aqsa”, scoppiò alla fine del 2000 dopo che la dirigenza palestinese aveva condotto una campagna simile a questa, raccontando ai palestinesi che gli ebrei stavano cercando di distruggere la moschea di al-Aqsa.

(Da: Jerusalem Post, 11.9.13)