Le forze armate israeliane non si aspettano grandi cambiamenti

Il terrorismo continuerà, orchestrato soprattutto dallesterno, creando difficoltà al governo Abu Mazen.

image_525Le Forze di Difesa israeliane si aspettano un processo “lungo e difficile” prima che si stabilizzi definitivamente la nuova dirigenza nell’Autorità Palestinese. Il terrorismo palestinese continuerà, orchestrato soprattutto dall’esterno, e ciò metterà in difficoltà il nuovo governo del presidente palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) mentre sarà impegnato a “riorganizzarsi”.
Secondo la valutazione della Difesa israeliana, le persone che erano state nominate da Yasser Arafat resteranno per lo più al loro posto. Ciò dovrebbe valere anche per Salaam Fayad, il ministro delle finanze palestinese che gode di un certo credito in occidente. Le Forze di Difesa si aspettano inoltre che “l’uomo forte” di Gaza Muhammad Dahlan si unisca ai ranghi di Abu Mazen come fece nel 2003.
La relativa calma che Abu Mazen è riuscito a ottenere guadagnandosi l’appoggio di Fatah-Tanzim, dopo varie manovre per incassare il sostegno del rivale detenuto Marwan Barghouti, è assai fragile e potrebbe rapidamente conflagrare se i membri di Fatah-Tanzim avranno la sensazione di non essere ricompensati come si aspettano. La delusione li spingerebbe a tornare al terrorismo come strumento per mostrare i muscoli.
Le Forze di Difesa israeliane suggeriscono di offrire alla nuova Autorità Palestinese una chance di assumersi la responsabilità del controllo su territorio e città, chiedendo al contempo che essa si adoperi per far rispettare la regola “una sola legge, un solo esercito”. Si chiede anche lo smantellamento e il disarmo dei gruppi terroristi, ma si tratta più di un auspicio che di una condizione realistica: in ogni caso le forze armate israeliane non allenteranno il loro giro di vite contro i terroristi.
Numerosi sono gli ostacoli sul cammino di Abu Mazen, dal momento che ci si aspetta che egli cerchi di governare sulla base di un largo consenso. Soggetti esterni come Iran, Siria e gli jihadisti libanesi Hezbollah considerano qualunque intesa con lo stato d’Israele come una minaccia al loro ruolo sul campo. L’ultima cosa che desiderano è veder risolto il contenzioso israelo-palestinese, che in questo modo scomparirebbe dall’agenda del Medio Oriente. I servizi di sicurezza israeliani ravvisano un aumento del flusso di fonti, direttive, competenze e armi verso i gruppi terroristici palestinesi, in particolare Hamas e Jihad Islamica, ma anche alcuni gruppi affiliati a Fatah.
Sul versante positivo, le forze armate percepiscono un passaggio di ex sostenitori di Hamas verso Fatah. Fonti militari fanno notare che alle recenti elezioni dell’università An-Najah di Nablus i candidati di Fatah hanno battuto quelli di Hamas, tradizionalmente più forti. “La gente sta cercando la luce in fondo al tunnel”, spiega un alto ufficiale israeliano.
Altri ufficiali ritengono che Abu Mazen resterà comunque “sotto l’ombrello di Arafat”, intendendo con questo che non si aspettano che imprima radicali cambiamenti rispetto al retaggio dello scomparso rais palestinese. “Vi sono ben poche probabilità che Abu Mazen cambi molto, dopo le elezioni”, sostiene un’alta fonte militare che studia da vicino la società palestinese.
Gli indicatori positivi su cui Abu Mazen può contare sono un certo aumento nell’opinione pubblica palestinese del sostegno per una soluzione politica, un aumento dell’opposizione al terrorismo condotto all’interno di Israele pre-67, e la sensazione complessiva che qualcosa stia cambiando. Sono tutti elementi che venivano repressi sotto Arafat.
L’obiettivo immediato di Abu Mazen dovrebbe essere il rilancio dell’Autorità Palestinese, compresi nuovi investimenti nelle sue istituzioni come i servizi sanitari. All’Autorità Palestinese, inoltre, non sfugge la determinazione con cui il primo ministro israeliano Ariel Sharon persegue il disimpegno dalla striscia di Gaza, e deve prepararsi ad assumere il controllo di quel territorio dove vivono più di 1,2 milioni di palestinesi.
Le Forze di Difesa israeliane ritengono che Abu Mazen continuerà a cercare un accordo di cessate il fuoco con Hamas attraverso il dialogo e ammonizione che i palestinesi devono evitare una guerra civile. L’establishment militare israeliano non è troppo pessimista circa le possibilità di successo su questo fronte. Nonostante la dirigenza di Hamas a Damasco abbia detto ad Abu Mazen lo scorso mese che continuerà ad opporsi a un cessate il fuoco, le Forze di Difesa sono convinte che vi sia la possibilità che una “hudna” (tregua) temporanea venga concordata con l’indebolita dirigenza di Hamas nei territori. Ma ciò dipenderà da molti fattori.
Le forze armate, comunque, sono più ottimiste riguardo alla possibilità che l’Autorità Palestinese riesca a frenare la criminalità nei territori. La popolazione palestinese soffre molto per una sempre più marcata carenza di sicurezza non a causa della presenza delle truppe israeliane, bensì per la violenta crescita di crimini e arbitrii, con aumento del numero di omicidi e rapine. Attualmente solo il dieci per cento dei crimini arriva in un tribunale, mentre la maggior parte dei casi viene risolta secondo il metodo tradizionale del “kadi”, segno di un ritorno alla cultura del clan. Per come la vedono le forze armate, i palestinesi sono proni all’anarchia e hanno accumulato stanchezza, con la probabilità di una partecipazione molto più bassa alla cosiddetta intifada contro Israele. È anche il risultato della delusione rispetto alle istituzioni dell’Autorità Palestinese, incoraggiata dai media palestinesi che lamentano la corruzione in modo costante (anche se generico).
Finora i gruppi terroristici palestinesi hanno scelto di evitare la barriera di sicurezza eretta attorno alla Samaria (Cisgiordania settentrionale), preferendo incanalare i loro sforzi verso le zone di Gerusalemme e di Giudea (Cisgiordania meridionale). Ma la Difesa israeliana mette in conto che ciò possa cambiare, con maggiori tentativi di affrontare la barriera di sicurezza, compreso lo scavo di tunnel sotto i 250 km del suo percorso. Secondo i militari, sono in aumento anche i tentativi di impiantare in Cisgiordania delle officine per la fabbricazione di missili Qassam, sull’esempio di quanto fatto nella striscia di Gaza.

(Arieh O’Sullivan su Jerusalem Post, 11.1.05)

Nella foto in alto: terrorista delle Brigate Martiri di Al Aqsa (Fatah) durante una recente manifestazione anti-israeliana.