La questione “o Bibi o Tibi” riguarda il sionismo, non il razzismo

I cittadini non ebrei d’Israele meritano ogni rispetto e tutti i diritti individuali, ma la polemica sorta tra il primo ministro e una presentatrice tv non concerne la tolleranza, concerne la tutela dello stato nazionale ebraico

Di Jonathan S. Tobin

Jonathan S. Tobin, autore di questo articolo

E’ successo di nuovo. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu viene nuovamente attaccato per aver detto cose che feriscono i sentimenti dei cittadini israeliani non ebrei e offendono la sensibilità di diversi ebrei. Il che ha rinnovato l’accusa a Netanyahu di denigrare gli arabi e di gettare alle ortiche la natura democratica dello stato. In realtà, la questione è molto meno angosciante di quanto le critiche mosse a Netanyahu indurrebbero a credere.

Lo scalpore è nato da uno slogan della campagna del partito di Netanyahu, il Likud, contro i suoi rivali della lista Blu e Bianco. Il Likud va affermando che l’unico modo in cui il leader di quella lista, l’ex capo di stato maggiore Benny Gantz, potrà formare un governo, anche se risulterà primo alle elezioni, sarà quello di cooptare i partiti politici arabi. Lo slogan che riassume questo concetto è “o Bibi o Tibi”, per dire che la vera scelta degli elettori non sarebbe tra Bibi Netanyahu e Gantz, bensì tra un governo guidato dall’attuale primo ministro e un governo che per reggersi includerà Ahmad Tibi, il leader del partito Ta’al che quest’anno si candida in una lista congiunta con Hadash, il partito comunista israeliano.

Questo attacco rientra nella campagna del Likud volta a dipingere Blu e Bianco come una lista di sinistra travestita in abiti centristi, ma l’accusa è piuttosto inverosimile. Tutti e quattro i partiti arabi, che nelle scorse elezioni si erano presentati in un’unica lista congiunta ma per il voto del prossimo 9 aprile si sono divisi in due liste, hanno messo in chiaro – ribadendo quella che è sempre stata la loro posizione politica anche in passato – che non entreranno in nessun governo formato da un partito sionista. E Blu e Bianco, come ogni altro partito (a parte il Meretz dell’estrema sinistra sionista), ha dichiarato a sua volta che non inviterà gli arabi anti-sionisti né i comunisti a far parte di nessuna coalizione per governare Israele. Allo stato attuale dei sondaggi, Blu e Bianco non avrebbe la possibilità di creare una coalizione di maggioranza senza fare l’impensabile, a meno che riesca a raccogliere l’adesione di alcuni membri dell’attuale coalizione guidata dal Likud, cosa nient’affatto impensabile.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu (a sinistra) e il parlamentare arabo israeliano Ahmad Tibi, durante una sessione della Knesset

In ogni caso, tutto questo si potrà vedere solo dopo che gli elettori avranno espresso il loro responso il 9 aprile. Ma l’attuale controversia nasce dal fatto che alcune persone si sono offese perché la campagna del Likud cita espressamente un dato di fatto della vita politica israeliana. Dire “o Bibi o Tibi” è solo un altro modo per ricordare a tutti che, sebbene gli arabi abbiano pieni ed eguali diritti, incluso quello di votare ed essere eletti (e vi sono molti arabi che votano e vengono eletti nei partiti sionisti), la tacita legge della politica israeliana è che i partiti politici arabi anti-sionisti non vengano cooptati in una coalizione di governo, specie se in posizione determinante.

