Lapid all’Onu: Due stati per due popoli a condizione che lo stato palestinese non diventi una base terrorista come Gaza

Israele è per la democrazia, lo sviluppo e la pace, ma non resterà inerte di fronte a minacce come l’atomica in mano a un regime assassino che si regge sull’odio, e i milioni investiti in campagne di menzogne per calunniare lo stato ebraico

Di Yair Lapid

Testo e video integrale del discorso tenuto dal primo ministro israeliano Yair Lapid all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 22 settembre 2022.


Nel novembre 1947 questa Assemblea Generale si riunì e decise la creazione di uno stato ebraico. A quell’epoca in Israele vivevano solo poche centinaia di migliaia di ebrei, circondati dall’ostilità, sconvolti e devastati dopo la Shoà in cui erano stati assassinati sei milioni della nostra gente. Settantacinque anni dopo, Israele è una forte democrazia liberale. Fiera e prospera: la nazione start-up che ha inventato Waze e Iron Dome [Cupola di ferro], medicinali per l’Alzheimer e il Parkinson e un robot in grado di eseguire interventi chirurgici alla colonna vertebrale; leader mondiale nelle tecnologie idriche e alimentari, nella difesa informatica e nelle energie rinnovabili; con 13 premi Nobel per la letteratura, la chimica, l’economia, la pace.

Come è potuto accadere? È accaduto perché abbiamo deciso di non essere vittime. Abbiamo scelto di non fermarci al dolore del passato, ma piuttosto concentrarci sulla speranza del futuro. Abbiamo scelto di investire le nostre energie nella costruzione di una nazione, nella costruzione di una società felice, ottimista e creativa. Non abbiamo solo raggiunto la Terra Promessa: stiamo costruendo la Terra Promessa.

La storia è determinata dalle persone. Dobbiamo capire la storia, rispettarla e imparare da essa. Ma anche essere disposti e capaci di cambiarla. Di scegliere il futuro rispetto al passato, la pace rispetto alla guerra, la collaborazione rispetto alla chiusura e all’isolamento.

Yair Lapid durante il suo discorso di giovedì all’Assemblea Generale dell’Onu

Pochi mesi fa abbiamo convocato lo storico summit del Negev. Ci siamo seduti a cena, non lontano dalla tomba di David Ben Gurion, il padre fondatore dello stato d’Israele. Eravamo in sei: il Segretario di stato degli Stati Uniti, i ministri degli esteri di Egitto, Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Marocco e Israele. Una cena che solo due anni fa nessuno avrebbe creduto possibile. Poi si è aperta la porta, qualcuno è entrato e ha detto: “Mi dispiace disturbarvi, ma c’è stato un attentato terroristico non lontano da Tel Aviv. Due israeliani sono stati assassinati”. In un attimo abbiamo capito tutti che l’obiettivo dell’attacco era distruggere il summit, seminare rabbia fra di noi, farci litigare e spezzare questa nuova collaborazione tra noi. Ho detto ai ministri degli esteri: “Dobbiamo condannare questo attacco terroristico, in questo momento, insieme. Dobbiamo mostrare al mondo che il terrorismo non trionferà”. Nella stanza è sceso il silenzio. Poi uno dei ministri degli esteri arabi ha detto: “Noi siamo sempre contro il terrorismo, ecco perché siamo qui”. E cinque minuti dopo abbiamo rilasciato una dichiarazione congiunta, noi sei, che condanna l’attentato e santifica la vita, la cooperazione e la nostra convinzione che c’è una strada diversa. Il summit è andato avanti. Sono stati firmati accordi. Sono stati formati gruppi di lavoro per affrontare questioni di tecnologia, sicurezza alimentare, energia, acqua, istruzione e infrastrutture. Questi gruppi di lavoro stanno cambiando il volto del Medio Oriente in questo preciso momento mentre stiamo parlando.

La gente del Medio Oriente, la gente del mondo intero, dovrebbe guardarsi intorno e chiedersi: chi sta andando meglio? Chi ha scelto la via della pace o chi ha scelto la via della guerra? Chi ha scelto di investire nella propria gente e nel proprio paese o chi ha scelto di investire nella distruzione degli altri? Chi crede nell’istruzione, nella tolleranza e nella tecnologia o chi crede nel fanatismo e nella violenza?

