La vera storia del generale Doron Almog

Laltra faccia del militare israeliano che non ha potuto sbarcare dallaereo a Londra perché accusato di "crimini di guerra" da organizzazioni anti-israeliane.

image_897Il generale Doron Almog (il militare israeliano che non ha potuto sbarcare dall’aereo a Londra perché accusato di ”crimini di guerra” da organizzazioni anti-israeliane) è un uomo che ha preso parte ad alcune delle più rischiose operazioni militari di Israele. Nel 1976 fu il primo comandante ad essere paracadutato sulla pista di Entebbe nell’operazione di ricognizione per segnalarla agli aerei israeliani in arrivo, e condusse l’occupazione della torre di controllo dell’aeroporto nel corso dell’incredibile operazione di salvataggio degli ostaggi in mano a terroristi nell’aeroporto ugandese. Negli anni ‘80 prese parte al salvataggio e trasporto aereo di circa seimila ebrei dall’Etiopia in Israele. Nel suo ultimo incarico, come capo della regione militare meridionale dal 2000 al 2003, ha sventato tutti i tentativi di strage perpetrati da terroristi della striscia di Gaza che cercarono invano di infiltrarsi in Israele.
Ma se chiedete a Doron Almog, che oggi ha 53 anni, qual è stata la sua missione più difficile, vi risponderà che non è nulla di quello che ha fatto nell’esercito.
“Prendermi cura di mio figlio: questa è la sfida più grande che io abbia mai dovuto affrontare – dice il generale, seduto nel suo giardino, guardando suo figlio, Eran, che si trastulla in una piscinetta per bebè. Eran ha 20 anni. Porta il pannolino, mangia solo cibo per bebé e non parla. E’ autistico e mentalmente ritardato. Eran non ha mai detto ‘papà’ o ‘mamma’. Ma quando il padre lo chiama, i suoi occhi si illuminano di gioia.
“A Entebbe dovevamo volare per 2.600 miglia, uccidere i terroristi e ritornare a casa – ricorda Almog – In una missione militare gli obiettivi sono molto chiaramente definiti. Se si completano tutti i punti, dall’A alla Z, la missione è un successo. Ma con Eran, il punto A è infinito, e non è chiaro come si possa anche solo definire un successo”.
Compiti che sono banali per la maggior parte della gente sono tremendi per un bambino che non parla e non reagisce. “Quando lo porto dal dentista devo allacciarlo alla sedia. Quando gli compriamo scarpe nuove dobbiamo immaginare se saranno comode o no, ed essere il suo legame col mondo”.
Almog ricorda che, quando nacque suo figlio, lui e sua moglie avevano il tipo di speranze che hanno tutti i genitori: che il ragazzo avrebbe avuto successo, anche più dei genitori: un astro in ascesa come militare il padre, una preside di scuola la madre. Fu presto chiaro che non sarebbe stato così. I medici dissero alla coppia che Eran era ritardato.
“Alcuni amici ci consigliarono di mandarlo via – racconta Almog – Penso che la decisione più importante che abbiamo mai preso sia stata quella di allevarlo, amarlo e non vergognarci mai di lui”.
Alla fine, dice Almog, quella decisione lo ha cambiato. Divenne noto non solo per le sue eccezionali capacità militari, ma anche per la sua compassione e determinazione ad aiutare i meno fortunati: tratti di solito non associati agli eroi militari.
“Allevare Eran mi ha reso un essere umano migliore. Essendo costretto continuamente a domandarmi di che cosa ha bisogno, sono diventato una persona più sensibile, più sintonizzata con quelli che patiscono delle limitazioni”.
Come capo della regione meridionale, Almog ha lanciato una serie di programmi rivoluzionari per aiutare i settori più deboli della popolazione del Negev, la regione economicamente più svantaggiata del paese. Un programma fornisce arricchimento culturale per i beduini, che formano quasi un quarto della popolazione della regione ma hanno il livello di istruzione più basso. Molti beduini prestano servizio delle Forze di Difesa israeliane. L’iniziativa di Almog permette a quelli senza un diploma di scuola superiore di qualificarsi e completare gli studi universitari.
