La verità su Gaza raccontata dagli stessi palestinesi

Hamas si vanta d’aver organizzato un vero e proprio attacco allo scopo di sequestrare e uccidere, mandando avanti donne e bambini in una finta protesta pacifica per ingannare il mondo. Ma organismi internazionali e mass-media preferiscono non vedere

“Dicono ai bambini piccoli di andare avanti: l’esercito israeliano non spara ai bambini piccoli”

Sebbene abbia cercato di dipingere le settimane di manifestazioni violente lungo il confine fra Gaza e Israele come “proteste popolari spontanee”, Hamas è stata pesantemente coinvolta nella pianificazione degli scontri e ha fornito ai partecipanti agghiaccinati istruzioni su quello che dovevano fare. La tv Hadashot ha riferito venerdì che il gruppo terroristico, che controlla con pugno di ferro la striscia di Gaza sin dal 2007, ha diffuso direttive dettagliate attraverso i social network in vista degli scontri culminati nelle violenze di lunedì scorso.

Le direttive di Hamas si sono spinte al punto di indicare ai manifestanti in quale esatta comunità israeliana ogni capo terrorista avrebbe tenuto i discorsi della vittoria una volta che i palestinesi avessero raggiunto l’obiettivo dichiarato di sfondare il confine e riversarsi, armati, su villaggi e kibbutz.

“Ismail Haniyeh parlerà a Nahal Oz, Khalil al-Hayya a Kfar Aza e Nafed Azzam (capo della Jihad Islamica palestinese) a Be’eri – recitano le istruzioni citate da Hadashot TV – Dopo i discorsi della vittoria, inizieranno celebrazioni in tutta la Palestina”.

Ai manifestanti è stato detto di armarsi con “coltelli o pistole” da nascondere sotto gli abiti per usarli una volta varcato il confine. “Cercate di scacciare i tiratori scelti (israeliani) dalle loro posizioni” aggiungevano le istruzioni, accompagnate da mappe e foto satellitari con indicate le comunità civili israeliane su cui i palestinesi avrebbero dovuto avventarsi a migliaia.

Il colonnello Kobi Heller, comandante della brigata meridionale delle Forze di Difesa israeliane, ha detto all’emittente che queste informazioni corrispondono al materiale che era in possesso dei militari sulla partita che si stava giocando alla frontiera. “In fin dei conti – ha spiegato Heller – tutti coloro che si sono avvicinati alla recinzione di confine lo hanno fatto senza dubbio sotto le direttive di Hamas. Ma loro, i capi di Hamas, non erano presenti durante le violenze di lunedì. Lunedì scorso non sono venuti al confine: avevano paura. Quelli che c’erano erano migliaia di manifestanti invasati. Qualcuno li ha infiammati e li ha spinti a scagliarsi contro i soldati al confine. Per inciso – ha aggiunto Heller – se non avessero dato l’assalto in quel modo, i nostri soldati non avrebbero fatto nulla”.

Il tenente colonello Akhsan Daksa, comandante della VII brigata corazzata, ha ribadito a Hadashot tv che ai tiratori scelti non è mai stata data carta bianca. “Nient’affatto. Esiste una procedura di autorizzazione molto precisa” ha detto Daksa. E ha aggiunto: “Ho combattuto nella seconda guerra in Libano (estate 2006) e nell’operazione anti-Hamas dell’estate 2014. Quella che ho visto all’opera, qui, è la violenza di un campo di battaglia”. Daksa, che parla arabo, racconta d’aver interloquito con alcuni manifestanti al di là della recinzione, a volte “a soli cinque metri di distanza”. E quelli gli dicevano: “Stiamo andando a Nahal Oz e negli altri villaggi, le nostre preghiere di oggi si terranno lì”. Lui diceva loro di allontanarsi dalla recinzione: “Ciò che state facendo non servirà a niente, non è questo il modo”. Ma quando i “manifestanti” sono arrivati in massa e hanno iniziato a lanciare granate e ordigni “non c’è stato altro da fare che ricorrere al fuoco dei tiratori scelti”. Ha concluso Heller: “Se la settimana scorsa non avessimo tenuto il confine, garantendo che Hamas, Jihad Islamica e simili si scontrassero con un muro di soldati in assetto da combattimento, quella folla si sarebbe riversata sulle comunità civili israeliane“. Con quali conseguenze, è facile immaginare. (Da: Times of Israel, israele.net, 19.5.18)

Le istruzioni su Facebook per le viollenze della “marcia del ritorno”

