La punta dell’iceberg

Notizie dalla lotta dei servizi segreti contro l’atomica iraniana

di Yossi Melman

image_2330Poco dopo aver assunto l’incarico, più di sei anni fa, il capo del Mossad Meir Dagan si era ripromesso di bloccare il programma nucleare iraniano. Lo aveva fatto in una lettera che aveva inviato ai dirigenti del Mossad, dell’intelligence militare e dei servizi di sicurezza interna Shin Bet. Veterani e alti ufficiali del Mossad avevano cercato di dissuaderlo: parla di ostacolare, ritardare, interrompere – gli dicevano – ma non promettere di bloccare. Dapprima attribuirono gli ambiziosi propositi di Degan alla sua inesperienza, poi pensarono che la promessa fosse frutto della sua eccessiva fiducia in se stesso.
In effetti, da quando è entrato nel Mossad Degan si è mosso come un elefante in vetreria. Ha chiuso dipartimenti, imposto cambiamenti strutturali, allontanato veterani, insolentito alti funzionari e ha fatto promesse che non ha ancora mantenuto, come quella di bloccare il programma nucleare iraniano che prosegue a passo spedito. Nell’impianto di Natanz per l’arricchimento dell’uranio a basso livello lavorano a pieno ritmo 3.800 centrifughe; altre 3.000 stanno per essere testate. L’Iran continua la costruzione di un reattore nucleare ad Arak destinato alla produzione di plutonio e presto supererà la soglia tecnologica che lo metterà in grado di assemblare un ordigno nucleare.
Ma è anche vero che Degan ha ottenuto qualche successo. Ha fermamente insistito perché l’Iran fosse identificato come obiettivo primario nella raccolta di informazioni, imponendolo in testa alla lista delle priorità “vitali” del lavoro di intelligence. In realtà questo sviluppo ebbe inizio già sotto i suoi predecessori Shabtai Shavit e Ephraim Halevy, ma Degan è stato quello che ha veramente puntato i riflettori dell’intelligence sulle ambizioni nucleari iraniane, stanziando sostanziali risorse e riorganizzando dipartimenti e unità operative in questa direzione. Sotto il suo comando è aumentata la cooperazione con i servizi di altri paesi, e si può affermare con un buon grado di sicurezza che una sostanziosa percentuale del budget operativo dell’intelligence israeliana viene oggi impegnata su questo tema.
I cambiamenti e lo slancio voluti da Degan iniziano a dare risultati. Vari governi stranieri (Spagna, Belgio, Austria, Tanzania, Azerbaijan e altri) hanno impedito all’Iran di ricevere importanti attrezzature tecnologiche per il suo programma nucleare. Esempi più audaci di cooperazione internazionale comprendono la creazione di società fittizie che hanno venduto all’Iran attrezzature difettose “intossicando” in questo modo il programma nucleare. Si è intravisto qualcosa di questa tecnica quando è emerso che alcuni uomini d’affari svizzeri che avevano svolto un ruolo importante nella rete dei traffici guidata da Abdul Khader Khan, il pachistano che ha venduto i disegni delle centrifughe all’Iran, erano in realtà uomini della CIA. Un altro vantaggio delle società fittizie è che possono anche vendere all’Iran attrezzature regolari per stabilire un rapporto di fiducia, per poi fornirgli equipaggiamenti dotati di dispositivi d’ascolto o “cavalli di Troia”. Questo sarebbe il motivo per cui Ali Ashtari, che aveva fornito attrezzature tecniche ai Guardiani della Rivoluzione (incaricati anche del programma nucleare) è stato impiccato la scorsa settimana, accusato da un tribunale di Tehran d’essere un “agente del Mossad”.
È chiaro che l’aumento delle attività di intelligence comporta il connesso rischio che vengano scoperti agenti, collaboratori, informatori e referenti. Nelle scorse settimane in Iran i Guardiani della Rivoluzione, il ministero dell’intelligence e la procura generale sostengono d’aver “smascherato” diverse “spie del Mossad”. Oltre ad Ashtari, sono sotto accusa altri tre presunti agenti “riservisti” del Basij, la milizia popolare agli ordini dei Guardiani della Rivoluzione. Secondo i mass-media iraniani, erano stati reclutati dal Mossad e avevano appreso l’uso di armi, esplosivi e sofisticati sistemi di comunicazione a Herzliya e Cesarea (Israele). In precedenza era stata data notizia dell’arresto per spionaggio a favore di Israele anche di un celebre blogger iraniano-canadese che si era recato in visita in Israele.
L’Iran si trova in un momento delicato. Nel maggio 2009 si terranno le elezioni presidenziali e lo status del presidente Mahmoud Ahmadinejad, non particolarmente amato dall’opinione pubblica, non è chiaro. La caduta del prezzo del petrolio esaspera la crisi economica interna, mentre la campagna elettorale accresce le rivalità fra personalità e fra organizzazioni. La dirigenza militare, politica e religiosa iraniana teme che Israele voglia attaccare i suoi siti nucleari nel periodo di transizione tra la fine dell’amministrazione Bush e l’entrata in carica a gennaio di quella di Obama. Molti capi iraniani sono convinti che Bush e Israele abbiano già raggiunto un’intesa su un tale attacco, sebbene sia invece assai improbabile. Obama ha messo in chiaro che intende tentare la via del dialogo con Tehran prima di qualunque opzione militare, e Israele non agirà in contrasto con la politica americana, certamente non su una questione così tesa e delicata.
Ma tutto questo contribuisce a creare un clima di psicosi in Iran. Tuttavia si può presumere che non vi sia fumo senza arrosto ed è possibile che, fra gli arrestati, vi sia effettivamente qualche contatto con i servizi segreti occidentali. In ogni caso, si può star certi che quella che vediamo è solo la punta dell’iceberg degli sforzi israeliani e occidentali per bloccare il programma nucleare iraniano e dei tentativi dell’Iran di scoprire e sventare tali sforzi.

(Da: Ha’aretz, 30.11.08)

Nella foto in alto: il capo del Mossad Meir Dagan