Almog ha portato adulti leggermente ritardati da un istituto nel Negev a una vicina base militare, dove hanno lavorato come volontari facendo semplici lavori di manutenzione. Il fatto di poter indossare uniformi delle Forze di Difesa israeliane e lavorare in una base ha aumentato la loro autostima e ha convinto altri comandanti di basi militari a richiedere questa forza-lavoro altamente motivata.
Almog ha mandato cibo alla cucine per i poveri, ha lanciato gare di navigazione per i non vedenti e ha portato 600 soldati a ristrutturare e pulire case di riposo del luogo due volte l’anno. “Ogni comandante di un’unità nella regione sud doveva presentare un piano annuale in cui fosse specificato quale gruppo con esigenze speciali avrebbe adottato e che cosa avrebbe fatto per loro”. Alcuni di questi programmi vengono ora attuati su scala nazionale.
L’insistenza di Almog a parlare apertamente e pubblicamente di suo figlio ha aiutato a dissipare alcune delle stigmate spesso associate al ritardo mentale e all’autismo.
Dopo che aveva parlato per la prima volta di Eran ai soldati della regione sud, un sergente maggiore gli si avvicinò e si mise a piangere. “Disse che fino a quel momento si era vergognato troppo per parlare della sua figlia ritardata – racconta Almog – Sentirmi parlare di Eran gli diede una sensazione di rispetto e di orgoglio”.
Col passare degli anni, Almog ha dedicato energie non solo alla cura di suo figlio, ma al miglioramento del benessere di tutti i bambini gravemente disabili in Israele, attraverso la sua opera per Aleh. Questa organizzazione non-profit fornisce cure mediche e riabilitative ad alto livello a circa 500 bambini fisicamente e mentalmente disabili in tutto Israele.
Fin dall’età di 13 anni, Eran Almog è stato in cura presso una delle tre strutture di Aleh, il Moriah Center a Gedera, che ospita circa 90 bambini che soffrono di paralisi cerebrale e di altre gravi malattie.
Almog parla con reverenza di quelli che si occupano della struttura: “Sono persone prive di egoismo e con una forza illimitata. Fanno tutto con amore”. Profondamente colpito dalle cure ricevute da suo figlio, Almog mobilitò dei fondi per costituire una nuova ala del Centro, che fu poi chiamata Beit Eran, in onore del fratello di Almog ucciso nella guerra del Kippur (anche il figlio porta lo stesso nome).
Ora, come presidente di Aleh Negev, Almog è a capo di un progetto per costruire la prima struttura in Israele per la cura degli adulti gravemente disabili, come Eran. Il villaggio di 100 dunam in costruzione vicino alla città di Ofakim, nel Negev, fornirà una casa a circa 200 adulti disabili mentalmente e fisicamente. La spaziosa struttura comprenderà una speciale scuola educativa, un centro paramedico, un’ala ospedaliera, un laboratorio per attività di riabilitazione e un quadro di attività professionali, insieme a una gamma completa di terapie, dalla musica all’arte, dall’idroterapia all’ippoterapia. “L’idea è di fornire a questi adulti un’atmosfera calda e casalinga e, allo stesso tempo, aiutarli ad usare tutto il loro potenziale nel modo migliore e a diventare produttivi”, spiega Almog.
Al momento, in Israele non esiste un centro del genere per adulti e, una volta che Aleh Negev sia completato, diventerà una delle poche strutture del genere al mondo.
Lo Stato d’Israele ha assegnato la terra per il villaggio e l’ha adottato come progetto nazionale, accettando di pagare la metà del suo costo, circa 43 milioni di dollari. Almog, che andrà in pensione dalle Forze di Difesa israeliane alla fine dell’anno, aspetta con impazienza di dedicarsi anche più intensamente al suo progetto favorito e si sta occupando attivamente della raccolta di fondi.
Riflettendo sulle sfide che ha dovuto affrontare, Almog ritorna all’analogia con Entebbe. “Ad Entebbe – dice – era possibile liberare gli ostaggi. Ma Eran e quelli come lui passano tutta la vita come ostaggi: ostaggi della società e dei suoi membri più forti. Non esiste un’operazione che li renda liberi. Tutto quello che si può fare è dar loro un futuro migliore. Questo è quello che sto cercando di fare, ed qualcosa che rimane”.

(Da: Israel21c, 15.09.05)

Nella foto in alto: Doron Almog e suo figlio Eran