Le altre elezioni palestinesi

Vi sono due altri appuntamenti politici palestinesi nel 2005 che non vengono abbastanza considerati.

di Daoud Kuttab

image_473La (ri)candidatura di Marwan Barghouti per la presidenza dell’Autorità Palestinese ha bloccato l’ingranaggio di quello che orami veniva generalmente considerato un processo di successione relativamente morbido. Ma il voltafaccia all’ultimo minuto di Barghouti influirà poco sul risultato finale delle elezioni. Per molti osservatori palestinesi, le elezioni del 9 gennaio non sono poi così importanti. Vi sono due altri appuntamenti politici nel 2005 che non vengono abbastanza considerati: le elezioni, in maggio, per il Consiglio Legislativo (parlamento) palestinese e, in agosto, le votazioni per l’Assemblea Generale del movimento Fatah.
Mentre si dà generalmente per scontato che Mahmoud Abbas (Abu Mazen) vincerà le elezioni presidenziali nonostante la candidatura di Barghouti, il mistero regna su quali saranno le persone o i gruppi che emergeranno vincenti nelle altre due contese.
La maggior parte dei palestinesi già da qualche tempo riteneva che il rinnovo del Consiglio Legislativo (e della Presidenza) fosse in grande ritardo, ma la decisione di fissare finalmente la data per nuove elezioni è stata in gran parte frutto delle pressioni da parte dei movimenti islamisti. Hamas, entusiasta fautrice dell’idea di elezioni amministrative, spiega invece la sua opposizione alle elezioni presidenziali con il fatto che l’attuale parlamento, eletto nel 1996, voterebbe la fiducia a chiunque venisse eletto come nuovo presidente dell’Autorità Palestinese. Dopo sconfessione di Hamas alle elezioni studentesche dell’università Al-Najah, il movimento islamico non ha fretta di avanzare un candidato che potrebbe essere sconfitto alle elezioni per la presidenza. Ma valuta, correttamente, che il nuovo presidente non avrà il potere di imprimere significativi cambiamenti se il parlamento non sarà disposto a cooperare con lui.
In realtà, Abu Mazen non ha veramente bisogno di vincere le imminenti elezioni presidenziali per controllare abbastanza potere nei prossimi anni. Dopo tutto, l’attuale primo ministro Ahmed Qurei (Abu Ala), che è riuscito a strappare poteri economici a Yasser Arafat, ora che è a capo del Consiglio di Sicurezza Nazionale controlla anche le forze di sicurezza. E Abu Mazen, l’uomo che ha firmato tutti gli accordi con Israele a nome dell’Olp, in quanto presidente del comitato esecutivo dell’Olp sarà direttamente incaricato di ogni futuro colloquio con gli israeliani. Pertanto il movimento Fatah, vuoi attraverso il Consiglio Legislativo che è sotto il suo controllo, vuoi attraverso il governo di cui è alla guida, vuoi attraverso l’Olp, di cui è la fazione più importante, continuerà a gestire il vero potere. Ciò significa che l’Assemblea Generale di Fatah, fissata per il prossimo agosto, rappresenterà il vero punto di svolta per il movimento e per la politica palestinese.
La decisione di indire questa sesta Assemblea Generale (massimo organo del movimento Fatah) è stata tutt’altro che semplice. L’ultima volta si tenne nel 1988, al di fuori del territorio palestinese, e la maggior parte dei membri del Comitato Centrale non muoiono dalla voglia di vedere contesi dalle giovani leve palestinesi residenti nei territori i loro posti in questo importante organismo dirigente. In effetti, la iniziale candidatura di Barghouti era stata soprattutto una mossa tattica per costringere il suo stesso movimento a fissare una data per il rinnovo dell’Assemblea Generale. Si è poi saputo che la maggior parte dei membri del Comitato Centrale di Fatah non era favorevole alla convocazione dell’Assemblea, e che è stato Abu Mazen – a quanto si dice – a prendere la decisione che, fra l’altro, ha spinto inizialmente Barghouti a ritirarsi. La successiva decisione di Barghouti di correre comunque come indipendente viene di nuovo spiegata come un tentativo di obbligare la vecchia guardia ad avere più rispetto per i giovani capi di Fatah. Naturalmente alcuni in Fatah avrebbero preferito che l’Assemblea Generale venisse convocata prima delle elezioni per il Consiglio Legislativo. La decisione di indire prima le elezioni “parlamentari” e poi convocare l’Assemblea favorirà quei giovani attivisti di Fatah che godono di sostegno nel generale pubblico palestinese e che non dipendono solamente dai quadri del loro movimento. Vero è, comunque, che all’Assemblea di Fatah prenderanno parte anche coloro che stanno fuori dai territori, e non è nemmeno chiaro se la riunione si terrà dentro o fuori dal territorio palestinese.
Ciò che il movimento Fatah dovrà determinare non è tanto un gruppo di nuovi leader, quanto piuttosto l’approccio strategico generale. Una decisione cruciale che Fatah dovrà prendere è se trasformarsi o meno in un partito politico. Arafat si era sempre risolutamente opposto a tale prospettiva, insistendo che il suo movimento rappresentava ogni genere di politica dedicata alla liberazione della Palestina: solo dopo la “liberazione”, diceva, si sarebbe potuta attuare l’idea di diventare un partito con un suo specifico colore ideologico.

(Daoud Kuttab, direttore Institute of Modern Media, Università Al Quds, Ramallah, su Jerusalem Post, 5.12.04)

Nella foto in alto: Daoud Kuttab, autore di questo articolo