Anche se i palestinesi e molti nella comunità internazionale cercano di dipingere come “pacifiche” le proteste al confine fra Gaza e Israele, questa percezione è smentita dalle stesse fonti palestinesi. Almeno due pagine Facebook e un forum palestinesi che danno direttive ai “manifestanti” di Gaza, il 14 maggio scorso esortavano esplicitamente a rapire o assassinare israeliani e fornivano suggerimenti su come raggiungere tali obiettivi. I palestinesi venivano apertamente incoraggiati a portare armi. E’ chiaro che le Forze di Difesa israeliane  si sono trovate di fronte a masse fanatizzate, usate come ariete per tentare di sfondare il confine e offrire copertura a gruppi di terroristi organizzati. Ecco le istruzioni che si potevano leggere lo scorso 14 maggio nella pagine Facebook “La grande marcia del ritorno”:

“Giovani ribelli. Prendete sul serio e non alla leggera la richiesta di portare un coltello, un pugnale o una pistola, se ne avete una, e di tenerli sotto i vostri vestiti senza mostrarli né usarli finché non avrete identificato uno dei soldati o dei coloni. Non uccidere i civili israeliani, ma consegnali immediatamente alla resistenza, perché questa è la cosa che Israele teme, giacché sa che colui che cattura può imporre le condizioni che crede”.

Le istruzioni spiegavano inoltre come le masse di palestinesi avrebbero “collettivamente” violato la barriera di sicurezza:

“A un certo punto ci sarà un’avanzata collettiva verso la recinzione di filo spinato finché non la rimuoveremo con le nostre forti mani e i nostri corpi esposti tutti in una volta, sorretti dagli altoparlanti e dal grido delle masse Allahu Akbar (Allah è grande). Quindi non avanzate individualmente, adeguatevi all’avanzata collettiva secondo le istruzioni, perché vi saranno delle ruspe da dietro che avanzeranno per rimuovere completamente la recinzione”.

Ai palestinesi è stato anche ingiunto di non occuparsi di morti e feriti:

“Non occupatevi dei feriti o dei martiri (shahid), dato che le squadre mediche dietro di noi saranno pronte per questo. State concentrati sul campo di battaglia e agite accortamente secondo le istruzioni”.

La pagina Facebook “La grande marcia del ritorno” è stata inaugurata nel marzo 2018 e pubblica aggiornamenti ogni pochi minut,i seguiti da 6.000 follower. L’altra pagina Facebook che il 13 maggio 2018 ha pubblicato il post si chiama “Gaza Now”, ma il testo è stato successivamente rimosso da questa pagina. Le istruzioni sono state inoltre condivise il 13 maggio 2018 in un forum web palestinese denominato PALDF. (Da: PMW Bulletin, 16.5.18)

Salah Al-Bardawil, membro dell’ufficio politico di Hamas, ha affermato che, delle 62 persone rimaste uccise nei violenti scontri del 14 maggio al confine con Israele, 50 erano attivisti dell’organizzazione terroristica che controlla la striscia di Gaza. Parlando due giorni dopo i fatti su Baladna TV, che trasmette da Gaza, Al-Bardawil ha sottolineato che questa è la cifra ufficiale.

Intervistatore: “Molte persone dicono che i bambini… le sto dicendo quello che vanno dicendo alcune persone, non è che io ci creda. C’è gente che dice che i bambini muoiono e Hamas se ne giova”.
Salah Al-Bardawil: “Nell’ultimo round ci sono stati 62 martiri”.
Intervistatore: “Esatto”.
Salah Al-Bardawil: “50 di quei martiri provenivano da Hamas, e gli altri 12 erano persone normali. Dunque come si può affermare che Hamas ne trae giovamento quando ha pagato un prezzo così alto? Cosa ha guadagnato Hamas? 50 martiri”.
Intervistatore: “Questa cifra è…”
Salah Al-Bardawil: “Le sto dando una cifra ufficiale: 50 dei martiri della recente battaglia erano di Hamas. Anche prima, almeno il 50% dei martiri proveniva da Hamas, quindi cosa ci ha guadagnato Hamas?” (Da: MEMRI, 16.5.18)

Hamas ha anche tentato di incolpare Israele della morte di una bambina di 8 mesi sostenendo che era stata soffocata dai gas lacrimogeni, ma un medico di Gaza (che ha voluto mantenere l’anonimato) ha dichiarato all’Associated Press che la bambina soffriva di una grave patologia preesistente, che è stata verosimilmente la causa del suo decesso. (Da: Times of Israel, 15.5.18)

Oggi è accertato che, dei 62 morti dichiarati dai palestinesi negli scontri del 14 maggio al confine fra Gaza e Israele, 50 erano terroristi di Hamas (compresa una cellula di 8 terroristi con armi da fuoco uccisi in uno scontro coi soldati mentre cercavano di penetrare in Israele), 3 erano terroristi della Jihad Islamica, uno era una neonata deceduta per cause naturali.

