La vera intolleranza religiosa (e i suoi complici)

Abu Mazen non può pretendere di fare una cosa e il suo contrario: o difende la libertà religiosa o non la difende

Editoriale del Jerusalem Post

Il presidente dell'Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) riceve papa Francesco al suo arrivo a Betlemme lo scorso 25 maggio

Il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) riceve papa Francesco al suo arrivo a Betlemme lo scorso 25 maggio

Il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ama atteggiarsi a protettore del cristianesimo. Stando alle sue reiterate affermazioni, gli ebrei d’Israele metterebbero in pericolo sia il cristianesimo che l’islam, che si ritrovano uniti nella necessità di scongiurare tale minaccia.

Abu Mazen ha ribadito questa bugia durante la recente visita di papa Francesco a Betlemme, sotto un enorme presepe che mostrava un Gesù bambino fasciato in una kefiah di Fatah come ulteriore negazione di qualsiasi connessione fra Gesù ed ebraismo ed ulteriore affermazione del fasullo collegamento fra Gesù e islam. Il Papa non ha ritenuto di dover commentare le insolenti distorsioni di Abu Mazen. Ma la doppiezza del presidente palestinese emerge in tutta la sua evidenza soprattutto nel suo assordante silenzio sul caso di Meriam Ibrahim, la donna condannata a Khartoum ad essere frustata per adulterio e impiccata per apostasia. La notizia di questa persecuzione di una cristiana per mano islamica sembrava non essere ami arrivata a Ramallah. Ma Abu Mazen non può pretendere di fare una cosa e il suo contrario: o difende la libertà religiosa o non la difende.

Il "Gesù Bambino palestinese" alle spalle di papa Francesco lo scorso 25 maggio, a Betlemme

Il “Gesù Bambino palestinese” alle spalle di papa Francesco lo scorso 25 maggio, a Betlemme

Se non possiamo sorprenderci per questa ennesima ingiuria ad opera della teocrazia sudanese del despota Omar al-Bashir, dovremmo essere invece disgustati dalla serenità con cui essa è stata accolta in tutto il mondo arabo, e non solo nella giurisdizione di Abu Mazen. Il fatto che questo sedicente difensore dei cristiani non abbia pronunciato una sola sillaba di protesta contro il supplizio inflitto a Meriam Ibrahim sotto un regime islamico sconfessa tutte le prediche apparentemente così devote del capo palestinese.

Omar al-Bashir è un criminale di guerra ricercato per il genocidio che ha istigato nel Darfur (un’altra tragedia su cui Abu Mazen e il mondo arabo hanno preferito fare scena muta). Meriam Ibrahim è stata arrestata lo scorso agosto, insieme al figlio Martin, che oggi a 20 mesi di vita. Il suo secondo figlio, una femmina, è nata in carcere la scorsa settimana, con Meriam Ibrahim legata e incatenata durante il travaglio. La sua colpa è quella di non voler rinnegare il cristianesimo, rifiutandosi di “tornare all’islam”. È accusata d’aver tradito l’islam convertendosi al cristianesimo nonostante il fatto che sia stata cresciuta da sua madre come cristiana ortodossa mentre conosceva a malapena il padre assente, musulmano. Il fatto che Meriam Ibrahim abbia sposato il biochimico Daniel Wani, cristiano (costretto su una sedia a rotelle dalla distrofia muscolare), ha suscitato ire ancora più furibonde. Le autorità sudanesi non riconoscono il matrimonio e il tribunale ha decretato che i rapporti di Meriam Ibrahim con il marito sono illegittimi ed equivalgono ad un adulterio, “reato” per il quale l’ha condannata a 100 frustate. Le frustate, che di per sé potrebbero ucciderla, dovranno essere somministrate prima dell’impiccagione. Difficile immaginare qualcosa di più orrendo.

Meriam Ibrahim e il marito Daniel Wani il giorno del loro matrimonio in una cappella Khartoum nel 2011

Eppure, nonostante tutto, Meriam Ibrahim ha ancora una possibilità. È una bella donna, simpatica, istruita (è medico) e, soprattutto, suo marito è un naturalizzato americano. La sua sofferenza ha sollevato abbastanza putiferio a livello internazionale da suscitare segnali contrastanti da parte del governo sudanese, alcuni dei quali indicherebbero che Meriam Ibrahim potrebbe essere rilasciata. Cosa che però è lungi dall’essere confermata, ed è anzi messa in dubbio dalla famiglia.

Non abbiamo modo di sapere quante altre sudanesi, meno istruite e senza influenti legami con l’estero, patiscano analoghe sofferenze. Nessuno viene a sapere di loro. L’incubo di Meriam Ibrahim è solo una delle tante inimmaginabili tragedie prodotte da intolleranza nel mondo arabo-musulmano. La barbarie inflittale non è insolita sotto governo musulmano, anche se i cittadini delle democrazie liberali come Israele tendono a dare per scontato che un fanatismo così bigotto sia ormai oggetto di universale disprezzo, e che non abbia posto nel mondo di oggi. Consideriamo la libertà religiosa come un diritto umano elementare.

Ma non è così che la vedono i nemici dei nostri valori evoluti. Di più. Troppi di loro imparano dal multiculturalismo dell’Occidente come sfruttare la credulità occidentale per il più anti-multiculturale dei fini. E così Abu Mazen (il neo alleato dei fondamentalisti islamisti di Hamas) adotta le sembianze del magnanimo tutore della cristianità contro i predatori ebrei, nel più eclatante capovolgimento delle più ovvie verità del passato e del presente.

Le democrazie del mondo sono ben consapevoli del civile e progredito sistema di credenze che caratterizza Israele. E tuttavia, a causa di pregiudizi antichi e delle recenti tendenze alla realpolitik e al politicamente corretto, nessuna democrazia contesta le menzogne e i silenzi di Abu Mazen.

(Da: Jerusalem Post, 4.6.14)