L’incombente minaccia missilistica

La vasta esercitazione in programma in Israele si basa su precisi trend regionali

di Yaakov Katz

image_2508Può darsi che la vasta esercitazione di emergenza nazionale sul fronte interno, che inizia domenica in Israele, non sia connessa a specifiche notizie di intelligence circa un imminente attacco a Israele, ma certamente si basa su precisi trend regionali.
L’esercitazione prende avvio dopo un mese intero di test missilistici, alcuni più vicini altri più lontani, ma tutti indicativi della incombente minaccia con cui Israele deve fare i conti. Una settimana e mezza fa c’è stato il test iraniano di lancio del nuovo missile balistico Sajil 2, alimentato da una combinazione di combustibili solidi e in grado di portare una testata non convenzionale fino a 2.000 chilometri di distanza. La scorsa settimana è stata la volta della Corea del Nord che ha testato non solo una bomba nucleare, ma anche diversi missili a lungo e medio raggio. Sebbene Israele non sia geograficamente minacciato dalla Corea del Nord, la stretta collaborazione fra Pyongyang, Damasco e Teheran – compreso lo sviluppo congiunto di missili a lunga gittata e armi non convenzionali – è un’ulteriore dimostrazione della minaccia missilistica che Israele si trova a fronteggiare.
La decisione di coinvolgere tutta la popolazione civile nell’esercitazione di questa settimana – a partire dalle sirene d’allarme che suoneranno in tutto il paese martedì – non è stata facile per il ministero della difesa. Da una parte, infatti, sussisteva il timore che il coinvolgimento della gente potesse seminare paura e panico ed eventualmente sconvolgere la vita quotidiana delle persone. Dall’altra parte, tuttavia, la considerazione decisiva è stata il fatto che, dal 2006 in poi, Israele ha combattuto due guerre su due diversi fronti – contro Hezbollah in Libano e Hamas a Gaza – durante le quali città e villaggi israeliani sono stati bombardati complessivamente da circa cinquemila missili e razzi.
La minaccia missilistica non si limita al Libano e alla striscia di Gaza. Anche la Siria ha passato gli ultimi anni a investire nel suo potenziale balistico ed oggi possiede un significativo numero di missili Scud C e Scud D in grado di raggiungere qualunque parte di Israele e di portare testate chimiche e biologiche. E se si parla di un possibile raid israeliano contro gli impianti nucleari iraniani, Israele deve prepararsi anche all’eventualità che cadano su tutto il paese missili Sajil and Shihab.
L’investimento in missili balistici da parte dei nemici di Israele nasce da diverse ragioni, ma la considerazione principale è di natura economica. I missili di cui dispongono Siria e Iran sono sviluppati per lo più in casa, talvolta con l’aiuto dall’esterno di paesi come la Corea del Nord. L’arsenale di Hezbollah è per lo più costituito da Katyusha a corta gittata che costano solo poche centinaia di dollari, per non dire dell’arma d’elezione di Hamas, il Qassam, che pare costi ancora meno.
Tutti questi soggetti non potrebbero permettersi l’acquisto e il mantenimento di una flotta di jet multiruolo. Le forze aeree siriane e iraniane sono praticamente obsolete e i velivoli di cui dispongono sarebbero facilmente sopraffatti dai moderni F-15 ed F-16 dell’aviazione israeliana. Consapevoli, inoltre, della difficoltà di contrastare le ben addestrate e motivate forze di terra israeliane, i nemici investono molto nei missili con lo scopo di spostare la guerra dal campo di battaglia convenzionale verso il fronte interno e tenere così impegnate le forze israeliane, sia di terra che dell’aria, nello sforzo di distruggere il potenziale missilistico nemico, anziché concentrarsi sulla distruzione del nemico stesso.

(Da: Jerusalem Post, 31.05.09)

Nella foto in alto: esercitazione con maschere anti-gas in una scuola di Gerusalemme