Ogni volta che incontro qualcuno che critica Israele, ho sempre la stessa risposta: venite a trovarci. Venite a conoscere il vero Israele. Ve ne innamorerete. Un paese che combina innovazioni da lasciare senza fiato con un profondo senso della storia. Persone fantastiche, ottimo cibo, grande spirito. Una vibrante democrazia. Un paese in cui ebrei, musulmani e cristiani convivono con piena uguaglianza di diritti civili. Nel governo che presiedo vi sono ministri arabi. C’è un partito arabo come membro della nostra coalizione. Abbiamo giudici arabi nella nostra Corte Suprema. Medici arabi salvano vite nei nostri ospedali. Gli arabi israeliani non sono nostri nemici, sono nostri partner nella vita. Venite a trovarci e scoprirete che Israele è un incredibile mosaico culturale. Dalle bianche montagne innevate del Golan alla sabbia bianca del deserto del Negev; da Tel Aviv, la capitale dell’high-tech, una festa non-stop sul Mar Mediterraneo, a Gerusalemme, la nostra capitale eterna, la città santa per tre religioni nelle cui belle strade il passato incontra il futuro ogni singolo giorno.

La fake news contro Israele citata da Yair Lapid all’Onu (clicca per ingrandire)

Vi sono però due grandi minacce che incombono sulla testa del nostro meraviglioso paese. E che incombono pure sulle vostre teste, anche se potete cercare di negarle. La prima è la minaccia nucleare. La paura che stati terroristi e organizzazioni terroristiche mettano le mani sulle armi nucleari.

La seconda minaccia è la morte della verità. Le nostre democrazie vengono lentamente avvelenate da menzogne e fake news [notizie false]. Politici senza scrupoli, stati totalitari e organizzazioni estremiste stanno minando la nostra percezione della realtà. Si dovrebbe sapere che non c’è paese al mondo che debba fare i conti con questo fenomeno più di Israele. Non c’è paese che sia stato oggetto di un attacco di menzogne più grande, con una così enorme quantità di denaro ed energie investita nel diffondere disinformazione su di esso. Lo scorso maggio è stata pubblicata in tutto il mondo la foto di Malak al-Tanani, una bambina palestinese di tre anni, con la terribile notizia che era stata uccisa con i suoi genitori in un attacco dell’aviazione israeliana. Era un’immagine straziante, ma Malak Al Tanani non esiste. La foto è stata presa da Instagram: è di una bambina russa. Potrei fornirvi migliaia di altri esempi simili di fake news su Israele. Il movimento anti-israeliano diffonde da anni queste menzogne: nei mass-media, nei campus universitari, sui social network. La domanda non è perché lo fanno, ma perché siete disposti a prestare ascolto. Perché date ascolto a persone che hanno investito miliardi di dollari nel distorcere la verità? Perché vi schierate con gli estremisti islamici che impiccano i gay alle gru, opprimono le donne e sparano razzi contro i civili dagli asili e dagli ospedali?

Io non sono un ospite, in questa sala. Israele è una fiera nazione sovrana, membro delle Nazioni Unite a pieno titolo. Non rimarremo zitti quando coloro che vogliono farci del male useranno proprio questo pulpito per diffondere menzogne su di noi. Antisemitismo è la disponibilità a credere il peggio sugli ebrei senza porsi domande. Antisemitismo è giudicare Israele secondo uno standard diverso rispetto a qualsiasi altro paese.

Chi dirige questa orchestra dell’odio è l’Iran. Da più di quarant’anni, nelle piazze e per le strade dell’Iran, vengono fotografati manifestanti che bruciano bandiere israeliane e americane. Chiedetevi: da dove vengono quelle bandiere? Come fanno ad avere così tante bandiere nostre? La risposta è: le fabbricano apposta: solo per poterle bruciare. Ecco come si presenta un’industria dell’odio. Quello è un regime che si dedica sistematicamente all’odio. Odiano persino la loro gente. Giovani iraniani stanno soffrendo e lottando contro le catene del regime iraniano, e il mondo tace. Chiedono aiuto sui social network. Pagano con la vita il loro desiderio di vivere una vita libera.

