La strada verso i due stati

Anche l’Austria nacque neutrale e demilitarizzata

Da un articolo di Avshalom Vilan e Maurice Stroun

image_2586Il discorso programmatico tenuto lo scorso giugno all’Università Bar-Ilan dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e le condizioni che ha illustrato per la ripresa dei colloqui con i palestinesi hanno fatto tornare alla mente la proposta di alcuni anni fa di adottare Andorra come modello per lo stato palestinese.
Ma Andorra, dove vivono 70.000 persone in un’area appena superiore ai 450 kmq, non è un modello appropriato. Un corretto modello storico per il futuro stato palestinese dovrebbe essere piuttosto l’Austria, dove vivono circa 8 milioni di persone su un territorio di 84.000 kmq.
Alla fine della seconda guerra mondiale, l’Austria era controllata da un consiglio congiunto formato dagli Alleati occidentali, che temevano una sua eventuale riunificazione con la Germania, e dall’Unione Sovietica, che temeva potesse diventare una base ostile al servizio dell’occidente.
Nel 1955 (dieci anni dopo la fine della guerra), gli Alleati dichiararono ufficialmente la fine del loro controllo sull’Austria, mentre Vienna si impegnava formalmente a mantenere una posizione neutrale nella lotta fra i blocchi della guerra fredda. La nuova repubblica venne creata come democratica e neutrale, sulla base di un certo numero i principi fondamentali che, mutatis mutandis, potrebbero essere adatti anche come fondamento di un accordo fra Israele e palestinesi.
1. L’Austria si dichiarò stato neutrale nella lotta fra i blocchi (scrivendolo anche nella Costituzione), e si impegnò a non stipulare alleanze militari con nessun altro stato e a non permettere la creazione di basi militari sul suo territorio. Analogamente, Israele dovrebbe chiedere che lo stato palestinese si impegni alla neutralità e a non stipulare alleanze militari.
2. L’Austria si impegnò a non sottoscrivere accordi di cooperazione con la Germania e a non avanzare nessuna futura rivendicazione su territori contesi, come ad esempio il Sud Tirolo. Anche in un accordo definitivo israelo-palestinese, entrambe le parti dovrebbero dichiarare che abbandonano qualunque reciproca rivendicazione territoriale, impegnandosi a non annettere territori né ad accrescersi territorialmente. L’economia israeliana non si fonderà sulla forza lavoro a basso costo palestinese né cercherà di assumere il controllo dell’economia palestinese con investimenti massicci. Dal canto loro i palestinesi potranno rafforzare i loro legami economici e commerciali con i paesi arabi vicini.
3. L’Austria si impegnò a vietare movimenti politici irredentisti che mirassero a riunificare alla nazione tedesca, in Germania, la popolazione tedesca austriaca. Allo stesso modo, ai palestinesi non sarà permesso perseguire la riunificazione con i loro confratelli in Giordania o in Israele, mentre i coloni ebrei e la destra messianica ebraica dovranno abbandonare il sogno dell’integrità della “grande” Terra d’Israele. Gruppi politici irredentisti di questo genere saranno fuori legge in entrambe le parti.
4. L’Austria si impegnò a non possedere armamenti offensivi. Pur con le opportune correzioni, è chiaro che il modello dello stato smilitarizzato non potrà essere simmetrico alla luce del fatto che Israele è oggetto di minacce militari su diversi altri fronti. Ma nulla impedirebbe allo stato palestinese di funzionare perfettamente con una adeguata ed efficiente forza di polizia interna.
Pur con tutti i suoi i limiti, oggi non si può certo sostenere che l’Austria non sia uno stato pienamente indipendente. Gran parte dei principi summenzionati potrebbero far progredire Israele e palestinesi verso un accordo di pace complessivo. Anziché fissare precondizioni da ottemperare prima di andare avanti, varrebbe la pena investire in idee creative per il futuro: cosa fare, cioè, affinché i due stati siano in grado di convivere fianco a fianco in sicurezza e tranquillità.

(Da: Ha’aretz, 19.08.09)

Nella foto in alto: Un’immagine emblematica della presenza delle forze alleate in Austria fino al 1955.