La Polonia faccia i conti con la sua storia

La responsabilità di molti polacchi nell’antisemitismo e nella Shoà è un fatto accertato: Varsavia ne prenda atto senza infingimenti

Editoriale del Jerusalem Post

Varsavia, 14 febbraio. Da sinistra, il vicepresidente Usa Mike Pence, il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il segretario di stato Usa Mike Pompeo alla conferenza su pace e sicurezza in Medio Oriente

La tensione tra Israele e Polonia scoppiata durante lo scorso fine settimana è lungi dall’essere risolta. Domenica pomeriggio, il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki, che avrebbe dovuto arrivare lunedì per il primo vertice che si sia mai tenuto in Israele dei paesi del gruppo di Visegrad (Polonia, Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca), ha annullato la sua partecipazione e ha annunciato che avrebbe inviato al suo posto il ministro degli esteri. Una decisione derivata dall’incidente scoppiato tra il governo polacco e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu mentre questi era a Varsavia, la scorsa settimana, per la Conferenza su pace e sicurezza in Medio Oriente.

La crisi ruota attorno alla recente legge polacca sulla “distorsione della Shoà”, in base alla quale il fatto stesso di indicare la Polonia o il popolo polacco come complici dell’Olocausto può essere soggetto a procedimento giudiziario civile. Originariamente la legge classificava l’espressione di tali opinioni come un reato penale suscettibile di pena detentiva, cosa che aveva scatenato un’ondata di indignazione in Israele e altrove. Dopo mesi di trattative tra Varsavia e Gerusalemme, l’azione giudiziaria è stata ridotta a causa civile.

Lo scorso giugno, Netanyahu e Morawiecki rilasciavano una dichiarazione congiunta in cui ricusavano coloro che incolpano “la Polonia o la nazione polacca nel suo complesso” per i crimini nazisti, pur sottolineando l’entità di quelle atrocità, e affermavano che nessuna legge avrebbe limitato il diritto di esercitare la libertà di espressione e la libertà accademica in relazione alla Shoà. Ma la dichiarazione sembrava anche creare un’equivalenza tra antisemitismo e atteggiamenti “anti-polacchi” e dava l’impressione che Netanyahu avallasse la nuova versione della legge polacca. Molti avevano contestato la dichiarazione congiunta, ma l’incidente sembrava per lo più superato.

Il pogrom di Kielce. Nel 1941 a Kielce (Polonia meridionale) vivevano 24.000 ebrei. Nei primi mesi del 1945 ne erano rimasti due. Gli altri erano stati assassinati sul posto oppure deportati a Treblinka e uccisi con i gas. Nei mesi successivi alla fine della guerra tornarono circa 150 sopravvissuti. Dopo poco più di un anno, il 4 luglio 1946 una folla di polacchi inferocita, gridando all’omicidio rituale, attaccò i superstiti uccidendone 42 e ferendone altri 50. I pochi ebrei rimasti lasciarono Kielce e non ne rimase più nessuno

Giovedì scorso, a Varsavia, rispondendo alla domanda di un giornalista durante la visita al Museo della storia degli ebrei polacchi, Netanyahu ha detto che “[dei] polacchi hanno collaborato con i nazisti”, e ha aggiunto: “Lo dico qui, e su questo non c’è discussione”. Molti mass-media israeliani, tra cui il Jerusalem Post, hanno riportato la frase di Netanyahu come se avesse detto “i polacchi”, il che implicava l’intera nazione polacca. Per tutta risposta, il presidente polacco Andrzej Duda ha chiesto la cancellazione del vertice di Visegrad in Israele, e l’ambasciatore israeliano in Polonia è stato convocato al ministero degli esteri polacco. Appena si è chiarito l’errore di trascrizione, il Jerusalem Post ha immediatamente corretto la frase, così come hanno fatto gli altri mass-media non appena la portavoce di Netanyahu ha reso disponibile la registrazione delle sue parole e ha chiarito che il primo ministro israeliano intendeva inequivocabilmente parlare di “[alcuni] polacchi e non del popolo polacco né della nazione polacca”. Sembrava che Varsavia avesse accettato il chiarimento, ma la decisione di Morawiecki di non recarsi in Israele dimostrava che la questione era tutt’altro che risolta.

[La situazione è ulteriormente precipitata lunedì quando la Polonia ha completamente annullato la sua partecipazione al summit dopo che il neo ministro degli esteri israeliano Israel Katz, parlando alla tv i24 News, ha detto che Netanyahu si era espresso chiaramente sulla questione, ma ha anche aggiunto che “i polacchi succhiano l’antisemitismo con il latte materno”: una citazione dall’ex primo ministro Yitzhak Shamir, il cui padre venne ucciso da vicini di casa polacchi. L’ambasciatore polacco in Israele ha attaccato Katz su Twitter definendo il suo commento “vergognoso, razzista e assolutamente inaccettabile”. ndr]

In realtà, la questione al centro della crisi non è affatto semantica e non riguarda l’uso o meno dell’articolo “i” davanti alla parola polacchi. In effetti, questo genere di incidenti continueranno a ripresentarsi fino a quando il governo polacco insisterà a voler camuffare la storia. La loro legge sulla “distorsione della Shoà” ne costituisce probabilmente il tentativo più lampante, ma queste azioni proseguono nelle dichiarazioni dei politici e di altri soggetti politicamente orientati. Ad esempio, il Museo Statale di Auschwitz ha recentemente twittato che “nella storia di Auschwitz, parlare di complicità tra gli occupanti e la popolazione civile locale è falso”, nonostante le voluminose prove che dimostrano il contrario, in Polonia e in altre terre occupate dai nazisti.

Varsavia farebbe bene a smetterla di cercare di coprire il ruolo che svolsero molti polacchi nel collaborare col piano nazista per lo sterminio del popolo ebraico. Più del 90% degli oltre 3 milioni di ebrei polacchi fu assassinato nella Shoà. Lo storico ebreo polacco Szymon Datner stima che la morte di 200.000 ebrei fu causata da polacchi, direttamente o consegnandoli ai nazisti. Lo storico Jan Grabowski ha scoperto che due ebrei su tre che cercarono rifugio presso non-ebrei polacchi vennero uccisi, e che la “polizia blu” polacca trucidò gli ebrei che cercavano di nascondersi dai nazisti. Ci furono violenti pogrom antisemiti in Polonia già prima dell’occupazione tedesca, e molti ebrei sopravvissuti all’Olocausto che cercarono di tornare alle loro case dopo la guerra vennero uccisi da polacchi.

Gli ebrei non devono permettere tentativi di “ripulire” la storia. E non si capisce nemmeno come questi tentativi possano giovare alla Polonia stessa. Se Varsavia pensava che la sua nuova legge avrebbe scagionato tutti i polacchi, si sbagliava di grosso. Questi tentatavi hanno anzi paradossalmente attirato più attenzione sull’Olocausto in Polonia e sul ruolo che il popolo polacco ha svolto in esso.

I legami israelo-polacchi sono importanti. La strategia di Netanyahu di coltivare i rapporti con i paesi dell’Unione Europea che assumono posizioni più favorevoli a Israele, come gli stati del gruppo di Visegrad, è accorta: dopotutto, l’Unione Europea è anche il maggior partner commerciale d’Israele. Ma Israele non deve e non può lasciare che la Polonia se la cavi distorcendo la pagina più tragica della storia ebraica.

(Da: Jerusalem Post, 18.2.19)