Il portavoce delle Forze di Difesa israeliane ha diffuso giovedì scorso un video in cui un manifestante palestinese catturato alla recinzione di confine tra Gaza e Israele spiega come Hamas costringe i civili a partecipare alle violenze contro Israele.

“E’ Hamas che ci manda messaggi di testo e via Facebook dicendoci di andare – spiega il palestinese – e fanno appelli nelle moschee e distribuiscono volantini che ci dicono di andare alla recinzione (di confine). Controllano la striscia di Gaza, e tutto quello che succede là passa da loro. Hamas organizza queste sommosse così che la gente non si rivolti. Quelli di Hamas si dicono: anziché avere la gente che si ribella e si rivolta contro di noi, mandiamoli alla recinzione e lasciamo che si ribellino là liberamente. Quando c’è l’elettricità, i televisori sono accesi e traboccano: la grande marcia del ritorno, marcia, marcia, andate, marciate e ribellatevi. Alcuni vanno alle sommosse, altri no. Loro preparano dei bus che partono da Shuja’iyya e che aspettano anche alle moschee. Dicono alle donne di andare avanti: sei una donna, vai avanti, l’esercito (israeliano) non spara alle donne. Dicono ai bambini piccoli di andare avanti: l’esercito israeliano non spara ai bambini piccoli. Dicono al bambino: vai avanti, e lui ci va. Lo imbrogliano. Hanno creato una commissione che è responsabile della marcia e di dire alla gente di andare. La gente è logorata e stufa, e io sono uno di questi”.
Vedi il video su jnf

Parlare di “resistenza pacifica” a proposito di Hamas è “un chiaro inganno terminologico”. Lo ha detto ad Al Jazeera Mahmoud al-Zahar, uno dei co-fondatori e capi storici dell’organizzazione terrorista che controlla la striscia di Gaza.

Alla domanda su perché Hamas e Fatah non possano andare d’accordo su una piattaforma comune vista la loro dichiarata politica di resistenza pacifica, al-Zahar ha affermato: “Quando possiedi armi che sono state in grado di resistere all’occupazione nelle guerre del 2006, 2008, 2012 e 2014, quando hai armi imbracciate da uomini che sono stati capaci di impedire per 51 giorni all’esercito più forte della regione di entrare nella striscia di Gaza, e che sono stati capaci di catturare e uccidere soldati di quell’esercito, questa è davvero una resistenza pacifica? Questa non è una resistenza pacifica. L’opzione (della lotta armata) è diminuita? No. Al contrario, cresce e si sviluppa. Questo è chiaro. Quindi, quando parliamo di resistenza pacifica inganniamo il pubblico. Questa è una resistenza pacifica rafforzata da una forza militare e dalle agenzie di sicurezza, e gode di un enorme sostegno popolare. Per quanto riguarda la resistenza pacifica di Fatah, essa consiste in raduni, dimostrazioni, proteste, suppliche e richieste con lo scopo di migliorare i termini dei negoziati o di rendere possibili colloqui con il nemico israeliano. Questo imbroglio non inganna il pubblico palestinese”. (Da: MEMRI, 13.5.18)

 

“Quando abbiamo deciso di intraprendere queste marce, abbiamo deciso di trasformare quello che ci è più caro – i corpi delle nostre donne e dei bambini – in una diga che fermi  il collasso della realtà araba, una diga per impedire la corsa di molti arabi verso la normalizzazione dei rapporti con l’entità depredatrice che occupa la nostra Gerusalemme, saccheggia la nostra terra, contamina i nostri luoghi santi e opprime la nostra gente giorno e notte“. Lo ha dichiarato il capo di Hamas a Gaza Yahya Al-Sinwar in un’intervista del 16 maggio alla tv Al-Jazeera. (Da: MEMRI, 18.5.18)

Il capo del politburo di Hamas, Ismail Haniyeh, ha dichiarato venerdì, durante un discorso in una delle moschee di Gaza, che “il sangue versato durante la marcia del ritorno ha raggiunto il nostro obiettivo”. Haniyeh ha spiegato che “grazie alle proteste, il mondo ha condannato Israele e dimostrazioni sono scoppiate in tutto il mondo, anche nelle capitali occidentali”. (Da: YnetNews, 18.5.18)