L’altra risoluzione, quella passata contro il voto arabo

Ancora una volta i paesi arabi hanno mandato in scena l’odio irrazionale e preconcetto verso Israele.

Di Ron Prosor

image_3617La storia del Medio Oriente è piena di decisioni irrazionali dei capi dei paesi arabi. Più e più volte i paesi arabi hanno agito in totale contrasto con gli interessi della loro popolazione. Lo scorso 7 dicembre il mondo è stato ancora una volta testimone di questa particolare forma di “stoltezza araba”. E la speranza che la “primavera araba” portasse alla nascita di regimi più attenti ai desideri della popolazione e più sensibili al benessere dei loro cittadini si rivela infondata.
Questa volta lo spettacolo è andato in scena durante il voto alle Nazioni Unite su una risoluzione promossa e inoltrata dallo stato d’Israele, alla testa di un gruppo di circa cento paesi. Davanti agli sguardi sconcertati dei rappresentanti dei paesi dell’Unione Europea e dei paesi africani in via di sviluppo, che hanno appoggiato Israele, gli stati arabi hanno condotto una aggressiva campagna volta a silurare la risoluzione israeliana che aveva lo scopo di aiutare proprio paesi come i loro.
La storica risoluzione presentata da Israele all’Assemblea Generale individua – per la prima volta nella storia delle Nazioni Unite – la necessità di promuovere una “cultura imprenditoriale” nei paesi in via di sviluppo come catalizzatore della crescita economica, per combattere la povertà e incoraggiare lo sviluppo umano, ed esorta a creare condizioni favorevoli agli imprenditori, a rimuovere gli ostacoli burocratici che ostacolano la creazione di nuove imprese, a incoraggiare le persone di talento affinché mettano in pratica le loro idee e lancino nuove imprese, dando modo di realizzare il potenziale creativo e professionale di ogni membro della società.
Non è un caso che proprio lo stato d’Israele si sia fatto promotore di questa inedita iniziativa, che l’Onu ha adottato con una netta maggioranza di 129 a favore, 31 contrari e 9 astenuti. L’esempio israeliano è di ispirazione per molti nel mondo. In un paese nato in condizioni estremamente difficili, gli israeliani sono riusciti a creare opportunità per le persone di talento e a diventare una superpotenza globale in fatto di iniziativa imprenditoriale. Con la forza dell’iniziativa d’impresa un paese giovane, messo di fronte a innumerevoli sfide, è diventato in pochi decenni una democrazia progredita e fiorente: una vera e propria “nazione start-up”, come è stata definita in un recente libro dedicato alla storia del successo israeliano [in italiano: “Laboratorio Israele. Storia del miracolo economico israeliano”, di Dan Senor e Saul Singer, Mondadori, 2012]. L’investimento nel capitale umano è il vero messaggio che Israele porta al mondo in via di sviluppo.
Il talento esiste dappertutto, ma la capacità di individuarlo e valorizzarlo viene spesso ostacolata dai confini e dalle politiche. Ostacoli burocratici, carenza di fondi e soprattutto la mancanza di una cultura che incoraggi l’inventiva e l’originalità bloccano le forze creative e impediscono loro di dare seguito a talenti e visioni.
Nell’ambito delle Nazioni Unite sembra talvolta che il mondo intero sia contro Israele. In realtà, fuori dal radar dell’informazione Israele viene ammirato per il suo continuo contributo alle nazioni in via di sviluppo. Sono tanti coloro che apprezzano il fatto che Israele sin dai tempi di Golda Meir continua a inviare in vari paesi del mondo medici, tecnici dell’irrigazione, esperti di agricoltura in terre difficili ecc.
Mentre la maggior parte dei paesi del mondo ha appoggiato la risoluzione israeliana, gli stati arabi hanno condotto una imbarazzante campagna da sagra dell’odio contro Israele, che ha messo in luce ancora una volta come mai la povertà e l’ignoranza imperversano nel mondo arabo e com’è che la strada verso il progresso e il benessere viene bloccata dai loro decisori politici. Opponendosi alla risoluzione israeliana, gli stati arabi non hanno fatto che scavare ancora più a fondo la fossa in cui sprofondano se stessi.
Il voto dello scorso 7 dicembre ha offerto alla comunità internazionale una preziosa lezione sulla differenza che c’è fra lo spirito imprenditoriale israeliano e la miopia delle dirigenze dei paesi arabi: mentre gli israeliani guardano al futuro e si adoperano per un mondo più prospero e sviluppato elevandosi al di sopra dei conflitti e delle controversie, gli stati arabi si rifiutano di abbandonare il loro odio assoluto e irrazionale verso Israele anche a scapito delle speranze dei loro cittadini in un futuro migliore.

(Da: YnetNews, 15.12.12)

Nella foto in alto: Ron Prosor, ambasciatore d’Israele alle Nazioni Unite, autore di questo articolo

Si veda (in inglese):
MASHAV – Israel’s Agency for International Development Cooperation http://mashav.mfa.gov.il/mfm/web/main/document.asp?SubjectID=17267&MissionID=16210&LanguageID=0&StatusID=0&DocumentID=-1

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