La trappola di Hamas in cui è caduta (volentieri) la Corte Penale Internazionale

Perché mai una Corte dovrebbe rispettare le sue stesse regole o preoccuparsi del contesto e della credibilità delle parti?

Editoriale del Jerusalem Post

La sede della Corte Penale Internazionale all’Aja

La Corte Penale Internazionale ha dimostrato ancora una volta di essere non solo irrimediabilmente inefficace, ma anche gestita da persone che non vedono il contesto delle cose e tendono a fare più danni che benefici, a dispetto delle loro più nobili intenzioni.

Domenica scorsa, il giorno dopo che – a quanto risulta – il presidente siriano Bashar Assad aveva usato armi chimiche contro civili innocenti, bambini compresi, la procuratrice capo della Corte Penale Internazionale Fatou Bensouda ha trovato il tempo di diffondere una dichiarazione in cui, fra tutti i paesi, avvertiva giusto Israele che potrebbero costituire “crimini di guerra” i suoi tentativi di difendersi impedendo a migliaia di palestinesi, inclusi molti terroristi armati, di avventarsi sul confine della striscia di Gaza controllata da Hamas. Inspiegabilmente, la Corte Penale Internazionale e i suoi burocrati mettono da parte ogni formalismo legale in nome quando si tratta del nobile obiettivo di dare addosso a Israele, mentre si nascondono dietro al formalismo legale quando vengono interpellati circa il loro silenzio sulle atrocità commesse dal regime di Assad o da altri dittatori e autocrati. Il fatto che Israele non è un firmatario dello Statuto di Roma del 1998 su cui si basa la Corte Penale Internazionale, e che dunque non ricade sotto la sua giurisdizione, è stato convenientemente ignorato dalla Corte Penale Internazionale, che ha aperto indagini sull’operazione anti-Hamas dell’estate 2014. Ma quando la stessa Corte Penale Internazionale è chiamata a rispondere per non aver agito contro la Siria o contro i delinquenti a capo di altri paesi, ecco che assolve se stessa nascondendosi dietro la sua mancanza di giurisdizione.

“Manifestanti” di Hamas domenica 25 marzo 2018 nella città di Gaza, in preparazione della “marcia del ritorno” del venerdì successivo

I ripetuti tentativi del Segretario Generale dell’Onu Antonio Guterres, insieme a dozzine di stati membri, di indurre il Consiglio di Sicurezza a deferire il conflitto siriano alla Corte Penale Internazionale sono stati cinicamente bloccati dai membri permanenti Russia e Cina. Nel frattempo, la Corte Penale Internazionale trova il modo di prendere di mira Israele con indagini e rimproveri.

Anche il fatto che i palestinesi non possono essere firmatari dello Statuto di Roma perché, secondo le regole della Corte Penale Internazionale, solo gli stati possono essere firmatari e i palestinesi – come non perdono occasione di ricordare a tutto il mondo – uno stato non ce l’hanno, anche questo fatto è stato bellamente ignorato  dalla Corte Penale Internazionale, e ai palestinesi è stata concessa l’adesione nel 2015.

La Corte Penale Internazionale preferisce persino ignorare che la striscia di Gaza è gestita da Hamas – un’organizzazione definita terrorista da Unione Europea, Stati Uniti, Egitto, Giordania e altri paesi – e che Hamas non è il rappresentante ufficiale del popolo palestinese. La Corte Penale Internazionale e i suoi burocrati ignorano anche il fatto lampante che in un conflitto tra Israele (una democrazia con un sistema legale forte e indipendente che è intervenuto più volte per giudicare azioni militari considerate illegali) e Hamas (un’organizzazione terroristica che non si fa il minimo scrupolo di mettere nel mirino civili propri e altrui), una parte sarà pronta a minacciare e intimidire i testimoni e minare il processo legale, mentre l’altra si preoccuperà di rispettare dettagli e procedure, operando in completa trasparenza. Lasciamo indovinare al lettore qual è una parte e quale l’altra.

9 aprile: il capo di Hamas, Ismail Haniyeh, esorta i palestinesi di Gaza a partecipare alla “marcia del ritorno” sul confine con Israele. “La Corte Penale Internazionale è caduta nella trappola di Hamas”

Per inciso, poiché le Forze di Difesa israeliane – un esercito popolare che ha nei suoi ranghi una vasta gamma di soldati di ogni possibile estrazione politica – conduce indagini su tutte le accuse di crimini di guerra che vengono esaminate dal Procuratore generale, dal Controllore di stato e dall’Alta Corte di Giustizia, tecnicamente la Corte Penale Internazionale non è nemmeno autorizzata, in base alle sue stesse regole, a condurre indagini. Ma perché mai una Corte dovrebbe preoccuparsi di regole e regolamenti?

La Corte Penale Internazionale, come gran parte del mondo, ignora tutto il contesto del conflitto tra Israele e la striscia di Gaza controllata da Hamas. L’organizzazione terroristica, che ha strappato con la violenza il controllo su Gaza nel 2007 due anni dopo che Israele aveva sgomberato tutti gli insediamenti ebraici e aveva ritirato tutte le sue truppe, non si prende minimamente cura dei circa 1,7 milioni di palestinesi che vi abitano. E Hamas non è considerata un nemico solo da Israele e dall’Egitto. Hamas non riesce a convivere nemmeno con la dirigenza palestinese guidata da Fatah in Cisgiordania. Hamas mette tutte le sue energie e risorse al servizio dei preparativi per un’ennesima fallimentare campagna militare contro Israele.

I risultati della fallimentare leadership di Hamas sono tragicamente evidenti: paralizzanti carenze di energia elettrica, scarsità di acqua potabile, disoccupazione alle stelle. La risposta di Hamas: distogliere l’attenzione dai propri fallimenti spingendo – o costringendo – decine di migliaia di palestinesi a lanciarsi sul confine con Israele, e aspettare che cresca il conto delle vittime e che il mondo condanni Israele. La Corte Penale Internazionale è caduta nella trappola di Hamas e non possiamo fare altro che interrogarci sulle sue vere motivazioni.

(Da: Jerusalem Post, 10.4.18)