L’HaTikvà suonata in un paese arabo manda in bestia gli odiatori di Israele

Solo nello stralunato mondo dell'odio ossessivo verso lo stato ebraico, l'esecuzione di un inno nazionale per salutare la pace e l'amicizia tra le nazioni viene investito da critiche così virulente

Di Salo Aizenberg

Salo Aizenberg, autore di questo articolo

Il presidente d’Israele Isaac Herzog si è recato di recente in visita ufficiale negli Emirati Arabi Uniti, consolidando la nuova era di pace dopo la firma degli storici Accordi di Abramo nel settembre 2020. Il 30 gennaio Herzog ha pubblicato su Twitter un toccante video della HaTikvà, l’inno nazionale d’Israele, suonato al palazzo presidenziale degli Emirati Arabi Uniti in omaggio alla delegazione israeliana. Ha scritto Herzog: “L’inno nazionale d’Israele risuona negli Emirati Arabi Uniti, ecco come suona [si presenta] la pace tra nazioni”.

Per chiunque capisca qualcosa della storia lunga decenni del rifiuto arabo di Israele – dalla risoluzione di Khartoum del 1967 in cui La Lega Araba dichiarava “no alla pace, no al riconoscimento, no al negoziato con Israele”, agli atleti arabi che si ritiravano dagli eventi pur di non competere con un israeliano, alle tante nazioni musulmane che rifiutavano l’ingresso a chiunque avesse un timbro israeliano sul passaporto – il calore mostrato dagli Emirati Arabi Uniti ha rappresentato un momento speciale. Ma, come prevedibile, questo gesto musicale di pace, che sembrerebbe l’ovvio obiettivo che tutti da ogni parte augurano alla regione, ha suscitato soltanto disprezzo e derisione da parte della solita compagnia di giro degli incalliti anti-sionisti e odiatori di Israele. Solo nello stralunato mondo dell’odio ossessivo verso Israele, l’esecuzione di un inno nazionale per salutare la pace e l’amicizia tra le nazioni viene investito da critiche così virulente.

Gli Accordi di Abramo hanno rappresentato una seria battuta d’arresto per gli odiatori d’Israele poiché hanno intaccato la loro speranza di accrescere l’isolamento e la delegittimazione dello stato ebraico. Gli odiatori di Israele, infatti, non sono quelli che criticano questa o quella politica d’Israele come la crescita degli insediamenti o il controllo militare in Cisgiordania.

Il tweet del presidente d’Israele Isaac Herzog (clicca per il video)

Gli odiatori di Israele sono quelli che considerano illegittimo lo stato ebraico d’Israele in quanto tale, quelli che abbracciano false etichette come “apartheid” e “colonialismo” e che si adoperano per porre fine all’autodeterminazione e alla sovranità del popolo ebraico. Gli odiatori di Israele supportano il movimento BDS (per il boicottaggio di Israele) che non chiede semplicemente la fine dell'”occupazione” o uno stato palestinese accanto a Israele, ma considera la sovranità ebraica come intrinsecamente malvagia e mira a rimpiazzare Israele con uno stato a maggioranza araba palestinese. È questo il pensiero che informa il rifiuto assoluto degli Accordi di Abramo, poiché quegli accordi promuovono il riconoscimento e la normalizzazione con Israele, contraddicendo un principio fondamentale del BDS.

L’esecuzione della HaTikvà negli Emirati ha portato a galla ancora una volta i rozzi istinti degli odiatori di Israele, che non hanno potuto fare a meno di lanciarsi in un ennesimo assalto verbale contro Israele e gli Accordi di Abramo. Le due principali critiche a quegli accordi, entrambe irragionevoli, sono che Israele ha fatto pace con delle dittature e che, facendolo, avrebbe minato la pace con i palestinesi. In realtà, la rabbia nasce dal fatto che quegli accordi minano l’obiettivo di porre fine allo stato ebraico.

In effetti, non viene mai fornita alcuna spiegazione plausibile sul motivo per cui i palestinesi non potrebbero fare la stessa scelta maturata da Emirati Arabi Uniti e Bahrain – accettare a chiare lettere il sostanziale diritto ad esistere dello stato ebraico e porre fine a tutti gli sforzi tesi a cancellare la sua creazione – per vedere la pace affermarsi con una qualche soluzione a due stati da concordare. Ma come si è detto, non è questo ciò che vogliono gli odiatori di Israele.

Gli odiatori di Israele dimostrano pura ipocrisia e disonestà intellettuale quando inventano nuovi standard per le relazioni internazionali da applicare solo a Israele, criticandolo duramente per aver fatto la pace con regimi autoritari. Improvvisamente viene prestata grande attenzione ai comportamenti di Emirati e Bahrain e alla vendita di tecnologia a questi paesi da parte di Israele. Gli odiatori di Israele ovviamente non si degnano di spiegare come mai nessun’altra nazione al mondo è condannabile per il fatto di intrattenere normalissime relazioni diplomatiche con Emirati Arabi Uniti e Bahrain, né le si chiede di denunciare i regimi repressivi in quei paesi come precondizione per stabilire relazioni.

