La Siria, i palestinesi e la miope scelta tra il male e il peggio

Che si tratti della guerra interna siriana o della coesistenza con Israele, ciò che colpisce nelle divisioni fra palestinesi è la pochezza del dibattito

Editoriale del Jerusalem Post

Manifestazione di palestinesi anti-Assad

L’argomento morale a sostegno dell’attacco combinato americano, britannico e francese alla Siria è chiaro: Bashar Assad ha usato armi chimiche contro i civili, bambini compresi, e deve essere persuaso a smetterla. Ricorrendo a un attacco coordinato, le nazioni occidentali hanno fatto capire che non intendono stare a guardare mentre Assad utilizza armi chimiche contro i civili. Non si è trattato di un’azione concepita per indebolire o rovesciare il regime. Nessuno pensa seriamente che coalizioni ribelli come la Jaysh al-Islam sostenuta dai sauditi e il Fronte di Al-Nusra offrano un’opzione più democratica o più moderata del criminale Assad. Tuttavia, il suo uso flagrante di armi chimiche a Douma nel momento in cui Jaysh al-Islam era circondato e sull’orlo della resa, è stato un atto di pura immoralità, non di disperazione. La risposta americana, francese e britannica è stata appropriata, e si spera che serva da deterrente.

Eppure, un argomento morale così lineare non sembra che sia chiaro per tutti. Il parlamentare arabo israeliano Ayman Odeh, leader di Hadash, il partito comunista arabo-ebraico della Lista Araba Comune (una coalizione di partiti arabi con 13 seggi della Knesset), ha aspramente condannato l’attacco a guida americana contro gli impianti di armi chimiche del regime di Assad. “Le dirigenze americana, britannica e francese e i loro partner negli stati del Golfo a cominciare dall’Arabia Saudita – ha scritto Odeh su Facebook – sono più deboli della volontà del popolo siriano. Io sto con la Siria contro l’attacco americano”. Il partito Hadash ha condannato l’attacco dicendo che gli Stati Uniti hanno una tradizione di “aggressione e bullismo nella regione, con la falsa scusa delle armi di distruzione di massa”.

Manifestazione di palestinesi pro-Assad

Prendiamo atto che i palestinesi sono divisi sulla guerra civile in Siria. Palestinesi teoricamente laici come Odeh considerano la Siria di Assad l’ultimo baluardo del nazionalismo arabo laico. Molti palestinesi cristiani vedono Assad e il suo regime alawita come un baluardo contro l’estremismo islamista sunnita che esercita tolleranza zero verso i gruppi religiosi o etnici differenti. Nel frattempo, Hamas – che aveva la sua sede a Damasco quando iniziò la guerra civile, ed era allineata con l’Iran – prendeva le parti dei ribelli sunniti, molti dei quali sono ispirati dalla sua stessa ideologia islamista. Lo sceicco Youssef Qaradawi, un religioso patrocinatore di Hamas che fa base nel Qatar, emetteva una fatwa che esortava i musulmani a unirsi alla rivolta armata contro Assad.

Ciò che colpisce, tuttavia, nel contrasto fra palestinesi sulla Siria è la pochezza del dibattito: come se fossero costretti per forza a scegliere tra il male e il peggio. Odeh sembra obbligato a schierarsi dalla parte di un regime spietato e autocratico che non esita a usare armi chimiche, affamare intere popolazioni e usare indiscriminatamente barili esplosivi contro i civili. Giustifica tutto questo, a quanto pare, in quanto parte di una più ampia battaglia contro il cosiddetto imperialismo occidentale, in particolare americano. Uomini come Odeh sono pronti a condannare gli attacchi aerei della coalizione contro gli impianti chimici siriani (anche se non mirano a rovesciare il regime), ma sono ben disposti a ignorare i bombardamenti della Russia sui civili siriani.

Manifestazione pro-Assad del partito Hadash (Lista Araba Comune) di fronte all’ex consolato Usa a Haifa

Purtroppo la stessa pochezza di pensiero caratterizza la politica interna palestinese. La stragrande maggioranza dei palestinesi sostiene o l’estremismo islamista di Hamas, che ha completamente fallito nel governare la striscia di Gaza dopo averne preso il controllo con la violenza nel 2007, oppure Fatah, un regime cleptocratico che reprime i diritti umani fondamentali. E dentro Israele, la maggior parte dei cittadini arabi continua a votare per esponenti politici con idee estremiste come Odeh e Haneen Zoabi. Un’indagine condotta a metà marzo dal Palestinian Center for Policy and Survey Research di Ramallah ha rilevato che se si tenessero elezioni parlamentari con la partecipazione di tutte le fazioni (ma i palestinesi non indicono elezioni politiche generali sin dal 2006), il 31% voterebbe per Hamas, il 36% voterebbe per Fatah e solo il 9% per tutte i partiti terzi messi insieme.

La richiesta avanzata da qualcuno di allontanare Odeh dalla Knesset per i suoi commenti su Assad è assurda. La democrazia israeliana tutela la libertà di espressione. Tuttavia è davvero indecente che, in nome di una automatica solidarietà con le forze anti-americane, Odeh si senta in dovere di difendere un criminale di guerra omicida. E la cosa più preoccupante è che il leader della terza lista israeliana alla Knesset, che dovrebbe rappresentare gli interessi della popolazione araba d’Israele, non sia in grado di esprimere una posizione un po’ più articolata, che si tratti della guerra civile siriana o di un modus vivendi per la coesistenza pacifica con lo stato ebraico.

(Da: Jerusalem Post, 16.4.18)