La verità è che viviamo tutti in Israele

Nella loro guerra contro libertà democrazia e diritti delle donne, i jihadisti sono pronti a massacrare tutti (a partire dai musulmani deboli e oppressi)

Di Ben-Dror Yemini

Ben-Dror Yemini, autore di questo articolo

L’incontro a Washington fra il primo ministro israeliano Naftali Bennett e il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, originariamente programmato per giovedì 26, sarebbe coinciso quasi al minuto con il devastante attentato terroristico all’aeroporto di Kabul. Se c’era qualcuno che ancora nutriva dei dubbi sulla vera natura dell’islamismo estremista, i fatti si sono incaricati di chiarirla a tutti. La jihad non combatte contro le scelte o gli atti delle persone, ma contro l’essenza stessa del loro essere. I suoi nemici sono la libertà, la democrazia e i diritti delle donne.

“Siamo tutti sulla stessa barca”, avrebbe dovuto dire Bennett al presidente degli Stati Uniti Joe Biden durante l’incontro, che è stato rinviato di 24 ore. E forse è proprio ciò che ha detto. Gli Stati Uniti hanno lasciato l’Afghanistan, Israele ha lasciato il Libano meridionale e la striscia di Gaza. Ma alla jihad non importa, perché continua a seminare morte e distruzione senza sosta. Pertanto, chi protesta contro le misure difensive di Israele protesta a favore della jihad, che uccide anche afghani e americani.

I quasi 200 assassinati a Kabul vanno ad aggiungersi alle altre 1.124 vittime trucidate in attacchi jihadisti in tutto il mondo nei 30 giorni precedenti l’attentato all’aeroporto. La stragrande maggioranza di quelle vittime erano musulmani. Appena due giorni prima dell’attacco nella capitale afghana, 36 persone erano state uccise in Nigeria, e altre 80 erano state uccise la settimana prima in Burkina Faso: tutti civili innocenti, non “occupanti”. Gli islamisti estremisti massacrano i deboli e gli oppressi, la maggioranza dei quali sono musulmani. Vent’anni dopo aver invaso l’Afghanistan, gli Stati Uniti lasciano il paese nelle mani dei talebani. E’ la grafica rappresentazione della fallimentare idea che ammansire i gruppi jihadisti li avrebbe fatti cambiare.

Yemini: “Gli islamisti estremisti massacrano i deboli e gli oppressi, la maggioranza dei quali sono musulmani”

“Ecco cos’è la jihad – deve aver detto il primo ministro Naftali Bennett agli americani – Questa è la sua vera natura ed essenza”. Il solo pensiero che fare buon viso con Hamas, rimuovendo il blocco e garantendole più rifornimenti e fondi, la spingerebbe a ravvedersi, è pura follia. Non succederà. Hamas fa parte del movimento dei Fratelli Musulmani e il fondatore dei Fratelli Musulmani, Hassan al-Banna, nel 1938 proclamava che il suo ideale è “l’industria della morte”. Gli ideologi di Hamas hanno ripetutamente dichiarato che il loro obiettivo è istituire un califfato islamico che includa “la grande e la piccola America”, cioè gli Stati Uniti e Israele.

Poi nella mischia entra l’Iran, che è diventato un hub regionale per il terrorismo. L’inesorabile corsa di Teheran a mettere i suoi artigli sulle armi nucleari non è un problema solo per Israele o per l’Occidente, ma per tutti i musulmani. Tutti, sciiti e sunniti, diventeranno vittime della sua jihad.

Nel 2014, l’autore americano Sam Harris ha pubblicato un episodio sul suo podcast intitolato “Perché non critico Israele?” In realtà l’episodio non risparmiava critiche, ma Harris lo concludeva con una frase clamorosa: “La verità è che viviamo tutti in Israele. Il problema è che alcuni di noi non se ne sono ancora resi conto”. Mi chiedo quante altre vite innocenti andranno perse prima che l’Occidente, il mondo accademico, i mass-media e la Casa Bianca se ne rendano conto. C’è solo da sperare che non avvenga troppo tardi.

(Da: YnetNews, 29.8.21)