L’America non deve arretrare di fronte alle minacce iraniane

Gli Stati Uniti non hanno avviato le ostilità e non stanno bullizzando l'Iran: stanno reagendo ad anni di imbrogli e menzogne di Teheran. L'obiettivo delle pressioni di Trump è il negoziato, non la guerra

Di Emily B. Landau

Emily B. Landau, autrice di questo articolo

I recenti sviluppi della crisi nucleare iraniana – tra cui la designazione da parte dell’amministrazione Trump delle Guardie Rivoluzionarie iraniane come organizzazione terroristica, le ulteriori sanzioni statunitensi imposte all’Iran e l’incapacità finora dell’Europa di eluderle in modo significativo – hanno portato a crescenti tensioni tra Iran e Stati Uniti. Gli effetti della forte campagna di pressione si fanno sentire acutamente in Iran, e Teheran sta disperatamente cercando di trovare un modo per respingerli. L’Iran ha minacciato di porre fine ad alcuni dei suoi impegni previsti dal Piano Comprensivo d’Azione Comune (JCPOA) e di uscire dall’accordo sul nucleare entro 60 giorni se Stati Uniti ed Europa non cedono alla sua richiesta di allentare le sanzioni. Inoltre, l’Iran formula minacce militari contro gli Stati Uniti e minaccia di chiudere lo stretto di Hormuz. Per tutta risposta, l’amministrazione Trump ha inviato verso il Golfo il gruppo d’assalto della portaerei USS Abraham Lincoln e una squadra di bombardieri. È stato anche approvato un nuovo dispiegamento di missili Patriot in Medio Oriente.

Non è la prima volta, da quando è stato concluso l’accordo JCPOA nel 2015,che l’Iran lancia minacce – come quella di aumentare le sue capacità di arricchimento dell’uranio o di chiudere lo stretto di Hormuz – sia contro l’Europa che gli Stati Uniti. È il linguaggio che l’Iran usa sempre per cercare di fare pressione e intimidire l’altra parte, sintomo di una posizione di grave difficoltà. Ma la dimostrazione di forza degli Stati Uniti indica che Washington sta prendendo sul serio lo scenario aggressivo iraniano.

Negli ultimi tempi, tra i mass-media e i più convinti sostenitori dell’accordo iraniano è invalsa la tendenza a fare riferimento solo a questi ultimi sviluppo e a rappresentare l’Iran come vittima del bullismo americano. Si afferma che, con le sue ultime sanzioni, l’amministrazione Trump non ha lasciato all’Iran altra scelta se non quella di iniziare a stoccare uranio arricchito e acqua pesante. Ma questo ragionamento ignora l’intera storia di come siamo arrivati al punto in cui ci troviamo oggi.

Manifesto contro Stati Uniti, Israele e Arabia Saudita durante una dimostrazione a Teheran

In realtà, gli eventi recenti non sono che l’ultimo capitolo della saga già in corso della battaglia contro le illecite aspirazioni nucleari iraniane, comprovate oltre ogni dubbio dagli archivi nucleari sottratti a Teheran nel 2018. L’Iran ha palesemente violato il Trattato di Non Proliferazione Nucleare lavorando a un programma per armi nucleari, e per anni ha ingannato l’AIEA.

Gli Stati Uniti non hanno avviato le ostilità. Stanno reagendo alle minacce dell’Iran e al suo comportamento aggressivo e in malafede a livello regionale. Nonostante l’accordo JCPOA abbia creato l’illusione che con l’Iran fosse necessario un dare-per-ricevere, in realtà la comunità internazionale non deve nulla all’Iran sul fronte nucleare: l’onere della prova ricade tutto e solo sull’Iran, se vuole dimostrare d’essere degno di fiducia dopo aver mentito e ingannato per anni. Ma non l’ha fatto. In effetti, l’Iran ha mantenuto un atteggiamento non collaborativo sulle ispezioni delle strutture militari, su eventuali ulteriori trattative riguardanti il suo programma missilistico e il suo profilo regionale, ed anzi si è fatto più aggressivo coi suoi interventi in tutta la regione: vedi il radicamento delle sue forze in Siria e il rafforzamento delle forniture di armi a Hezbollah come sua forza d’urto, compresi i tentativi di trasferirgli armi ad alta tecnologia.

Le questioni con cui si devono ora fare i conti sottolineano la natura problematica proprio dell’accordo JCPOA. Esse sono infatti il risultato diretto delle palesi lacune di quell’accordo con l’Iran: nel caso specifico, il fatto che l’accordo ha pericolosamente e sconsideratamente legittimato il programma d’arricchimento dell’Iran dopo aver sanzionato Teheran per anni proprio per quel programma. Così ora l’Iran insiste sul suo “diritto” di arricchire e trasferire all’estero le quantità in eccesso di uranio arricchito (per mantenersi sotto il limite dei 300 kg): trasferimento che è stato reso impossibile dalle sanzioni Usa recentemente imposte. E questo è appunto l’infelice esito dell’aver concesso uno status speciale al programma d’arricchimento iraniano.

Missili balistici Shahab 3 in uno dei tunnel sotterranei del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche, documentato nelle foto della agenzia iraniana FARS

L’obiettivo dichiarato dell’amministrazione Trump è riportare l’Iran al tavolo dei negoziati attraverso una campagna di forti pressioni. Ora che la strategia sta iniziando a dare frutti non è certo il momento di arretrare o cedere. Stati Uniti ed Europa devono essere fermi nella loro reazione, e non permettere all’Iran di tenerli in ostaggio del suo ultimatum o di dettare i termini alla comunità internazionale. La prima reazione europea alle misure nucleari minacciate dell’Iran è corretta: non si deve consentire all’Iran di inserire un cuneo tra Stati Uniti ed Europa, la nota tattica “divide et impera” che l’Iran ha adottato dal 2003. E le risolute contro-minacce dell’amministrazione Trump, a cominciare dalla dimostrazione di forza militare nel Golfo, sono necessarie per dissuadere l’Iran da ogni velleità di reazione armata.

Lo scenario di un eventuale confronto militare, benché attualmente occupi la scena, è in realtà uno aspetto secondario rispetto alla dinamica centrale, che si concentra sulle attività nucleari, missilistiche e regionali dell’Iran. Né l’Iran né gli Stati Uniti hanno interesse a fare la guerra. Se dovesse verificarsi una escalation verso attacchi militari a causa di calcoli errati, essa prenderebbe il sopravvento su tutti gli altri problemi. Ma fino a quel momento correre a spegnere le fiamme di una ipotetica guerra imminente – da parte di mass-media e analisti – è un messaggio decisamente sbagliato. In fin dei conti, le minacce dell’Iran sono solo il disperato tentativo di far arretrare Stati Uniti ed Europa, mentre le minacce degli Stati Uniti e i loro preparativi militari servono a dissuadere l’Iran da ogni idea bellicosa, non a provocare conflitti.

Attualmente Israele non fa parte di questa dinamica, anche se eventuali calcoli sbagliati che sfociassero in uno scontro militare potrebbero avere gravi implicazioni.

Collocare le minacce nel loro giusto contesto è importante. Significa sottolineare che l’obiettivo è la riapertura dei negoziati, e che la guerra non interessa a nessuno.

(Da: Haaretz, 12.5.19)