Leterno dilemma della difesa Israele

Solo, di fronte ai continui tentativi terroristici.

Da un editoriale di Ha'aretz

image_866Cinque palestinesi sono rimasto uccisi a Tulkarem mercoeldì scorso, un giorno dopo il completamento dello sgombero degli insediamenti nella striscia di Gaza e nella Cisgiordania settentrionale: è scoppiato uno scontro a fuoco quando una unità speciale delle Forze di Difesa israeliane è giunta per arrestare alcuni membri dell’organizzazione Jihad Islamica implicati nella realizzazione di attentati terroristici mortali all’interno di Israele e nei territori, e nella pianificazioni di nuovi attentati…
Non esiste nessuna tregua con la Jihad Islamica, la quale in ogni caso non si considera vincolata da nessuna tregua e ha trasformato l’area fra Jenin e Tulkarem in una base per la progettazione e attuazione delle sue azioni terroristiche. La Jihad Islamica palestinese in Samaria (Cisgiordania settentrionale) è diretta, finanziata e incoraggiata dal quartier generale dell’organizzazione che si trova a Damasco. Essa punta a diventare il principale protagonista della “lotta armata” contro Israele. Sida l’autorità di Mahmoud Abbas (Abu Mazen), ma questi esita ad agire contro di essa.
Israele si trova di fronte a una scelta difficilissima: non agire contro la Jihad Islamica può voler dire lasciare che vengano realizzati altri attentati contro cittadini israeliani [come domenica a Be’er Sheva]; tuttavia, le operazioni contro la Jihad Islamica nelle quali restano uccisi diversi palestinesi possono spingere altre organizzazioni, compresa Hamas, a scatenare attentati per vendetta, o a presentare come tali altri attacchi, in realtà già pianificati in precedenza.

(Da: Ha’aretz, 28.08.05)

Nella foto in alto: Conferenza stampa della Jihad Islamica palestinese domenica a Khan Younis (striscia di Gaza).