La Siria vuole negoziare, ma non è detto che voglia la pace

Lo ha detto alla Knesset il ministro degli esteri israeliano Tzipi Livni

image_1524Emergono valutazioni contrastanti negli ambienti diplomatici e di intelligence israeliani circa le vere intenzioni siriane. Intervenendo martedì alla commissione esteri e difesa della Knesset, il ministro degli esteri Tzipi Livni si è chiesta se il presiedente siriano Bashar Assad sia veramente interessato alla pace o se sia interessato soltanto ad avviare negoziati per suoi calcoli di potere, senza avere realmente l’intenzione di concluderli una volta ottenuto il risultato diplomatico che si propone.
Dal canto suo, il capo del dipartimento studi diplomatici del ministero egli esteri Nimrod Barkan ha affermato che la Siria è “interessata ad avviare negoziati solo per allentare la pressione internazionale su Damasco”. In questo senso, alcuni funzionari del ministero affermano che Barkan non condivide la posizione espressa lunedì alla commissione esteri e difesa dal capo della divisione ricerche dell’intelligence militare Yossi Baidatz, il quale s’era detto convinto che Assad sia sincero nelle sue profferte di pace. La settimana scorsa, di fronte allo stesso organismo, il capo del Mossad Meir Dagan aveva affermato l’opposto, sostenendo che il leader siriano non deve essere preso sul serio giacché Damasco in realtà si starebbe preparando a far guerra a Israele.
“Obiettivo strategico di Israele è arrivare alla pace con i siriani – ha detto il ministro degli esteri Tzipi Livni – La Siria manda a dire che intende negoziare e noi abbiamo il dovere di domandarci se Assad voglia solo negoziare o se voglia davvero arrivare alla pace alla fine del processo negoziale. I siriani vogliono negoziare perché questo gli conviene dal momento che alleggerirebbe la loro situazione diplomatica e aiuterebbe i loro sforzi volti a sventare le minacce internazionali verso di loro. Ma dobbiamo chiederci cosa potremmo ottenere noi alla fine di un processo diplomatico con loro”. Livni ha detto che l’interesse immediato della Siria scaturisce dai suoi timori circa il tribunale internazionale che deve indagare l’assassinio dell’ex presidente libanese Rafik Hariri. Secondo la Livni, i siriani sono molto preoccupati che il tribunale internazionale possa coinvolgere alti funzionari siriani danneggiando il regime, mentre Damasco non ha alcuna intenzione di rinunciare alla sua posizione di potere in Libano.
Circa ciò che Israele potrebbe ottenere da colloqui con la Siria, la Livni ha detto che si punterebbe a chiedere “un accordo di pace” che comprenda l’allontanamento della Siria dal cosiddetto “asse del male” e la cessazione del suo appoggio ad elementi ostili come Hamas e Hezbollah. Secondo il ministro degli esteri israeliano, Assad vuole negoziati, ma non è affatto chiaro se al termine del processo sarebbe realmente disposto a garantire un “pacchetto di pace” come quello che Israele si aspetta. “La questione di cosa otterremo in cambio è centrale, non quella di quanto territorio cedere – ha spiegato Tzipi Livni – Così, prima di entrare in negoziati, dobbiamo analizzare la situazione sotto tutti gli aspetti, i suoi rischi e ciò che potremmo raggiungere al termine del processo”. La Livni ha aggiunto che la questione siriana va trattata con discrezione e non pubblicamente.
Barkan ha messo in dubbio che la Siria sia disposta a cedere il suo potere in Libano, cessare l’appoggio alle organizzazioni terroristiche e rompere i suoi legami con l’Iran. “La Siria fa parte di una catena di paesi estremisti – ha detto il funzionario degli esteri – E quei paesi considerano la Siria l’anello debole della catena perché vi è legata da questioni di interesse politico e non da motivazioni ideologiche”.
Circa i palestinesi, il ministro Livni ha detto che Israele deve dare a Fatah un pacchetto di “opzioni socio-economiche” che possano essere offerte ai palestinesi in alternativa a ciò che Hamas va promettendo ai palestinesi in vista delle future elezioni.

(Da: Jerusalem Post, 26.12.06)

Nella foto in alto: il ministro degli esteri Tzipi Livni davanti a un’immagine del soldato Gilad Shalit trattenuto in ostaggio da terroristi palestinesi nella striscia di Gaza dallo scorso giugno