Le menzogne uccidono

Rivelato un chiaro esempio di come la martellante propaganda di calunnie dell’Autorità Palestinese fomenta il terrorismo contro cittadini israeliani innocenti

Muhammad Cabha, incriminato per l’assassinio di Esther Horgen

La falsa accusa dell’Autorità Palestinese secondo cui gli israeliani trascurano dal punto di vista medico i palestinesi detenuti per terrorismo, e addirittura compirebbero esperimenti su di loro, ha giocato un ruolo determinante nell’assassinio, il mese scorso, della israeliana Esther Horgen. Lo ha detto lo stesso Muhammad Cabha, 40 anni, originario di un villaggio della zona di Jenin, arrestato e incriminato per l’omicidio a sangue freddo della 52enne israeliana. Cabha ha detto agli investigatori d’aver deciso di compiere un attentato terroristico come reazione, tra l’altro, alla morte del detenuto Kamal Abu Wa’er, che lui conosceva. Abu Wa’er, condannato all’ergastolo per il suo coinvolgimento nell’omicidio di almeno quattro israeliani, è recentemente deceduto di cancro. Durante la malattia, i mass-media ufficiali palestinesi hanno lanciato una campagna calunniosa, citando alti esponenti dell’Autorità Palestinese che affermavano falsamente che Israele gli stava negando un adeguato trattamento medico. Dopo il decesso, i mass-media palestinesi hanno intensificato la campagna diffamatoria sostenendo che la sua morte era frutto di “deliberata negligenza medica”. Muhammad Cabha, secondo quanto da lui stesso riferito, credendo che tutto ciò fosse vero decise di uccidere per vendetta un israeliano qualunque. Trovato un luogo appartato in Samaria (Cisgiordania nord), individuò una donna ebrea che camminava da sola, prese una grossa pietra e la colpì a morte.

Si tratta di un chiaro esempio di come la propaganda dell’Autorità Palestinese causa direttamente il terrorismo contro cittadini israeliani innocenti. Solo negli ultimi sei mesi, Palestinian Media Watch ha identificato almeno dieci esempi di questo tipo di diffamazione. E’ il caso, ad esempio del direttore della Commissione Olp per le questioni dei prigionieri, Qadri Abu Bakr, che ha accusato Israele di perseguire una politica di “omicidio medico deliberato dei prigionieri” sostenendo che “su ordine dei politici israeliani, il servizio carcerario dell’occupazione israeliana commette deliberatamente crimini medici contro i prigionieri” (Al-Hayat Al-Jadida, 12.7.20). Fatah, il movimento che fa capo ad Abu Mazen, ha affermato: “Ciò che sta accadendo agli eroici prigionieri nelle carceri dell’occupazione non è negligenza medica, bensì assassinio medico dei prigionieri per mano dell’occupazione” (pagina Facebook ufficiale di Fatah, 16,7.20). L’ex detenuto Samir Abu Fayed ha rincarato la dose sostenendo in una trasmissione della tv ufficiale dell’Autorità Palestinese (“Giganti della resistenza”, 12.9.20) che Israele non cura mai i reclusi malati e anzi li usa per testare farmaci sperimentali.

Esther Horgen, vittima del terrorismo istigato dalla falsa propaganda dell’Autorità Palestinese

Tutte queste calunnie sono state rilanciate durante la campagna sul caso di Abu Wa’er. Glorificando il terrorista come “un combattente e un figlio puro di Palestina” che “ha sacrificato la libertà per il bene del suo popolo e della sua patria”, il primo ministro dell’Autorità Palestinese Muhammad Shtayyeh ha affermato che “l’occupazione è responsabile della morte da martire di Abu Wa’er a causa della deliberata negligenza medica dei nostri prigionieri da parte della direzione della prigione” (Al-Hayat Al-Jadida, 11.11.20). La celebre rappresentante dell’Olp Hanan Ashrawi ha asserito che la morte di Wa’er sarebbe “il risultato di una deliberata negligenza medica” e “la prova della gravità della situazione nelle carceri dell’occupazione, dei vari tipi di tortura che subiscono i prigionieri e del fatto che subiscono un trattamento barbaro e crudele da parte dei responsabili delle carceri” (Al-Hayat Al-Jadida, 11.11.20). Dal canto suo, il direttore della Commissione Olp per i prigionieri Abu Bakr ha accusato Israele d’aver ucciso Wa’er. Secondo il quotidiano ufficiale dell’Autorità Palestinese Al-Hayat Al-Jadida, Abu Bakr “reputa il governo d’occupazione [israeliano] pienamente responsabile di questo crimine, che è stato commesso in modo premeditato dal servizio carcerario, che conosceva bene la gravità delle condizioni di salute del prigioniero Abu Wa’er. Abu Bakr ha aggiunto che il crimine medico contro il prigioniero martire Abu Wa’er è testimonianza del razzismo e del livore dell’occupazione, e dei suoi sforzi per fare del male in tutti i modi ai nostri prigionieri” (Al-Hayat Al-Jadida, 11.11.20).

