L’eredità di Peres, nelle sue stesse parole

La sua capacità di sognare, e al tempo stesso di sporcarsi le mani nella costruzione di una nazione, lo ha reso uno dei più grandi leader del paese

Editoriale del Jerusalem Post

Shimon Peres (1923-2016)

La vita di Shimon Peres è la storia di una nazione. In ogni grande evento che si è verificato nei 68 anni di vita dello stato d’Israele, Peres era presente e vi ha giocato un ruolo-chiave.

All’epoca della fondazione dello stato, nel 1948, era uno stretto collaboratore di David Ben-Gurion. All’epoca della crisi di Suez del 1956 fu artefice dell’alleanza strategica con la Francia, dalla quale ottenne il sostegno necessario per avviare il programma nucleare israeliano. Più tardi fu la mente dietro all’operazione di salvataggio degli ostaggi a Entebbe, nel 1976, e degli accordi di Oslo nei primi anni ‘90. E l’elenco potrebbe continuare all’infinito.

Nonostante i suoi successi e il contributo dato al paese, in particolare per alla sua capacità di difesa e deterrenza militare, Peres è stato a volte una figura divisiva e controversa. La sua carriera politica ebbe alti e bassi, e non è stato sempre amato. Ma tutto questo cambiò totalmente quando divenne presidente dello stato. Improvvisamente tutti lo adoravano e rispettavano: leader stranieri, star di Hollywood e opinion maker correvano a incontrarlo, deliziandosi della sua presenza e di ricevere da lui qualche saggia parola. L’elenco dei dignitari annunciati al suo funerale attesta il grado di questa ammirazione.

Sintetizzare la vita di Peres non è facile, ma due caratteristiche spiccano senz’altro e vale la pena di sottolinearle nel momento in cui viene accompagnato alla sepoltura sul Monte Herzl, a Gerusalemme.

La prima è il suo eterno perseguire la pace. Anche se molti israeliani ritengono che Peres sia stato ingenuo nel suo tentativo di raggiungere la pace con i palestinesi – una pace che è lungi dall’essere conseguita – i suoi sforzi ben rappresentano ciò per cui davvero si batte il popolo ebraico: il sapere, la pace e l’innovazione.

E difatti la seconda caratteristica costante di Peres è stata la sua tensione verso il futuro. Amava immaginare ciò che poteva riservare il futuro, e come Israele avrebbe potuto contribuire a renderlo migliore. Ancora fino a poche settimane fa, incantava per ore i suoi ospiti parlando di nanotecnologie e dei più avanzati studi sul cervello umano. Peres era l’epitome della “nazione-start up”. Contribuì in modo determinante a caratterizzare Israele con questo brand e fece di tutto per promuovere il progresso del paese a partire dal campo tecnologico. Nel suo ultimo video su Facebook pubblicato il 13 settembre, il giorno in cui avrebbe subito il fatale ictus, Peres esortava ad acquistare prodotti israeliani: “Non per patriottismo – diceva – ma perché sono migliori”.

Luglio 2016: Peres all'inaugurazione dei lavori per il nuovo Innovation Center, presso il Centro Peres per la Pace a Jaffa-Tel Aviv

Luglio 2016: Peres all’inaugurazione dei lavori per il nuovo Innovation Center, presso il Centro Peres per la Pace a Jaffa-Tel Aviv

Affinché l’eredità di Peres viva davvero, gli israeliani devono abbracciare queste due caratteristiche che hanno contraddistinto la vita del grande statista: la ricerca della pace e l’aspirazione a un futuro migliore. Peres non ha potuto vedere il nuovo Medio Oriente che sognava, ma Israele può raccogliere le redini dopo di lui. La settimana scorsa, nel suo discorso alle Nazioni Unite, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha invitato il presidente palestinese Abu Mazen a parlare alla Knesset. Ora bisogna adottare politiche per far sì che questo avvenga.

Peres era convinto che la vera storia di Israele è “la storia del futuro”. Riconosceva che la pace è difficile da raggiungere soprattutto perché all’uomo la guerra viene più naturale. La guerra ha una sua forza d’inerzia, scrisse in un editoriale sul Jerusalem Post lo scorso luglio, è una cosa familiare a cui si continua a ricorrere. La pace, invece, non può volare da sola. Ha bisogno di energia attiva.

Peres sarà ricordato come uno dei giganti di Israele. La sua capacità di sognare, di immaginare, e allo stesso tempo, quando necessario, di sporcarsi le mani nella costruzione e nella difesa di uno stato e una nazione, lo ha reso uno dei più grandi leader del paese. “Il passato è congelato – scriveva lo scorso luglio – quindi non ha alcun potere creativo. Il futuro non esisterà a meno che non lo creiamo noi. Per questo dobbiamo lavorare per il futuro. In Medio Oriente e in tutto il mondo, abbiamo iniziato a uscire dall’età della pietra e ad entrare nella età della saggezza. Quanto più saremo in grado di liberarci del passato e penetrare nel futuro, tanto più offriremo pace e prosperità alle nostre figlie e ai nostri figli che verranno dopo di noi”. Questa è l’eredità di Shimon Peres.

(Da: Jerusalem Post, 29.9.16)