La terza via di Kadima

Sarà in grado il partito di offrire un’alternativa tra Likud e laburisti?

Da un editoriale del Jerusalem Post

image_2257Verosimilmente giovedì mattina si saprà chi è il nuovo leader di Kadima. Ma la vera domanda è: sarà in grado il partito di offrire una vera “terza via”, alternativa a quella del Likud e dei laburisti? (…)
In effetti è più facile spiegare da dove viene Kadima, anziché a cosa punta.
Nel febbraio 2001 Ariel Sharon, del Likud, venne eletto con il compito di guidare il paese attraverso la sanguinosa intifada al-Aqsa. Nel dicembre 2003 Sharon si era ormai convinto d’aver di nuovo in pugno la situazione della sicurezza, ma anche che la posizione diplomatica di Israele di fronte a Stati Uniti ed Europa continuasse ad essere insostenibile. Vedeva inoltre la minaccia demografica arabo-palestinese e il fatto che Israele non avesse un valido interlocutore palestinese per il negoziato. Così se ne uscì con un’idea assai controversa: il disimpegno unilaterale.
Sharon godeva di un forte appoggio popolare per il suo approccio; non l’aveva invece all’interno del suo partito. Nel maggio 2004 perse 60 a 40 un referendum interno del Likud, ma aveva abbastanza sostegni nel governo e alla Knesset per andare avanti comunque, e nell’agosto-settembre 2005 procedette con lo sgombero di tutti gli ebrei che vivevano nella striscia di Gaza e in alcune parti della Cisgiordania settentrionale.
Essendosi alienato i fedeli del Likud, nel novembre 2005 Sharon uscì dal partito e formò il nuovo partito Kadima (“avanti”), portandosi dietro una serie di figure politiche di centro provenienti sia dal Likud che dal partito laburista.
Sharon era alla testa di un governo di transizione guidato da Kadima e stava preparando il partito per elezioni anticipate quando, nel gennaio 2006, venne colpito da un devastante ictus irreversibile.
Gli succedette il vice primo ministro Ehud Olmert, che poi vinse le elezioni del marzo 2006 promettendo di proseguire lungo il sentiero pragmatico tracciato da Sharon. Ma la netta vittoria elettorale di Hamas nelle elezioni parlamentari palestinesi del gennaio 2006, il sequestro di Gilad Schalit da parte di Hamas a Gaza nel giugno 2006, gli implacabili bombardamenti sulla regione di Sderot e, quella stessa estate, l’infelice gestione della seconda guerra in Libano scoppiata dopo il rapimento (e assassinio) di Ehud Goldwasser ed Eldad Regev da parte di Hezbollah fecero naufragare l’ipotesi di qualunque ulteriore ritiro unilaterale e sostanzialmente svuotarono la premiership di Olmert.
Dopo il summit di Annapolis del novembre 20007, Olmert e il ministro degli esteri Tzipi Livni hanno condotto negoziati che appaiono infruttuosi su un “shelf agreement” (accordo di massima) da raggiungere entro il 2008 con il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen).
Nonostante le raccomandazioni della Commissione Winograd sulla guerra in Libano e gli effetti invalidanti di una serie di inchieste per corruzione a suo carico, Olmert è rimasto al suo posto e solo di recente ha accettato la realtà di fatto, impegnandosi a dimettersi dopo le primarie di Kadima. Resta da vedere se intenda farsi da parte subito, lasciando al vincitore delle primarie la guida del governo, o aspettare che il nuovo leader di Kadima formi una nuova colazione. Ma potrebbe anche restare in carica con il governo dimissionario fino a elezioni anticipate nel marzo 2009.
In questa situazione non stupisce che il partito Kadima abbia accusato un arresto del suo sviluppo politico. Molti dei suoi membri – nelle cui mani è ora riposto il destino politico di tutto il paese – sono arrivati a Kadima non per convinzione ideologica (anche se qualcuno lo fece, durante il mandato di Sharon), ma perché reclutati da uno dei quattro leader candidati alla successione di Olmert (Tzipi Livni, Shaul Mofaz, Avi Dichter, Meir Sheetrit).
In Israele c’è un notevole spazio per un partito che incarni una “terza via” centrista. Ma, se vuole riabilitarsi ed offrire questa possibilità, Kadima deve dimostrare di saper affrontare i duri dilemmi israeliani sulla sicurezza con la giusta combinazione di saggezza diplomatica e tenacia militare. Tradizionalmente, sulla questione del contenzioso con i palestinesi la destra israeliana muove critiche incalzanti ma non è in grado di offrire concrete alternative, mentre la sinistra insegue begli ideali ignorando le dure realtà di fatto. Kadima deve dimostrare di saper offrire un’alternativa possibile.
Inoltre Kadima dovrebbe capeggiare una riforma elettorale, e delineare una piattaforma economica che si disfi del dogmatismo a vantaggio di politiche di crescita che sappiano tutelare anche i meno fortunati. Infine dovrebbe preservare la tradizione ebraica in un contesto di pluralismo e tolleranza.
Il risultato di giovedì contribuirà a determinare se Kadima sarà una terza via, o solo un altro binario morto.

(Da: Jerusalem Post, 17.09.08)

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