Manifestazione contro la normalizzazione con Israele davanti all’ambasciata degli Emirati Arabi Uniti a Tunisi: sullo striscione, l’immancabile mappa che cancella Israele dalla carta geografica

Questo doppio standard appare clamoroso se si ripercorre il calendario diplomatico degli Emirati Arabi Uniti, per vedere chi altri ha compiuto di recente visite di stato senza che si udisse una sola parola di critica da parte dalla compagnia di giro che fa mostra d’essere così angustiata per il regime di quel paese. Appena due settimane prima della visita di Herzog, la Corea del Sud ha tenuto una visita di stato negli Emirati Arabi Uniti durante la quale è stato firmato un importante accordo sulle armi, in base al quale Seul fornirà agli Emirati missili terra-aria e un sistema di difesa missilistica nel quadro di un affare da 3,5 miliardi di dollari, di gran lunga superiore al valore totale di tutto il commercio tra Israele e Emirati Arabi Uniti (civile e militare). Sorprendentemente, non si è visto un solo articolo né un tweet sui rapporti Corea del Sud-Emirati Arabi da parte di nessuno degli esperti americani così turbati per i diritti umani in Medio Oriente.

Vediamo qualche esempio, fra i tanti commenti assurdi suscitati dal tweet di Herzog sulla HaTikvà suonata negli Emirati. Mehdi Hasan, il popolare presentatore di un programma su MSNBC con oltre un milione di follower su Twitter, ha ritwittato il video dell’inno israeliano aggiungendo: “Per anni i sostenitori di Israele hanno strombazzato che Israele era una democrazia circondata da dittature. Ma non appena quelle dittature sono saltate sul carro di Israele e della sua occupazione, all’improvviso è diventato ‘wow’ vedere il proprio inno nazionale suonato nel palazzo del dittatore”. Hasan ignora intenzionalmente i decenni di rifiuto arabo e finge di stupirsi per il fatto che israeliani ed ebrei in tutto il mondo dicano “wow” quando l’HaTikvà viene eseguita in una capitale araba. La sua doppiezza morale appare evidente quando si aspetta che solo Israele denunci il regime autoritario degli Emirati Arabi Uniti, ma non la Corea del Sud o altre nazioni come la Svezia, che è catalogata come uno dei principali fornitori di armi agli Emirati.

Il tweet di Dalia Hatuqa

Anche Peter Beinart, noto editorialista del New York Times e forse il più eminente ebreo anti-sionista negli Stati Uniti, è entrato in azione approfittando della nefasta esecuzione della HaTikvà per sostenere che l’unico motivo per cui Israele ha potuto fare la pace con Emirati e Bahrain è il loro status di dittature. “Se fossero democrazie liberali – ha scritto – non potrebbero normalizzare perché dovrebbero prestare attenzione all’opinione popolare, che ha ancora a cuore i palestinesi”. Ovviamente Israele ha relazioni normali con numerose democrazie, molte delle quali si sono avvicinate di recente. Ad esempio l’India, che di recente si è astenuta in un voto alle Nazioni Unite contro Israele, dopo anni di voti anti-israeliani.

Ma il commento di Beinart è solo una tirata contro gli Accordi di Abramo, contro i quali Beinart ha inveito appena vennero annunciati giungendo a sostenere che Israele non solo beneficerebbe della repressione in Bahrain, ma l’avrebbe “attivamente fomentata negli Emirati Arabi Uniti”. Secondo questa bizzarra teoria, Israele sarebbe in qualche misura colpevole delle politiche autoritarie degli Emirati Arabi Uniti, un’accusa che evoca il cliché antisemita dell’influenza ebraica che alimenta il male nelle nazioni straniere. Ovviamente non risultano altri articoli di Beinart su nessun altro paese al mondo che avrebbe promosso la repressione negli Emirati Arabi Uniti.

Un altro tweet anti-HaTikvà è arrivato da Jessica Montel, ex capo della ong B’tselem, ora a capo di un’altra ong chiamata HaMoked. “Le vendite di spyware Pegasus – ha scritto – sono state utilizzate dal governo israeliano per promuovere gli Accordi di Abramo. Quindi la persecuzione dei dissidenti non è un bug, è una CARATTERISTICA [sic] di questi accordi”. Il solito doppio standard applicato a danno Israele senza curarsi minimamente dal fatto che i maggiori fornitori di armi agli Emirati Arabi Uniti sono nell’ordine (dati del 2016): Stati Uniti, Francia, Russia, Italia, Svezia, Spagna, Turchia, Germania e Svizzera. A quanto pare, nessuna di queste relazioni bilaterali CARATTERIZZA un sostegno di questi paesi per le violazioni di diritti umani.

Un ulteriore esempio viene da Dalia Hatuqa, giornalista araba che firma su molte testate come Time, Economist e Washington Post. Dalia Hatuqa ha ritwittato un like di Tom Nides, ambasciatore degli Stati Uniti in Israele, al post di Isaac Herzog sull’HaTikvà, aggiungendo il proprio sprezzante commento: “Ecco come suona la pace tra nazioni? Sul serio? E l’ambasciatore americano è d’accordo? Non andremo mai da nessuna parte con idee semplicistiche come queste”. Il suo tweet, che ha ricevuto molte centinaia di like, non riesce proprio ad accettare la realtà di questa pace e vede persino gli Stati Uniti come “semplicistici” perché sostengono un accordo di pace a livello regionale.

Solo nell’assurdo mondo dell’odio ossessivo verso Israele si deride e disprezza un accordo di pace firmato da quattro paesi. Cos’è che vogliono Hasan, Beinart, Montel e Hatuqa, visto che non è la pace nella regione? La risposta è tristemente semplice: vogliono l’opposto di tutto ciò che può legittimare Israele e preservarlo come stato ebraico.

(Da: Times of Israel, 1.2.22)