La Shoà e la resistenza ebraica

Durante le persecuzioni e lo sterminio, resistenza non fu solo impugnare le armi (cosa che fecero molti ebrei), ma anche tenere in vita in ogni forma la cultura ebraica e lo spirito umano

Di Dani Dayan

L’autore di questo articolo Dani Dayan, presidente dello Yad Vashem, qui in visita al Memoriale della Shoà di Berlino

Quest’anno il tema centrale della Giornata della Memoria della Shoà in Israele è: “Resistenza ebraica durante l’Olocausto – a 80 anni dalla rivolta del ghetto di Varsavia”.

Il concetto di resistenza comprende un’ampia gamma di azioni e comportamenti e, contrariamente a quanto si è portati a credere, non comporta necessariamente imbracciare le armi. La resistenza ebraica durante le persecuzioni della Shoà poteva essere recitare un Kiddush (preghiera di benedizione ndr) di Shabbat, mettere in scena uno spettacolo teatrale nel ghetto, persino mettersi un po’ di fondotinta sulle guance: qualsiasi azione, semplice o complessa, che preservasse lo spirito umano di fronte al piano di sterminio messo in atto dalla Germania nazista, che mirava a distruggere il popolo ebraico, la sua cultura e la sua umanità.

Ottant’anni dopo, la rivolta del ghetto di Varsavia rimane un simbolo fortissimo. Fu un’autentica insurrezione popolare: mentre i combattenti dell’Organizzazione ebraica di combattimento e dell’Unione militare ebraica si battevano contro i nazisti nelle strade del ghetto, gli ebrei del ghetto di Varsavia si barricarono nelle casematte e lottarono un mese intero per la propria sopravvivenza. Molti perirono tra il fumo e le fiamme dell’assedio nazista. La notizia della rivolta si diffuse rapidamente, raggiunse il mondo libero e divenne emblema della battaglia di pochi e indifesi contro molti e potenti, un simbolo della libertà e della forza dello spirito umano.

La commemorazione in Israele di Yom HaShoà Ve-HaGevurà (Giornata della Memoria dell’Olocausto e dell’Eroismo) si tiene quest’anno dalla sera di lunedì 17 alla sera di martedì 18 aprile

Durante la Shoà vi furono altre rivolte nei ghetti e persino nei campi di concentramento, mentre migliaia di partigiani ebrei combattevano nelle foreste dell’Europa orientale dove costituirono una forza significativa nella battaglia contro i nazisti tedeschi, salvando anche migliaia di ebrei che fuggivano nelle foreste. Ci sono stati molti altri casi in cui gli ebrei hanno salvato altri ebrei, benché loro stessi fossero perseguitati e braccati.

Altre forme di resistenza durante la Shoà sono state falsificare documenti, documentare in segreto i terribili eventi, nascondere ebrei, organizzare un sistema scolastico, preservare la vita culturale con spettacoli, arte e biblioteche clandestine: tutti atti di autentica resistenza, che non si potevano dare per scontati nella terribile realtà generata dalla persecuzione e dalla distruzione.

Quegli atti di resistenza alimentarono tra gli ebrei un barlume di fiducia, per quanto disperata, di poter sopravvivere fino a vedere la fine della guerra. Sebbene l’estesa resistenza non abbia potuto salvare milioni di ebrei, la sua portata e la sua molteplicità hanno lasciato in eredità alle successive generazioni ebraiche un simbolo della forza dello spirito umano e dei valori fondamentali dell’umanità.

Come scrisse Elie Wiesel, “anche l’anima ebraica era nel mirino del nemico, che ha cercato di corromperla mentre faceva di tutto per distruggerci fisicamente. Ma nonostante la sua potenza distruttiva, nonostante il suo potere corruttore, l’anima ebraica è rimasta fuori dalla sua portata”.

(Da: Israel HaYom, jns.org, 17.4.23)