La Turchia di Erdogan, inebriato di potere

Il presidente turco ha chiarito in modo cristallino le sue intenzioni aggressive in politica estera: la comunità internazionale dovrebbe prestare molta attenzione

Di Emily Schrader

Emily Schrader, autrice di questo articolo

Il violento conflitto tra Armenia e Azerbaigian per il Nagorno-Karabakh ha offerto alla Turchia un’altra opportunità per ampliare le sue attitudini violente e imperialiste, sotto il pugno di ferro del presidente Recep Erdogan. In effetti, è più che probabile che l’improvvisa esplosione di violenza tra Armenia e Azerbaigian sia in parte orchestrata dalla Turchia, vista la politica internazionale sempre più aggressiva dell’attuale regime turco. Dalla Libia alla Siria, alla Grecia, all’Iraq, all’Azerbaigian e sì, anche a Israele, le azioni della Turchia vanno ben al di là dell’accettabile in base a qualsiasi standard di diritto, o moralità, internazionale.

Come se la sanguinosa guerra civile in Siria non fosse già abbastanza complicata, la Turchia ha approfittato del caos nel paese vicino per intraprendere, a partire dal 2016, un’azione militare aggressiva che continua ancora oggi con l’occupazione di parti della Siria per opprimere le popolazioni curde locali, sostenendo che sta “facendo pulizia nelle aree terroristiche”. Diverse organizzazioni indipendenti hanno riferito che la Turchia ha compito pulizia etnica e altri crimini di guerra contro le minoranze locali. Nonostante ciò, gli organismi internazionali e gli Stati Uniti non hanno fatto nulla per mettere la Turchia di fronte alle sue responsabilità.

Il presidente turco Recep Erdogan (a sinistra) durante un incontro a Teheran con il presidente iraniano Hassan Rouhani

Come spesso accade quando i violatori dei diritti umani non sono chiamati a rispondere dei loro atti, l’aggressione e i crimini di guerra della Turchia non si sono fermati alla sola Siria. La Turchia ha iniziato a reclutare gente del posto, in Siria, per combattere una guerra straniera in Libia, un altro paese sconvolto da un violento conflitto in cui la Turchia si sta intromettendo. E ci sono notizie secondo cui Ankara recluta siriani per combattere anche contro l’Armenia. Recentemente, infatti, il coinvolgimento turco si è esteso all’Azerbaigian, dal momento che la Turchia sostiene le violenze contro l’Armenia nel Nagorno-Karabakh.

La Turchia ha ripetutamente bombardato aree curde nel nord dell’Iraq e minaccia regolarmente la Grecia per l’accesso marittimo all’esplorazione dei giacimenti di gas. La sua incursione militare in Libia e il rafforzamento della sua influenza in quella nazione dilaniata dalla guerra hanno poi portato a un aumento delle tensioni con Cipro e Israele per l’accordo energetico EastMed. La Turchia si è letteralmente messa sul sentiero di guerra e nessuno sembra prestare attenzione.

Nel frattempo, le attenzioni di Erdogan si espandono verso Israele. Il presidente turco è da parecchio tempo un sostenitore dei Fratelli Musulmani, si schiera regolarmente a fianco dei paesi, come il Qatar, che sostengono i Fratelli Musulmani e fornisce costante sostegno ai terroristi di Hamas, anche ospitandoli in Turchia e persino concedendo loro la cittadinanza. Allo stesso modo, all’interno della Turchia Erdogan reprime brutalmente i dissidenti politici e spinge verso l’islamizzazione di siti storici, come la trasformazione della Basilica di Santa Sofia da museo in moschea.

24 agosto 2020: il presidente turco Recep Erdogan riceve il capo di Hamas, Ismail Haniyeh

Non sorprende che, in risposta agli accordi di pace di Emirati Arabi Uniti e Bahrein, la Turchia si sia schierata contro il mondo arabo e abbia pubblicamente condannato la pace, allineandosi ad alcuni dei peggiori violatori di diritti umani al mondo: Iran, Qatar e capi palestinesi. Benché sia alleato di Hamas, alcuni giorni fa Erdogan ha postato un bizzarro tweet in cui glorifica il controllo ottomano sulla città di Gerusalemme affermando “Gerusalemme è nostra” e aggiungendo che gli ottomani “vissero per secoli insieme al popolo palestinese”. Un’affermazione alquanto paradossale, considerando la sanguinaria storia della lotta degli ottomani contro la popolazione araba locale per preservare il controllo sulla regione e sulla città di Gerusalemme.

Negli ultimi anni Erdogan ha chiarito in modo cristallino le sue intenzioni in politica estera, e la comunità internazionale farebbe bene a prestare molta attenzione. La Turchia è un attore in malafede che ha commesso e continua a commettere gravi violazioni dei diritti umani: non solo contro la sua stessa popolazione con la censura e la repressione di giornalisti e dissidenti, ma anche in Siria, Libia e potenzialmente in Azerbaigian.

Sebbene la posizione di Israele nel trattare con Azerbaigian e Armenia sia estremamente complessa a causa delle alleanze contro l’Iran, nondimeno lo stato ebraico dovrebbe stare molto attento ad allinearsi con l’Azerbaigian (e quindi con la Turchia) in questo conflitto. Non si dovrebbe ignorare l’aggressività di Erdogan. Bisogna invece mettere la Turchia di fronte alle sue responsabilità e porre fine alle sue ingerenze nella regione.

(Da: Jerusalem Post, 6.10.20)