La Siria ha paura della pace

Ogni volta che Israele mostra disponibilità a cedere il Golan, Damasco si sottrae

Da un articolo di Guy Bechor

image_1768Le dichiarazioni di pace del presidente siriano Bashar el-Assad pubblicate più e più volte dai mass-media nelle ultime settimane potrebbero essere ingannevoli, ed in effetti sono proprio pensate per ingannare.
Un attento esame del discorso fatto da Assad davanti al parlamento martedì scorso e un’analisi della scena siriana mostrano purtroppo come stanno le cose. Il presidente siriano, che ha prestato giuramento poco fa per un altro mandato dopo un referendum farsa, fa di tutto per sottrarsi a qualunque negoziato di pace, così come fece suo padre che si tirò indietro quando gli apparve chiaro che la controparte – allora Ehud Barak, oggi Ehud Olmert – potrebbe essere pronta a cedere davvero le alture del Golan.
Dopotutto, l’intero regime siriano si fonda sull’ostilità e sulla conflittualità verso Israele. Se non ci fosse più conflitto con Israele, non vi potrebbe più nemmeno essere il regime della minoranza alawita al potere in Siria.
Il presidente siriano ha fatto una sterzata e ora ostacola qualunque reale possibilità di fare progressi con Israele: le condizioni che pretende rendono di fatto la cosa impossibile. Fino al suo discorso della scorsa settimana, la Siria sosteneva che, a differenza del passato, ora non ponevano più nessuna precondizione per l’avvio di colloqui con Israele. I siriani sostenevano che fosse piuttosto Israele a porre clausole.
Ma dal momento esatto in cui hanno realizzato che Olmert potrebbe davvero cedere le alture del Golan – o per lo meno dichiararsi pronto a farlo – i siriani sono andati nel panico. Così, nel suo discorso inaugurale davanti al parlamento, Assad ha annunciato nuove precondizioni ai negoziati. In particolare:
1) Il primo ministro israeliano Ehud Olmert dovrebbe trasmettere “garanzie scritte” con un documento ufficiale secondo cui Israele è pronto a cedere alla Siria tutte le alture del Golan fino ai confini del 4 giugno 1967 senza discussioni. Tale documento potrebbe essere pubblico o confidenziale, come quello fornito a suo tempo – sostengono i siriani – dall’allora primo ministro israeliano Yitzhak Rabin. Per inciso, sarebbe ora che la si finisse con questa storia del cosiddetto “lascito” di Rabin. Ammesso e non concesso che tale “lascito” sia mai esistito, perché allora i siriani non lo accettarono?
2) In questa fase, dovrebbe avere inizio una sorta di mediazione tra Israele e Siria per mezzo di una terza parte concordata dalle due parti. Naturalmente, non esiste struttura che sia in grado di stabilire chi sarebbe questa terza parte e perché mai sarebbe necessaria.
3) Solo una volta che tutte le questioni fossero chiarite potrebbero avere inizio negoziati pubblici e aperti.
Cosa sta dicendo, in pratica, Assad? Semplicemente che vuole tutto. Ma pensa davvero che una parte sia disposta ad accettare tutte le richieste della controparte ancor prima di iniziare i negoziati? E lui, cosa offre in cambio? “Non abbiamo fiducia negli israeliani”, ha dichiarato Assad nel suo discorso d’investitura. Ma c’è qualcuno in tutto il Medio Oriente che si fida di lui?
Il discorso di Assad attesta il dilemma esistenziale della Siria. Da una parte, ha estremo bisogno di una qualche forma di processo con Israele per salvarsi, fra l’altro, dal tribunale internazionale sull’assassinio di Rafik Hariri. Dall’altra, una pace con Israele segnerebbe la fine del regime al potere a Damasco.
È straordinario vedere come, ogni volta che un leader israeliano mostra la volontà di cedere le alture del Golan, i siriani fuggono più veloce che possono. Le nuove condizioni di Assad corrispondono a questa fuga. Quando saremo finalmente capaci di leggere le vere intenzioni della famiglia Assad e dei siriani?

(Da: YnetNews, 19.07.07)

Nella foto in alto: Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ricevuto giovedì scorso in visita ufficiale a Damasco dal presidente siriano Bashar Assad. Secondo il giornale arabo Asharq al-Awsat, l’Iran avrebbe offerto alla Siria aiuti militari per un miliardo di $ purché Damasco non avvii negoziati con Israele.