Le speranze di Olmert, la condanna di Hamas, il disincanto degli osservatori

La Lega Araba prima, Damasco poi hanno aderito alla conferenza di Annapolis

image_1909Mentre i rappresentanti israeliani hanno accolto con viva soddisfazione la decisione presa venerdì scorso dalla Lega Araba di aderire alla conferenza di pace indetta dagli Stati Uniti ad Annapolis, Hamas condanna la decisione come “un tradimento del popolo palestinese”. Nella sua condanna, Hamas afferma che i colloqui tra Israele e Autorità Palestinese possono favorire soltanto Israele.
Il movimento jihadista palestinese, che si rifiuta di riconoscere Israele e nel giugno scorso ha spaccato l’Autorità Palestinese prendendo il controllo della striscia di Gaza con un sanguinoso scontro civile, non è stato invitato alla conferenza di Annapolis (Maryland) fissata per il 27 novembre.
L’esponente di Hamas Sami Abu Zuhri ha definito la decisione della Lega Araba di parteciparvi “un grande shock per i palestinesi perché apre la strada alla normalizzazione diretta” con Israele.
L’Arabia Saudita, da tempo protettore di Hamas, ha dichiarato che parteciperà alla conferenza di Annapolis nonostante non abbia rapporti diplomatici con Israele (come quasi tutti i paesi arabi). Anche la Siria, che ospita sul proprio territorio la dirigenza all’estero di Hamas e di altri gruppi terroristici intransigenti palestinesi, ha annunciato domenica la propria adesione alla conferenza.
Un alto esponente di Hamas, Ahmed Yusuf, sostiene che il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) non ha il mandato necessario per fare alcuna concessione a Israele a nome dei palestinesi. Ahmed Yusuf, stretto collaboratore del premier deposto di Hamas Ismail Haniyeh, ha aggiunto che Hamas è in grado di reagire lanciando contro Israele attacchi con missili molto più letali di quelli usati finora quasi ogni giorno. “Possiamo sviluppare queste armi in tempi molto brevi – ha detto – così da seminare il terrore fra gli israeliani”.

“Mi auguro che la conferenza di Annapolis ci permetta di avviare seri negoziati capaci di risolvere tutti i nodi centrali e condurci infine a una soluzione che preveda due nazioni per due popoli”. Lo ha dichiarato sabato il primo ministro israeliano Ehud Olmert pochi momenti prima di partire alla volta degli Stati Uniti. La delegazione israeliana alla conferenza di Annapolis comprende, oltre a Olmert, il ministro degli esteri Tzipi Livni e il ministro della difesa Ehud Barak.
I rappresentanti di Gerusalemme hanno accolto con favore la decisione della Lega Araba di aderire alla conferenza. Olmert ha specificato che Israele ha ripetutamente espresso il desiderio che anche la Siria partecipi all’evento. “E se matureranno le condizioni per negoziati diretti con Damasco – ha aggiunto – appoggerò anche questa opzione, come ho già dichiarato innumerevoli volte”.
Olmert ha comunque detto di non credere che gli Stati Uniti abbiano promesso qualcosa alla Siria in cambio della sua partecipazione ad Annapolis. “In fondo – ha detto a YnetNews un’alta fonte politica israeliana – se i siriani decidono o meno di partecipare è un problema loro. Damasco deve decidere se vuole essere parte o meno dei progressi nella regione. Il mondo intero li sta guardando”. Il commento è giunto poco dopo che anche il Libano aveva annunciato la propria adesione.
Sabato Olmert ha concluso un ampio giro di contatti telefonici con i leader del mondo per illustrare la posizione israeliana. Tra gli altri, Olmert ha parlato con il presidente russo Vladimir Putin, quello egiziano Hosni Mubarak, re Abdullah II di Giordania, il premier britannico Gordon Brown, il cancelliere tedesco Angela Merkel, il presidente francese Nicolas Sarkozy e il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan. Tutti hanno garantito il loro sostegno alla conferenza ed anche a un successivo processo di pace. Olmert dal canto suo ha precisato che alla conferenza non si terranno negoziati concreti, i quali saranno invece avviati subito dopo il rinetro delle delegazioni. La speranza, ha aggiunto, è quella di appianare tutti i contrasti entro il 2008.

Ad Annapolis le parti non faranno molto più che discutere mozioni; arabi e israeliani continueranno con l’antica tradizione di limitarsi a posizioni declamatorie nello sforzo di guadagnare punti a Washington e nelle capitali europee. Lo scrive un editoriale di Yediot Aharonot (25.11.07), il quale avverte che “due popoli, quello israeliano e quello palestinese, stanno imparando a loro spese che una cultura di governo corrotta è grave e frustrante. Se la conferenza, il cielo non voglia, dovesse concludersi con un rumoroso fiasco (e dalle nostre parti il rumore è quello dell’esposione delle bombe), allora saremo costretti ad imparare sulla nostra pelle che una cultura di governo corrotta è anche molto pericolosa”.
Secondo un precedente editoriale sempre di Yediot Aharonot (22.11.07), “gli egiziani sono molto preoccupati della possibilità che sorga uno stato palestinese indipendente ai loro confini e, per adesso, fanno di tutto per evitare che questo accada”. Secondo l’editoriale, il Cairo non vuole un “Hamas-stan” sovrano ai propri confini e inoltre teme che, “se dovessero svilupparsi rapporti diretti fra Israele e paesi arabi, tali legami nuocerebbero alla posizione egemonica dell’Egitto nella regione”. L’Egitto, spiega il giornale, sta giocando Mahmoud Abbas (Abu Mazen) contro Hamas e viceversa, e vorrebbe ad Annapolis una conferenza “molto tiepida” che non arrivi a nulla di concreto.

(Da: Yediot Aharonot , 22-25.11.07)

Nella foto in alto: Manifestazione contro la conferenza di Annapolis organizzata da Hamas domenica a Khan Younis (striscia di Gaza)