La pulizia etnica di Gerusalemme

Non sarebbe stato male se qualche mass-media, anziché scandalizzarsi per il recente video di Netanyahu, si fosse preso la briga di rievocare certi fatti del 1948

Di Yarden Frankl

Yarden Frankl, autore di questo articolo

Yarden Frankl, autore di questo articolo

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è stato attaccato da ogni parte per un recente video in cui accusava i palestinesi di perseguire una forma di “pulizia etnica” in Giudea e Samaria (Cisgiordania). La sua accusa ai palestinesi di voler creare uno stato privo di qualunque presenza ebraica è stata accolta con toni increduli e scandalizzati dalla comunità internazionale. I mass-media hanno riportato le esterrefatte reazioni del Dipartimento di Stato americano e del Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon. Il loro messaggio era chiaro: come osa il primo ministro israeliano muovere un’accusa così infondata? Cosa l’ha mai portato a pensare che i palestinesi vorrebbero uno stato senza neanche un ebreo?

A quanto pare, tutti coloro che hanno condannato le parole di Netanyahu hanno bisogno di un breve ripasso di storia. Giacché infatti, nel 1948, “pulizia etnica” fu esattamente ciò che subirono gli ebrei in varie zone di Gerusalemme e di Giudea: esattamente quelle zone che oggi i palestinesi rivendicano come parte del loro futuro stato.

Nel 1948 c’era una comunità ebraica presente da secoli nella Città Vecchia, entro le mura di Gerusalemme. Diverse famiglie vi abitavano da molte generazioni. Ma in un attimo, quella comunità ebraica presente da migliaia di anni venne cancellata con la forza. Diversi ebrei vennero uccisi a sangue freddo. Gli altri furono costretti ad andarsene con nient’altro che i vestiti che avevano addosso.

1948: personale della Croce Rossa assiste profughi ebrei costretti ad abbandonare il quartiere ebraico di Gerusalemme dopo la conquista da parte araba

Ecco cosa accade subito dopo l’occupazione di Gerusalemme est da parte araba. Quando venne conquistato dalla Legione Araba, il quartiere ebraico della Città Vecchia venne distrutto e i suoi abitanti vennero espulsi. Vennero distrutte cinquantotto sinagoghe, alcune vecchie di centinaia di anni, e i loro arredi vennero profanati e saccheggiati. Alcuni siti religiosi ebraici vennero trasformati in pollai e stalle. Il cimitero ebraico sul Monte degli Ulivi, dove gli ebrei seppellivano i loro morti da oltre 2.500 anni, venne saccheggiato, le tombe furono profanate, migliaia di lapidi vennero fatte a pezzi e utilizzate come materiale da costruzione per lastricare strade e latrine negli accampamenti della Legione Araba. In cima al cimitero venne eretto l’hotel Intercontinental e le tombe vennero demolite per far posto alla strada che portava all’hotel. L’area antistante il Muro Occidentale (“del pianto”) venne ridotta a un baraccamento con discarica. Se la cacciata di tutti gli ebrei e la distruzione di qualsiasi testimonianza di vita ebraica ebraico non è “pulizia etnica”, allora cos’è?

La pulizia etnica non si limitò a Gerusalemme. A Kfar Etzion, l’ultima delle comunità ebraiche circondate e attaccate nel cosiddetto Blocco di Etzion a sud-ovest di Gerusalemme, quando i difensori si trovarono senza munizioni e si arresero vennero radunati e trucidati. Anche in questo caso, non contenti d’aver cancellato la presenza degli ebrei, i palestinesi locali si diedero a cancellare ogni segno che indicasse che gli ebrei avevano vissuto lì. Ogni casa ebraica venne bruciata e vennero bruciati persino i campi agricoli. Alla fine della guerra del ’48, mentre in Israele si trovavano 160mila arabi che divennero cittadini israeliani, nelle parti del paese occupate dagli eserciti arabi non restò neanche un solo ebreo.

Durante l’occupazione araba di Gerusalemme est, lapidi del secolare cimitero ebraico del Monte degli Ulivi vennero usate per lastricare le latrine degli accampamenti militari

Questi casi di pulizia etnica non risalgono alla storia antica. Ci sono ancora oggi degli israeliani che ricordano personalmente quando vennero espulsi da Gerusalemme vedendo le proprie case e sinagoghe distrutte. Forse che la dirigenza palestinese di oggi ha mai condannato, o anche solo preso le distanze, dagli eventi del 1948? No, al contrario: lamentano il fatto che non fu possibile “pulire etnicamente” l’intero stato ebraico alla sua nascita.

Sicché non sorprende davvero che il primo ministro d’Israele abbia pubblicamente sostenuto (in modo politicamente scorretto) che il vero obiettivo della dirigenza palestinese è una terra ripulita da qualunque presenza ebraica. Ma senza un minimo di contesto e di memoria storica, molti davanti a quel video si domandano perché mai abbia detto una cosa del genere. Non sarebbe stato male se qualche mass-media, anziché scandalizzarsi tanto, avesse rinfrescato la memoria si lettori riferendo questi fatti del 1948.

(Da: Times of Israel, 19.9.16)