La resa dei conti con Hamas

La caduta di Hamas non è in contraddizione con la democrazia, a meno che i palestinesi siano per il terrorismo contro Israele

Da un editoriale del Jerusalem Post

image_1281Mentre gli israeliani si angosciano ogni volta che, prendendo di mira i terroristi, mettono in pericolo la vita di palestinesi innocenti, l’assassinio a sangue freddo di Eliahu Asheri ci ricorda che, al contrario, per i terroristi palestinesi non esiste nessun israeliano innocente. Un ragazzo di 18 anni che fa l’autostop sul bordo di una strada può essere arbitrariamente sequestrato e ucciso, e di questo gesto ci si può vantare come di un eroico atto di “resistenza”.
È in questo contesto che deve essere considerata la decisione israeliana, a lungo rinviata, di intervenire a Gaza e di arrestare decine di esponenti di Hamas. Anche se, anzi, proprio perché ricoprono cariche come quelle di ministro o parlamentare, i capi di Hamas non sono affatto innocenti. Essi sono parte in causa, direttamente o con le loro responsabilità nell’organizzazione, nell’uccisione dei soldati israeliani Hanan Barak e Pavel Slutzker, nella presa in ostaggio di Gilad Shalit e nell’assassinio di Eliahu Asheri.
Naturalmente Israele non può tollerare una continua campagna terroristica contro i suoi cittadini. Con l’attuale operazione delle Forze di Difesa israeliane a Gaza, compresi gli attacchi su infrastrutture come ponti e generatori d’elettricità, Israele cerca di esercitare la massima pressione possibile sul regime palestinese con il minimo possibile di vittime fra i propri soldati e i civili palestinesi.
L’offensiva di Hamas contro Israele e il suo rifiuto di aderire ad alcuna delle condizioni poste dal Quartetto Usa-Ue-Russia-Onu per la ripresa degli aiuti all’Autorità Palestinese sembra essersi basata sul presupposto che la comunità internazionale avrebbe ceduto, e Israele avrebbe fallito nel tentativo di chiamare l’Autorità Palestinese a rispondere della sua aggressione.
Prima dell’attacco e del sequestro compiuti domenica scorsa da Hamas a Kerem Shalom, questo presupposto non si era ancora dimostrato né falso né vero. È vero che i finanziamenti diretti all’Autorità Palestinese sono congelati, ma Hamas poteva benissimo pensare di poter superare l’isolamento e che anzi una escalation potesse giocare a suo favore.
“Bombardando” il palazzo del presidente siriano Bashar Assad con il rombo dei jet e arrestando esponenti di Hamas, Israele sta dimostrando che riterrà responsabili non solo i terroristi esecutori, ma anche i loro mandanti. Si tratta di un messaggio cruciale, che Israele invia e che la comunità internazionale dovrebbe sostenere.
In effetti qualcuno sostiene che Israele sta cercando di far cadere il regime di Hamas una volta per tutte. Se è così, si tratterebbe dell’inevitabile risultato – come ha detto persino un alto funzionario di Fatah intervistato sull’operazione militare israeliana – delle scelte che la stessa Hamas ha fatto e che è ancora in tempo a cambiare.
Hamas deve essere costretta a scegliere: o il potere o il terrore. Quando Hamas vinse le elezioni, molti osservatori spiegarono che il sostegno ottenuto dal gruppo jihadista non doveva essere interpretato come un sostegno popolare per la continuazione della guerra terroristica contro Israele, quanto piuttosto come il desiderio di sbarazzarsi della corruzione di Fatah. Se le cose stanno così, allora Hamas sta propriamente tradendo il mandato ricevuto dall’elettorato palestinese. In questo caso la caduta di Hamas non sarebbe in contraddizione con la democrazia palestinese, a meno che i palestinesi preferiscano la continuazione del terrorismo contro Israele rispetto alla costruzione del loro stato. E se la maggioranza dei palestinesi è a favore del terrorismo, allora Israele ha il pieno diritto di chiarire loro le conseguenze di tale scelta.
Il fiasco di Hamas dimostra che la democrazia è qualcosa di più di semplici elezioni, e che le elezioni possono produrre un regime criminale. Natan Sharansky ha sempre continuato a mettere in guardia contro il pericolo di promuovere ciecamente processi elettorali in società che non superano il test della “piazza della città”: quello per cui uno può liberamente dire ciò che vuole nella piazza della città senza temere per la propria vita o per la propria libertà. Un palestinese è libero oggi di denunciare pubblicamente le politiche di Hamas e invocare la pace con Israele? La risposta è chiaramente no.
Dunque l’azione israeliana si è concentrata dove doveva concentrarsi: sul regime di Hamas. I prossimi giorni e settimane diranno se ciò forzerà Hamas a liberare Gilad Shalit e a cambiare drasticamente, o essere cacciata dal potere, in un modo o nell’altro.
Dall’esito della vicenda sia israeliani che palestinesi si giocano molto, e l’esito sarà determinato dalla volontà di Israele e della comunità internazionale di sostenere con coerenza i propri principi.

(Da: Jerusalem Post, 29.06.06)

Nella foto in alto: terroristi palestinesi piazzano ordigni esplosivi per le strade di Gaza in vista di uno scontro con le Forze di Difesa israeliane