L’Autorità Palestinese cerca di accusare Israele per l’aumento di contagi

Per il governo di Abu Mazen la crisi da coronavirus è solo un'altra scusa per promuovere l'odio verso Israele

Maurice Hirsch, direttore strategie legali di Palestinian Media Watch

L’Autorità Palestinese accusa Israele di diffondere deliberatamente il coronavirus nei territori palestinesi. Nelle scorse settimane, eminenti politici palestinesi hanno cercato di attribuire esplicitamente a Israele la colpa di un aumento del numero di contagi fra la popolazione palestinese, pur ammettendo  a denti stretti che anche grandi assembramenti di palestinesi potrebbero aver avuto un effetto.

Il 17 luglio, il quotidiano ufficiale dell’Autorità Palestinese al-Hayat al-Jadida citava Qadura Fares, presidente dell’Associazione Prigionieri finanziata dall’Autorità Palestinese, secondo il quale “Israele cerca di diffondere il coronavirus attraverso l’irruzione nelle case dei palestinesi di soldati probabilmente malati e mescolandoli a civili e prigionieri”. La dichiarazione di Qadura Fares fa seguito a un precedente servizio di al-Hayat al-Jadida secondo cui il primo ministro dell’Autorità Palestinese, Muhammad Shtayyeh, aveva incolpato i soldati israeliani ai valichi di frontiera per la diffusione del coronavirus in Cisgiordania. “La ragione principale della grave tendenza all’aumento del coronavirus – ha dichiarato Shtayyeh – è il fatto che alle forze di sicurezza palestinesi viene impedito di adempiere il loro compito di supervisionare il movimento ai valichi. Il fatto che non controlliamo i valichi e le frontiere, oltre alle misure dell’occupazione, è la ragione principale dell’aumento del numero di persone contagiate dal coronavirus”.

In realtà, a differenza di quanto sostenuto da Shtayyeh,  l’Autorità Palestinese non ha mai avuto il compito di supervisionare le linee d’armistizio 1949-67 (che non sono mai state un “confine” fra stati), e dunque non è vero che tale supervisione le “vene impedita” da Israele. Ad ogni modo, lo stesso Shtayyeh ha poi aggiunto: “L’82% dei contagi [palestinesi] da coronavirus è nel contatto tra i civili, in particolare nei matrimoni e funerali, e il 18% sono lavoratori”.

Le operazioni di scarico dell’aeroporto Ben Gurion degli aiuti anti-coronavirus mandati da Emirati Arabi Uniti e rifiutati dall’Autorità Palestinese

Le statistiche del Coordinatore per le attività governative israeliane nei Territori mostrano che nel giugno 2020 vi sono stati oltre un milione di attraversamenti da parte di palestinesi verso Israele (all’interno delle linee del 1949-67), la maggior parte dei quali per motivi di lavoro e salute. “Se l’Autorità Palestinese fosse davvero convinta che la crescita di contagi è dovuta al contatto dei palestinesi con gli israeliani – ha scritto Maurice Hirsch, direttore strategie legali di Palestinian Media Watch, in un rapporto pubblicato sul sito dell’organizzazione – sicuramente avrebbe proibito ai palestinesi di attraversare la ex linea armistiziale, cosa che avrebbe potuto fare in qualsiasi momento”.

Di più. La stessa Autorità Palestinese impedisce l’arrivo di forniture di aiuti esteri. Come ha scritto il 16 luglio Al-Hayat Al-Jadida, “ci sono 50.000 tamponi in Giordania e altri 100.000 nell’aeroporto di Lod [Ben Gurion] che il Ministero della sanità palestinese non è riuscito a far arrivare per via della cessazione del coordinamento con Israele” (decretata dall’Autorità Palestinese). A maggio, l’Autorità Palestinese ha rifiutato aiuti donati dagli Emirati Arabi Uniti per un totale di circa 16 tonnellate di forniture mediche, dispositivi di protezione individuale e ventilatori, essenzialmente a causa del fatto che l’aereo che trasportava il carico è atterrato all’aeroporto israeliano Ben Gurion. Diversi esponenti e attivisti politici dell’Autorità Palestinese hanno accusato gli Emirati Arabi Uniti di “promuovere la normalizzazione” con Israele per il fatto d’aver permesso all’aereo di atterrare in quell’aeroporto. A giugno, l’Autorità Palestinese ha rifiutato per lo stesso motivo un’altra fornitura di aiuti inviata dagli Emirati Arabi Uniti attraverso Israele.

E’ dall’inizio della pandemia covid-19 che l’Autorità Palestinese cerca di ribaltare la realtà – osserva Maurice Hirsch – L’Autorità Palestinese ha ripetutamente incolpato Israele per la diffusione del coronavirus senza mai informare la sua popolazione che Israele ha fornito centinaia di tonnellate di attrezzature e ha garantito formazione medica continua al personale palestinese per prevenire la diffusione del virus. Una cosa è chiara: per l’Autorità Palestinese, la crisi del coronavirus è solo un’altra scusa per alimentare l’odio verso Israele, anche a scapito della lotta internazionale contro il virus”.

L’Autorità Palestinese si è persino vantata d’aver fatto cancellare una conferenza internazionale che si sarebbe tenuta in Israele e che sarebbe servita per coordinare la lotta al coronavirus. Ha scritto al-Hayat Al-Jadida il 2 luglio:

“Grazie agli sforzi dell’Ufficio di Presidenza e del Ministero degli esteri [dell’Autorità Palestinese], la diplomazia palestinese è riuscita a contrastare la convocazione di una conferenza internazionale dell’organizzazione CICA (Conference on Interaction and Confidence-Building Measures in Asia) nello stato d’occupazione israeliano. In una dichiarazione diffusa mercoledì [1 luglio 2020], il Ministero degli esteri ha confermato che la conferenza avrebbe dovuto tenersi il 15 luglio [2020] a Tel Aviv con la partecipazione di 27 stati membri della CICA per discutere di salute pubblica e lotta al coronavirus. Ma il Segretariato generale della CICA in Kazakistan ha deciso di annullare la conferenza grazie agli sforzi compiuti dallo schieramento diplomatico palestinese per cancellarla”.

Commenta Maurice Hirsch: “Per l’Autorità Palestinese, anche la lotta internazionale contro una pandemia che ha causato la morte di centinaia di migliaia di persone è solo uno strumento politico per promuovere l’obiettivo di diffamare Israele”.

(Da: palwatch, Jerusalem Post, 21-23.7.20)