Il regime iraniano odia gli ebrei, odia le donne, odia i gay, odia l’Occidente. Odiano e uccidono i musulmani che la pensano diversamente da loro, come Salman Rushdie e Mahsa Amini. Per loro l’odio è uno stile di vita. È un modo per preservare il dominio dispotico. C’è solo uno stato membro dell’Onu che dichiara apertamente la propria volontà di distruggere un altro stato membro: l’Iran ha più e più volte dichiarato di ambire alla “totale distruzione” dello stato d’Israele. E questa sala tace. Di che cosa avete paura? C’è mai stato un momento nella storia umana in cui il silenzio ha fermato la violenza? Il paese che vuole distruggerci è anche il paese che ha fondato la più grande organizzazione terroristica del mondo, Hezbollah. L’Iran finanzia Hamas e la Jihad Islamica ed è dietro ad attentati terroristici di massa, dalla Bulgaria a Buenos Aires. È una dittatura assassina che sta facendo ogni sforzo per ottenere un’arma nucleare. Se il regime iraniano otterrà un’arma nucleare, la userà. L’unico modo per impedire all’Iran di ottenere un’arma nucleare è mettere sul tavolo una credibile minaccia militare. E poi, solo allora, negoziare con loro un accordo più duraturo e più forte. Deve essere messo in chiaro con l’Iran che se va avanti con il suo programma nucleare, il mondo non risponderà a parole, ma con la forza militare. Ogni volta che una minaccia del genere è stata messa sul tavolo in passato, l’Iran si è fermato e si è ritirato. Oggi, il mondo sta scegliendo l’opzione comoda. Sceglie di non credere allo scenario peggiore, nonostante tutte le prove in senso contrario. Israele non può permettersi questo privilegio.

Civili israeliani sotto i lanci di razzi da Gaza

Questa volta non siamo a mani vuote contro coloro che vogliono distruggerci. Gli ebrei oggi hanno uno stato. Abbiamo un esercito. Abbiamo grandi amici, in primis gli Stati Uniti. Abbiamo capacità e non abbiamo paura di usarle. Faremo tutto ciò che è necessario: l’Iran non otterrà un’arma nucleare. Non staremo a guardare mentre ci sono quelli che cercano di ucciderci. Non di nuovo. Mai più.

La forza economica e militare di Israele ci permette di difenderci, ma ci permette anche qualcos’altro: di batterci per la pace con l’intero mondo arabo. E con i nostri vicini più prossimi: i palestinesi. Un accordo con i palestinesi, basato su due stati per due popoli, è la cosa giusta per la sicurezza di Israele, per l’economia d’Israele e per il futuro dei nostri figli. La pace non è un compromesso: è la decisione più coraggiosa che si può prendere. La pace non è debolezza: incorpora al suo interno l’intera potenza dello spirito umano. La guerra è arrendersi a tutto ciò che c’è di male dentro di noi. La pace è la vittoria di tutto ciò che è bene. Nonostante tutti gli ostacoli, ancora oggi una grande maggioranza degli israeliani sostiene la visione di questa soluzione a due stati. Io sono uno di loro.

Poniamo solo una condizione: che un futuro stato palestinese sia pacifico. Che non diventi un’altra base terroristica da cui minacciare il benessere e l’esistenza stessa di Israele. Che avremo la possibilità di proteggere la sicurezza di tutti i cittadini d’Israele, in ogni momento. Se qualcuno crede che sia una richiesta eccessiva, allora che guardi il quartiere in cui viviamo: guardi il Libano, uno stato al collasso controllato da Hezbollah; la Siria, dove un regime omicida ha massacrato mezzo milione della propria stessa gente; guardi l’Afghanistan, la Libia, l’Iran. Potete chiederci di vivere secondo i valori della Carta delle Nazioni Unite. Ma non potete chiederci di morire per essi.

