La Venere rinata dalle onde

Una statua di donna di epoca romana è tornata alla luce ad Ashkelon dopo il crollo di un tratto di scogliera causato dal recente nubifragio

image_3012Il forte nubifragio che ha colpito Israele lo scorso finesettimana ha causato molti danni ai siti archeologici lungo la costa mediterranea (in particolare a Cesarea), ma anche il cedimento parziale di un tratto di scogliera presso lo scavo archeologico nella città di Ashkelon (Ascalona) che ha portato alla luce preziosi reperti, fra cui una bella statua di epoca romana.
La statua di marmo, alta un metro e venti, risale a 1650-1800 anni fa e raffigura una donna (a cui manca la testa) e si ritiene che fosse posta in una struttura termale. Tra i pezzi di terreno staccatisi dalla scogliera si sono trovate parti di un grande edificio che sembra appartenesse appunto a una struttura termale romana. Purtroppo la furia del mare ha rovinato porzioni di un pavimento in mosaico colorato, e molti pezzi sono stati spazzati via dall’acqua.
L’archeologo Yigal Israel, dell’Israel Antiquities Authority nella regione di Ashkelon, ha spiegato: “E’ una bella statua bianca cui mancano la testa e parte di un braccio. Apparentemente era stata importata dall’Italia, dalla Grecia o dall’Asia Minore e potrebbe essere una raffigurazione della dea Afrodite. La donna raffigurata nella statua indossa una toga e si appoggia a una colonna quadrata di pietra. Il suo abbigliamento è scolpito con molta precisione, le dita dei piedi sono delicate e si vedono i sandali, il seno è piccolo ma ben sottolineato. E’ una statua magnifica”.
La statua, caduta da un precipizio relativamente alto, di circa 10 metri, è rimasta sorprendentemente intatta. Yigal Israel ritiene che la testa e le mani siano andate perdute già in epoca romana. “Abbiamo recuperato la statua dalle onde del mare che la lambivano – racconta – Era stata notata da un passante, e con il generoso aiuto della municipalità di Ashkelon l’abbiamo sollevata per mezzo di una gru. Ora la trasferiremo nei magazzini governativi di Beit Shemesh”.

(Da: Ha’aretz, 16.12.10)