La tronfia campagna “i 3 Shalit”: desolante, sconfortante, deprimente

Un’altra generazione di palestinesi perduta per indottrinamento e lavaggio del cervello

Di Boaz Bismuth

Boaz Bismuth (a destra), autore di questo articolo

Boaz Bismuth (a destra), autore di questo articolo

La prima richiesta che fece l’allora primo ministro israeliano Yitzhak Rabin al capo dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina Yasser Arafat, prima di firmare gli accordi di Oslo, fu quella di cessare l’istigazione contro Israele nelle scuole palestinesi. Anche in quell’occasione Arafat non ebbe alcuna remora a mentire spudoratamente, e fece la promessa a Rabin. Naturalmente l’istigazione nelle scuole palestinesi non è mai cessata. Anzi, magari si fosse limitata a quelle scuole e allo Stato di Israele. In realtà il fenomeno è molto più ampio e generalizzato: è diffuso in tutto il mondo arabo e l’obiettivo preso di mira non è solo Israele, ma anche gli ebrei come tali.

Il politicamente corretto che ha preso il controllo della nostra vita ci obbliga ad astenersi dal dirlo ad alta voce, o addirittura a dire il contrario. Non sia mai che facciamo arrabbiare qualcuno: siamo tutti fratelli, o perlomeno cugini. Ma ho visitato la maggior parte dei paesi arabi e in uno dei essi ho prestato servizio per quattro anni come ambasciatore: posso testimoniare in prima persona cosa significa quell’odio. Non riguarda tutti, questo è vero. Ma riguarda la maggioranza.

Dato che così stanno le cose, perché mai sorprenderci se i palestinesi, mentre gli israeliani lanciano una campagna su internet che invoca il ritorno a casa dei tre ragazzi Naftali, Eyal e Gilad, i palestinesi lanciano una campagna parallela che inneggia ai “tre Schalit” presi in ostaggio (con esplicito riferimento a Gilad Shalit, il soldato israeliano tenuto in ostaggio a Gaza per 5 anni e restituito solo in cambio della scarcerazione di più di mille terroristi)? Una campagna piena di immagini di tanti bambini palestinesi fotografati mentre esibiscono in segno di vittoria tre dita della mano, a simboleggiare i tre adolescenti israeliani sequestrati. Anche senza guardare i sorrisi esibiti da quegli sventurati bimbetti, appare del tutto evidente quanto i loro genitori, autori delle foto, appoggiano e addirittura celebrano il rapimento dei nostri ragazzi.

Campagna israeliana su internet “Riportate indietro i nostri ragazzi”

Di più. Le immagini ci dicono innanzitutto che, da quella parte, un’altra generazione di palestinesi è già perduta a causa dell’indottrinamento e del lavaggio del cervello. Non ci aspettavamo che ci dimostrassero solidarietà, ma neanche che esibissero tanta entusiastica solidarietà verso il terrorismo che sequestra ragazzini inermi.

Questa campagna palestinese, a parte che dà il voltastomaco, indica il clima generale che impera attualmente fra i nostri vicini; una campagna desolante, sconfortante e deprimente ancor più di quanto già non lo sia il governo di unità palestinese Fatah-Hamas: è peggio, perché qui non si tratta di politici con i loro interessi bensì, a quanto si può vedere, della maggior parte dei palestinesi e dei loro autentici sentimenti. L’odio verso di noi esiste ancora, ed è considerevolissimo.

Ovviamente ci sarà sempre qualcuno che dà tutte le colpe all'”occupazione”, e qualcun altro che se la prende col fatto che i tre ragazzi facevano autostop di sera. Ma la realtà delle cose – e non è facile dirlo – è che oggi, a 66 anni dalla nascita di Israele, l’idea stessa che gli ebrei abbiano un loro Stato risulta del tutto insopportabile per molti dei nostri vicini: per cui è giustificabile intraprendere qualunque azione contro di noi, ed anche il più bieco e vile terrorismo contro i nostri civili risulta del tutto legittimo. Tutte le pasticcerie a Gaza e nell’Autorità Palestinese fanno lavoro straordinario quando c’è un attentato terroristico contro ebrei e israeliani.

E se qualcuno dice: “Beh, cosa ci si può aspettare da un popolo che sente di subire un’ingiustizia”, mi limito a ricordare che in questi stessi giorni in cui noi siamo in trepida attesa di notizie sui nostri ragazzi, in Iraq si sta consumando un’enorme tragedia. Proprio questa settimana sono state diffuse su internet le raccapriccianti immagini di 1.700 soldati iracheni catturati e trucidati a sangue freddo. Tutti noi, in Israele, siamo rimasti scioccati da quelle immagini, e poco importa se vent’anni fa quello stesso esercito di un paese che non ha mai fatto né la pace né un armistizio con Israele, non esitò a lanciare 39 missili Scud sulle nostre città. Perché? Chiamatela come volete: compassione, empatia, senso d’umanità.

Ora possiamo solo sperare che i gruppi per i diritti umani, quelli che sistematicamente condannano Israele per ogni singola abitazione costruita in Cisgiordania e a Gerusalemme est, trovino il modo di condannare questa campagna palestinese su internet atrocemente grottesca. Ma, come che sia, la nostra innocenza l’abbiamo persa sin da Oslo ’93. Finché la società palestinese considera eroi i più abietti terroristi, sarà difficile trovare qualcuno con cui dialogare.

(Da: Israel HaYom, 18.6.14)

 

Campagna palestinese “I tre Shalit”:

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