Ex detenuto alla tv ufficiale dell’Autorità Palestinese: “Il medico non fa diagnosi della tua malattia, fa esperimenti su di te”

Curiosamente, l’Autorità Palestinese muove queste gravissime accuse pur riconoscendo che Israele si è in realtà preoccupato di curare Wa’er. In un altro articolo, infatti, lo stesso quotidiano dell’Autorità Palestinese riferiva che Wa’er “è stato sottoposto a radioterapia presso il Rambam Hospital di Haifa, che si trova nei territori del 1948 [cioè in Israele]” e “si prevede che dovrà subire un ulteriore intervento chirurgico per inserire in gola un tubo permanente” (Al-Hayat Al-Jadida, 19.10.20). Tre mesi prima la Wafa, agenzia di stampa ufficiale dell’Autorità Palestinese, aveva riferito che Wa’er era stato trasferito “dal carcere di Gilboa all’ospedale di Afula per una serie di esami e si è visto che non è affetto da covid-19. Successivamente è stato trasferito all’Assaf Harofeh Medical Center per un certo numero di esami, compreso un test coronavirus, e si è scoperto che ha contratto il virus” (Wafa, 12.7.20).

E’ appena il caso di sottolineare che le affermazioni secondo cui Israele trascura la salute dei detenuti palestinesi sono totalmente infondate. La Croce Rossa Internazionale visita regolarmente i detenuti di sicurezza palestinesi e non ha mai documentato né accusato Israele di “negligenza medica”, “omicidio premeditato” e men che meno di “esperimenti medici”. Al contrario, come riferisce un rapporto del Dipartimento di Stato americano, “secondo il Comitato Internazionale della Croce Rossa le condizioni carcerarie israeliane rispondono generalmente agli standard internazionali”. E’ stato inoltre riferito che i terroristi palestinesi ricevono anche farmaci che non fanno parte della copertura assicurativa sanitaria dei cittadini israeliani e per i quali gli israeliani devono pagare.

“E’ inconcepibile – afferma il direttore di Palestinian Media Watch, Itamar Marcus – che la comunità internazionale permetta all’Autorità Palestinese di diffondere queste calunnie contro lo stato ebraico senza reagire. Come dimostra l’atroce omicidio di Esther Horgen, che ha lasciato sei bambini orfani di madre, queste menzogne hanno conseguenze devastanti. Fino a quando l’Autorità Palestinese non cesserà il suo indottrinamento all’odio, non vi potrà essere speranza di convivenza tra Israele e palestinesi”.

(Da: jns.org, 11.1.21)

Mercoledì scorso il sito web in inglese di Al-Jazeera ha ritrattato una falsa notizia circa un pilota degli Emirati Arabi Uniti che sarebbe stato licenziato per essersi rifiutato di volare a Tel Aviv come forma di protesta contro la normalizzazione dei rapporti fra Emirati e Israele.

Ghanem Nuseibeh, fondatore di Cornerstone Global Associates e presidente dell’organizzazione Muslims Against Antisemitism (Musulmani contro l’antisemitismo), ha riferito su Twitter della ritrattazione di Al- Jazeera, aggiungendo d’essere rimasto vittima lui stesso delle fake news dell’emittente e di trovare “inquietante che il canale continui a propagare storie antisemite”. Chiedendo ad Al-Jazeera di scusarsi, Nuseibeh sottolinea che, sebbene sia contento che la falsa notizia sia stata rimossa, “il danno fatto, tuttavia, è che la storia antisemita continua a diffondersi a macchia d’olio in ambienti di lingua araba”.

Sul suo sito web, Al-Jazeera in inglese ha pubblicato la seguente nota redazionale: “Il testo in questa pagina mostrava originariamente una notizia su un presunto pilota tunisino, Monem al-Taba, che avrebbe affermato in un post su Facebook di essere stato sospeso dalla compagnia di bandiera degli Emirati Arabi Uniti Emirates per essersi rifiutato di volare a Tel Aviv. Emirates ha successivamente comunicato via Twitter che ‘non ha mai assunto nessun pilota con questo nome e tutte le notizie che circolano sui social network intorno a questo sono false’. Abbiamo quindi ritirato la notizia in attesa di un’ulteriore verifica”.
(Da: Jerusalem Post, 14.1.21)