L’antisemitismo del quarto tipo

Forse lEuropa inizia a mettere a fuoco le caratteristiche dellodio anti-ebraico dei nostri giorni

Da un articolo di Amnon Rubinstein

image_737Essere contro Israele è lo stesso che essere contro gli ebrei? Eterna questione, che merita una risposta aggiornata.
Sì, rispondono coloro che difendono ogni singola azione dello stato degli ebrei. Personalmente non la penso così. In realtà si può, anzi si deve poter criticare Israele senza odiare gli ebrei. A mio parere, ad esempio, la politica d’Israele post-67 volta a creare insediamenti nei territori occupati viola il diritto internazionale e il principio di eguaglianza. Per cui non può che essere legittimamente criticata.
Certo, esiste una zona di sovrapposizione tra anti-israelismo e anti-ebraismo. Ad esempio, uno dei siti web che appoggiavano il boicottaggio dei docenti universitari inglesi contro università israeliane esibiva link a siti esplicitamente antisemiti. In effetti, la pressa procedura che ha portato al boicottaggio (ora revocato) è apparsa frutto dell’opera di alcuni veri e propri “skinheads dell’accademia”. Analogamente, un attivista filo-palestinese all’università di Londra – per inciso, un musicista israeliano – ha difeso l’incendio doloso di sinagoghe come “gesti razionali” che esprimono opposizione alla politica d’Israele.
Come si devono classificare questi sproloqui? Sono manifestazioni di estremismo di sinistra o di neo-nazismo? Una versione particolarmente estrema del pensiero di Noam Chomsky o una versione un po’ meno estrema del pensiero di Julius Streicher?
Ma tutto sommato, la precisa correlazione fra anti-israelismo e anti-ebraismo vecchia maniera è di importanza relativa. Giacché, in effetti, la situazione degli ebrei in occidente non è mai stata buona come oggi. Un ebreo britannico guida (ancora) il partito conservatore. Vi sono ebrei ai massimi livelli delle società europee. Sì, in Europa si registrano virulenti atti di violenza, ma tendono a essere per lo più opera di giovani arabi e musulmani. È sicuramente vero che persistono sacche di odio vecchio stile. […] Ma nessuno di questi incidenti spiega l’isteria anti-israeliana che acquista sempre più vigore nei circoli liberali, e proprio mentre sta per essere attuato il piano del primo ministro israeliano Ariel Sharon per il ritiro dalla striscia di Gaza e parte della Cisgiordania settentrionale. In realtà ci troviamo di fronte, qui, non all’opposizione a questa o quella politica israeliana, né alla giudeo-fobia vecchio stile, bensì a una integrale negazione dell’esistenza del popolo ebraico in quanto tale e del suo diritto all’autodeterminazione. È questo il sentimento che ha infettato alcuni ambienti “liberal” che non potrebbero peraltro essere accusati di tradizionale odio anti-ebraico.
In linea generale l’antisemitismo può essere suddiviso in tre stadi, seguendo lo schema di Emile Fackenhein. Stadio Uno. “Non avete diritto di vivere fra noi come ebrei”: è la posizione che si traduceva nelle conversioni forzare. Stato Due. “Non avete diritto di vivere fra noi”: è la pozione che si traduceva nelle espulsioni di massa. Stadio Tre. “Non avete diritto di vivere”: è la posizione che si traduce nell’antisemitismo “biologico” omicida del genere di quello culminato nella Shoà. Lo stesso propugnato di recente da trasmissioni televisive come il serial egiziano “Cavallo senza cavaliere”.
Ma oggi stiamo arrivando allo Stadio Quattro: “Non avete diritto di vivere in un vostro stato”. Questa posizione è assai diffusa fra gli occidentali di sinistra e “liberal”. Coloro che ricadono in questa categoria non sono certo antisemiti in senso classico. Tuttavia questo quarto stadio si nutre anche di un attitudine irrazionale verso tutto quanto è ebraico.
Perché gli ebrei non dovrebbero avere titolo a una loro sede nazionale? Perché dovrebbe essere ripudiato il giudizio sia della Società delle Nazioni sia delle Nazioni Unite favorevole a uno stato per gli ebrei in Palestina? Quale principio universale giustificherebbe questo “trattamento speciale” per gli ebrei?
Per fortuna si viene in soccorso proprio l’Unione Europea. Essa, infatti, ha fissato criteri inequivocabili per valutare la presenza di quello che abbiamo chiamato il quarto stadio dell’antisemitismo. La commissione UE per il monitoraggio di razzismo e antisemitismo ha formulato la propria definizione di odio anti-ebraico, che comprende: negare agli ebrei il diritto all’autodeterminazione sostenendo che l’esistenza di Israele sarebbe “razzista” in quanto tale; applicare due pesi e due misure a Israele, pretendendo da Israele standard di comportamento che non si pretendono da nessun’altra nazione democratica; identificare le politiche di Israele con quelle dei nazisti; reputare tutto l’ebraismo collettivamente responsabile per le azioni di Israele.
È una definizione importante e coraggiosa, che sfida le posizioni anche di molti accademici cosiddetti post-sionisti. Un tribunale di Versailles è andato persino oltre condannando, con una sentenza eccezionale, il quotidiano Le Monde per aver pubblicato nel 2002 un servizio intitolato “Israele-Palestina: il cancro”, nel quale gli ebrei venivano descritti come “un popolo sprezzante” e si faceva un’implicita identificazione fra Israele e Germania nazista. Sembra quasi che Unione Europea e tribunali francesi stiano iniziando a mettere a fuoco in modo appropriato l’odio anti-ebraico del quarto tipo, quello odierno. Se è così, è una buona notizia.

(Da: Jerusalem Post, 7.06.05)

Vedi anche:

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