C’è chi definisce razzista questa conventio ad excludendum, ed è per questo che Rotem Sela, una modella e attrice israeliana 35enne che conduce un popolare reality show televisivo, ha attaccato Netanyahu su Instagram per aver mostrato tanta mancanza di rispetto verso Tibi e coloro che lo votano. Ha scritto: “Qual è il problema con gli arabi? Santo cielo, ci sono anche cittadini arabi in questo paese. Quando diavolo qualcuno in questo governo dirà all’opinione pubblica che Israele è uno stato di tutti i suoi cittadini e che tutte le persone sono create uguali, e che sono esseri umani anche gli arabi e i drusi e gli LGBT e, scioccante!, anche le persone di sinistra”. La cosa è diventata una grande controversia politica perché lo stesso primo ministro ha deciso di rispondere, scrivendo a sua volta sul suo popolare account: “Cara Rotem, un’importante correzione: Israele non è uno stato di tutti i suoi cittadini. Secondo la legge dello stato nazionale che abbiamo approvato, Israele è lo stato nazionale del popolo ebraico e di nessun altro”. Netanyahu ha poi aggiunto che un governo guidato da Blu e Bianco che includesse i partiti arabi anti-sionisti “metterebbe a rischio la sicurezza dello stato”. Le reazioni dei sostenitori di Netanyahu contro Rotem Sela le hanno permesso di affermare di essere stata intimidita e ha spinto altri, tra cui l’attrice israeliana star di Wonder Woman Gal Gadot, a prendere le sue difese. Anche il presidente d’Israele Reuven Rivlin, che è membro del Likud ma è anche acerrimo avversario di Netanyahu, ha reagito con un velato attacco al primo ministro ricordando a tutti che “non vi sono cittadini di prima classe e non vi sono elettori di seconda classe”.

Cittadini arabi israeliani (clicca per ingrandire)

Rivlin su questo ha perfettamente ragione, così come ha ragione Rotem Sela quando dice che i cittadini non ebrei meritano rispetto. Ma, sebbene qualcuno consideri “scorretto” affermarlo, anche Netanyahu ha ragione quando dice che sarebbe impensabile che qualsiasi governo israeliano si reggesse sui partiti arabi anti-sionisti. Non perché sono arabi, ma perché il loro obiettivo dichiarato è quello di trasformare Israele da stato ebraico in uno stato del quale non siano più tutelate la natura ebraica e l’autodeterminazione del popolo ebraico. I quattro partiti arabi hanno caratteri diversi fra loro, con Tibi e il suo rivale Balad che sono laici anti-sionisti mentre Ra’am è islamista e Hadash è comunista. Ma tutti e quattro rifiutano i principi fondanti dello stato d’Israele, che sono invece condivisi dai cittadini ebrei, che siano di destra, di centro o sinistra.

Anche se l’affermazione di Sela “Israele è lo stato di tutti i suoi cittadini” sembra innocua, il primo ministro ha ragione quando afferma che tutti i cittadini hanno uguali diritti individuali, ma che la ragion d’essere fondamentale dello stato d’Israele è quello di garantire innanzitutto la sicurezza e i diritti del popolo ebraico (a cominciare dal diritto all’autodeterminazione). Questo concetto non dovrebbe essere controverso: è stato messo in chiaro nella Dichiarazione d’Indipendenza del paese e nelle sue Leggi Fondamentali ancor prima che venisse varata la legge sullo stato nazionale dello scorso anno. E proprio questa polemica illustra bene perché tale legge fosse necessaria.

Lo slogan “uno stato di tutti i suoi cittadini” esprime l’obiettivo di coloro, arabi e non arabi, che vorrebbero eliminare l’unico stato nazionale ebraico sul pianeta. Chiunque lo abbracci non si oppone al razzismo anti-arabo: che lo capisca o meno, si schiera a sostegno dell’anti-sionismo.

Ecco perché l’accusa a Netanyahu di fomentare il razzismo è infondata. Può sembrare scorretto dirlo, ma Netanyahu, Gantz o chiunque altro possa verosimilmente diventare il primo ministro d’Israele non ha alcuna intenzione di appoggiarsi su partiti arabi decisi a minare o distruggere lo stato. Non è razzismo, è buon senso.

(Da: jns.org, 12.3.19)