Mio padre era bambino nel ghetto [di Budapest], mio nonno è stato assassinato in un campo di concentramento. Noi vogliamo vivere in pace, ma solo se ci dà sicurezza, non se siamo minacciati ancora di più. Guardate Gaza. Israele ha fatto tutto ciò che il mondo ci chiedeva, anche da questa tribuna. Ce ne siamo andati. Diciassette anni fa abbiamo smantellato gli insediamenti, smontato le nostre basi militari. Non c’è un solo soldato israeliano a Gaza. Abbiamo anche lasciato loro 3.000 serre in modo che potessero iniziare a costruire un’economia per se stessi. Cosa hanno fatto per tutta risposta? In meno di un anno Hamas, un’organizzazione terroristica assassina, ha preso il potere. Hanno distrutto le serre e le hanno sostituite con campi di addestramento per terroristi e siti per il lancio di razzi. Da quando abbiamo lasciato Gaza, più di 20.000 razzi e missili sono stati lanciati contro Israele. Tutti contro i civili. Tutti contro i nostri figli.

Soldatesse israeliane a Yad VaShem, il memoriale della Shoà a Gerusalemme. Lapid: “Il popolo ebraico ha appreso le lezioni del passato”

Ho una figlia con bisogni speciali. Il suo nome è Yaeli. E’ autistica. Non parla. A maggio dell’anno scorso ho dovuto svegliarla alle 3 del mattino e correre con lei nel rifugio antiaereo, perché i missili stavano esplodendo sopra la nostra casa. Tutti coloro che predicano l’importanza della pace, sono invitati a provare a correre in un rifugio antiaereo alle 3 del mattino con una bambina che non parla. A spiegarle, senza parole, perché c’è chi vuole ucciderla.

In questa sala ci è stato chiesto più di una volta perché non eliminiamo le restrizioni su Gaza. Siamo pronti a farlo: domani mattina. Siamo pronti a fare di più. Dico da qui al popolo di Gaza che siamo pronti ad aiutarli a costruire una vita migliore, a costruire un’economia. Abbiamo presentato un piano globale per aiutare a ricostruire Gaza. Poniamo solo una condizione: smettete di sparare razzi e missili sui nostri figli. Abbassate le armi, e non ci saranno restrizioni. Abbassate le armi, fate venire a casa i nostri figli tenuti in ostaggio: Hadar e Oron, la loro memoria sia di benedizione; Avera e Hisham, che sono ancora vivi. E insieme costruiremo la vostra economia. Possiamo costruire insieme il vostro futuro, sia a Gaza che in Cisgiordania. Abbassate le armi e dimostrate che Hamas e Jihad Islamica non prenderanno il controllo dello stato palestinese che volete creare. Abbassate le armi e ci sarà la pace. Questo è il minimo che devo a mio nonno, a mio padre e a mia figlia.

Il popolo ebraico ha appreso le lezioni del passato. La nostra sicurezza è garantita dalla nostra forza militare, dalla nostra ingegnosità economica, dalla nostra resilienza democratica. Israele vuole la pace con i vicini. Tutti i nostri vicini. Non andremo da nessun altra parte. Il Medio Oriente è la nostra casa. Siamo qui per restare. Per sempre.

E chiediamo a ogni paese musulmano, dall’Arabia Saudita all’Indonesia, di riconoscere questo e di venire a parlare con noi. La nostra mano è tesa in pace. I conflitti non scompaiono da soli. L’ostilità non scompare da sola. Le persone creano conflitti; le persone possono anche sostituirli con l’amicizia, la benevolenza, il bene comune.

L’onere della prova non tocca a noi. Abbiamo già dimostrato il nostro desiderio di pace. Il nostro trattato di pace con l’Egitto è pienamente attuato da 43 anni. Il nostro trattato di pace con la Giordania da 28 anni. Siamo un paese che mantiene parola data, che rispetta gli accordi. Abbiamo dimostrato il nostro desiderio di pace attraverso gli Accordi di Abramo, il summit del Negev e gli accordi che abbiamo firmato con il mondo arabo.

Nel libro dei Numeri c’è un versetto che ogni ebreo conosce bene: “Che il Signore rivolga il suo volto verso di te e ti conceda la pace”. Lo stato di Israele è l’unico paese al mondo fondato da un libro. Il libro dei libri: il Tanach [la Bibbia]. Quel libro e i principi della democrazia liberale ci impongono di tendere la mano in pace. La nostra storia ci impone di tenere gli occhi aperti ed essere molto attenti. È così che abbiamo fatto la pace in passato. È così che faremo la pace in futuro.

(Da: Times of Israel, 22.9.22)