L’esempio nordcoreano

Corea del Nord e Iran sono stretti alleati e da decenni collaborano in fatto di tecnologia nucleare.

Di Yaakov Katz e Herb Keinon

image_2994Molti israeliani, sentendo martedì la notizia della fiammata di guerra fra Corea del Nord e Corea del Sud, si sono legittimamente domandati cosa avesse a che fare tutto questo con lo stato ebraico. A migliaia di chilometri di distanza da Israele, che ha già di per sé abbastanza problemi vicino a casa, la nuova tensione nel Mar Giallo non dovrebbe essere motivo di preoccupazione immediata. E invece lo è.
Dal punto di vista israeliano, questi eventi costituiscono un chiaro esempio di ciò che Israele paventa che possa accadere se all’Iran verrà permesso di continuare a sviluppare capacità nucleari: in quanto potenza atomica, sarà più spavaldo nei suoi atti d’aggressione.
Corea del Nord e Iran sono stretti alleati e da decenni collaborano in fatto di tecnologia militare e nucleare. La Corea del Nord è un noto esportatore di tecnologia missilistica verso la Siria e l’Iran, due paesi che hanno sviluppato formidabili capacità balistiche, dalle diverse versioni dei missili Scud fino ai vari missili Shihab e Sajil. Alcuni di questi missili sono modellati su progetti nordcoreani.
In termini nucleari, la collaborazione è stata documentata dalla scoperta, nel 2007, che la Siria stava costruendo un reattore nucleare modellato su quello nordcoreano costruito a Yongbyon. Foto successivamente trapelate sulla stampa mostrano Chon Chibu, un alto funzionario del programma nucleare nordcoreano, in posa assieme a Ibrahim Othman, direttore della commissione siriana per l’energia atomica, davanti al reattore siriano poi distrutto da Israele.
Più che altro, comunque, la Corea del Nord rappresenta agli occhi di altri stati delinquenti come l’Iran un esemplare modello di come un paese possa violare i trattati e gli accordi internazionali, sviluppare armamenti nucleari, e farla franca. Che è esattamente ciò che gli iraniani sembrano voler fare.
È un punto su cui ha attirato l’attenzione il ministro degli esteri israeliano Avigdor Lieberman, martedì scorso durante la conferenza stampa a Gerusalemme col suo omologo italiano Franco Frattini. “Penso – ha detto Lieberman – che la Corea del Nord, come ben si vede, costituisca una seria minaccia non solo per la parte del mondo dove si trova, ma anche per il Medio Oriente e per il mondo intero”. E si è chiesto: se la comunità internazionale “non è in grado di fermare, di domare questo demenziale regime”, come potrà allora affrontare l’Iran?
Ora che è dotata di comprovata capacità nucleare – Pyongyang ha già effettuato test con una bomba atomica – la Corea del Nord può permettersi di essere aggressiva, e i suoi bersagli – ad esempio, la Corea del Sud – sono costretti ad essere assai misurati nella loro reazione per non ritrovarsi anche sotto attacco nucleare.
Questa è appunto una delle minacce con cui Israele deve fare i conti, quando si pensa a un Iran nucleare. Anche se Israele e Iran non hanno confini in comune, gli scagnozzi dell’Iran come Hezbollah in Libano e Hamas nella striscia di Gaza potrebbero permettersi di osare molto di più nei loro atti di aggressione contro Israele, dal momento che sarebbero spalleggiati da un paese nucleare.
Pur premettendo che è ancora “troppo presto” per commentare l’incidente nella penisola coreana, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha affermato che gli eventi laggiù mostrano effettivamente come “il mondo stia finendo sotto la minaccia di paesi irresponsabili, che si stanno dotando di armamenti d’avanguardia, gli armamenti in assoluto più terrificanti. E dal momento che questi regimi sono nella loro essenza molto aggressivi, è solo questione di tempo prima che tale aggressione si manifesti in questo o quell’incidente”. Netanyahu, che parlava durante una visita alle Industrie Militari israeliane, ha aggiunto che Israele conosce molto bene questo fenomeno per via del comportamento dell’Iran e della sua collaborazione con la Corea del Nord, la Siria e altri paesi. La sfida di fronte alla comunità internazionale, ha concluso il primo ministro israeliano, è “come fare a fermare questa aggressione, e a fermarla in tempo”.

(Da: Jerusalem Post, 24.11.10)