La speranza Israele, nonostante l’antisemitismo arabo

Bisogna riconoscere che alla base dell’ostilità verso gli ebrei in Israele/Palestina ci fu la consapevolezza che si stavano scrollando di dosso lo status tradizionale di umiliazione e sottomissione

Di Fred Maroun

Fred Maroun, autore di questo articolo

Raramente un fenomeno viene negato con la veemenza con cui viene negata la semplice considerazione che il rifiuto arabo di Israele ha le sue radici nell’antisemitismo.

La negazione spazia dal respingere il significato stesso della parola antisemita (che significa semplicemente odio pregiudiziale verso gli ebrei, come si legge in qualunque dizionario), a fredde razionalizzazioni secondo cui la contesa riguarderebbe esclusivamente la questione territoriale. Israele è soltanto lo 0,15% rispetto alle terre arabe e la sua popolazione è solo il 2,1% rispetto alle popolazioni arabe, senza contare che la popolazione di Israele comprende anche un 20% di arabi israeliani: il che significa che, in media, ogni arabo dispone di 17 volte più terra di ogni ebreo. Tutte le scuse avanzate per negare che esista l’antisemitismo arabo non sono molto più sensate di queste due che abbiamo citato.

Come riportato su Ha’aretz e poi ripreso da Forward, Nathan Weinstock, un ebreo che una volta era un fervente anti-israeliano filo-palestinese, ha ammesso: “Molto ingenuamente ero convinto che gli studenti palestinesi sarebbero stati felici di ascoltare il mio messaggio pacifista. Così, sono rimasto attonito quando nessuno di loro ha mostrato il minimo interesse per ciò che dicevo. Invece, ascoltavano in estasi Radio Cairo, deliziandosi per ogni sua parola e bevendosi i vanagloriosi annunci degli eserciti arabi che dicevano che presto avrebbero buttato a mare tutti gli ebrei. Negli anni ’60 ero fortemente influenzato dal pensiero trotzkista e adottavo un approccio dottrinario alle questioni: non basato su un sincero tentativo di analizzarle, quanto sullo sforzo di adattarle a semplicistiche posizioni preconcette”. Nel mondo arabo gli ebrei erano in qualche modo tollerati finché accettavano il loro status di inferiorità. Ma, come osserva Weinstock, “alla base della crescente ostilità verso la popolazione ebraica in Palestina ci fu la consapevolezza che gli ebrei dhimmi [soggiogati] si stavano scrollando di dosso lo status legale tradizionale di umiliazione e sottomissione”. Alla fine, Weinstock dovette riconoscere ciò che ha definito “la natura antisemita del cieco assalto a Israele”.

“Mio padre portò a casa i Protocolli degli Anziani di Sion”

L’antisemitismo arabo è un dato di fatto, anche se molto scoraggiante perché significa che non ci sarà tanto presto una vera pace tra Israele e mondo arabo. L’antisemitismo non scompare dall’oggi al domani. È radicato nelle culture, viene insegnato di generazione in generazione e diventa una seconda natura. Settantatré anni dopo la fine della Shoà, l’Europa è ancora alle prese con il suo antisemitismo. Quindi non è realistico aspettarsi che il mondo arabo se ne sbarazzi in tempi brevi, a maggior ragione se – a differenza dell’Europa – non riesce nemmeno ad ammettere di avere il problema.

Israele convive da più di settant’anni con la realtà dell’antisemitismo arabo e probabilmente dovrà conviverci per molti anni a venire. Anche se è un fatto molto desolante per tutti coloro che sognavano di arrivare alla pace domani, è importante che esso venga riconosciuto perché aiuta a comprendere la situazione in cui si trova Israele, e porta a sostenere Israele con la determinazione e la coerenza necessarie. Un giorno, forse tra svariate generazioni, la pace arriverà, ma per il momento bisogna accontentarsi di affrontare semplicemente i fatti con la massima onestà intellettuale.

In contrasto con l’antisemitismo tanto diffuso nel mondo arabo, Israele offre apertura e speranza: ha fornito assistenza sanitaria gratuita ai feriti della guerra civile siriana senza badare alla loro affiliazione; garantisce assistenza sanitaria persino ai terroristi palestinesi e ai loro famigliari. Israele fa ricorso alla forza per difendersi quando necessario, e fa di tutto per evitare vittime civili. Israele si rifiuta di combattere l’odio con l’odio, e non può certo fare di più.

Noi, resto del mondo, potremmo invece fare di più. Potremmo riconoscere apertamente con cosa Israele ha a che fare. Potremmo respingere l’irrazionale aspettativa che vi sia una qualche azione magica che Israele dovrebbe fare per portare immediatamente la pace. Potremmo sostenere il diritto di Israele a difendersi. E potremmo sostenere gli arabi, non molti, che sono veramente sinceri nel volere la pace con Israele.

L’antisemitismo è una piaga che infetta le società da millenni. Nessuno ha ancora trovato una cura e ci sono poche probabilità che qualcuno la trovi. Ma questa non deve essere una scusa per fingere che non esista: l’antisemitismo esiste, è orrendo e Israele deve convivere con esso ogni minuto di ogni giorno. Ma lo stato ebraico ha comunque tenuta aperta una possibile speranza. È tempo che anche noi facciamo la nostra parte.

(Da: Times of Israel, 25.10.18)

Najib Al-Qaddumi, membro del Consiglio Nazionale Palestinese, alla TV dell’Autorità Palestinese, 4.11.18: “Il cosiddetto stato di Israele, l’entità israeliana, è stato istituito con la Dichiarazione Balfour, pietra angolare per la creazione di questo stato traditore. Non c’è altra scelta che tornare al background dietro alla pubblicazione di quella promessa del Segretario agli esteri britannico Arthur Balfour. Torneremo alla situazione degli ebrei in Europa e in Russia, quando vivevano in una società chiusa e sapevano solo fare soldi, trafficare, tramare complotti, corruzione ecc. Persino le nazioni europee e la Russia non ne potevano più di loro e non vedevano l’ora che se ne andassero dai loro paesi.” (Da. PMW, 20.11.18)

 

Cantante libanese Majida El Roumi, ambasciatrice di buona volontà Onu per la FAO dal 2001, sulla tv libanese Aghani, 16.5.16: “Perché subiamo tutto questo in tutto il mondo, specialmente nel mondo arabo? Cosa sta succedendo? Personalmente penso sempre che sia collegato a ciò che ho letto a casa dei miei genitori quando ero piccola. Il mio compianto padre portò a casa i Protocolli degli Anziani di Sion, e ci disse: leggete questo libro e non dimenticare mai quello che avete letto fino a quando morirete. Così ho letto che il sionismo globale ha un piano per frammentare il mondo arabo, hanno in testa un piano per un governo unico sul mondo intero e pensano che tutti noi esistiamo su questo pianeta per servirli. Questo concetto è sempre nella loro testa. … Credono che Dio abbia dato loro il diritto di essere nostri padroni, questo è quello che ho letto in casa dei miei genitori”. (Da: MEMRI, 31.8.18)