L’incontro Gantz-Abu Mazen è innanzitutto una cosa di buon senso

Israele ha interesse a sostenere l'Autorità Palestinese, per quanto scadente e corrotta sia, perché la cooperazione in materia di sicurezza è importante e le alterative ad Abu Mazen sono molto peggio

Editoriale del Jerusalem Post

Il ministro della difesa israeliano Benny Gantz (a sinistra) e il presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen

L’incontro del ministro della difesa Benny Gantz nella sua casa di Rosh Ha’ayin, martedì sera, con il presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen non è che annunci la pace dietro l’angolo né cose come un massiccio ritiro israeliano da Giudea e Samaria. Tutto quello che fa è usare il buon senso.

Abu Mazen non è un amico del sionismo. I suoi precedenti da negazionista della Shoà sono vergognosi. I suoi versamenti di centinaia di milioni di dollari in vitalizi ai terroristi e ai loro famigliari è inammissibile, la sua continua diffamazione contro Israele è indecente.

Tuttavia, lui e l’Autorità Palestinese che presiede sono comunque meglio, dal punto di vista d’Israele, rispetto all’alternativa Hamas. Non nascondiamocelo. Se l’Autorità Palestinese dovesse crollare, quelli che ogni probabilità le subentrerebbero non sarebbero soggetti più bendisposti. Basta guardare cosa è successo a Gaza.

Israele ha interesse a sostenere l’Autorità Palestinese, per quanto scadente e corrotta sia, perché la cooperazione in materia di sicurezza con l’Autorità Palestinese è importante per tenere sotto controllo la violenza in Cisgiordania, e perché deve esserci un recapito a cui rivolgersi se e quando verrà il momento delle discussioni diplomatiche serie. Quel recapito può essere solo l’Autorità Palestinese. Non può essere e non sarà Hamas.

Ma non si può sostenere qualcuno con cui non si interagisce minimamente, quindi il dialogo è importante e necessario. Come ha giustamente affermato il presidente d’Israele Isaac Herzog, “penso che questo dialogo sia certamente positivo, e penso che il fatto stesso dell’incontro sia importante e corretto, specialmente in un difficile periodo per la sicurezza in Giudea e Samaria. La cooperazione per la sicurezza è parte essenziale della guerra al terrorismo”.

Celebrazioni per l’anniversario di Hamas. Sullo sfondo, la consueta mappa che cancella Israele dalla carta geografica. “L’alterativa all’Autorità Palestinese sarebbe molto peggio”

Sicuramente, con le tensioni in aumento in Giudea e Samaria dove Hamas cerca di alimentare le fiamme per sfidare non solo Israele ma anche Abu Mazen, un incontro ai massimi livelli per discutere i modi per ridurre la tensione è cosa intelligente. Gantz, in quanto ministro della difesa con responsabilità amministrativa generale sui Territori, si comporta da persona logica nell’ospitare questi incontri. Subito dopo l’incontro, Israele ha annunciato una serie di misure volte a rafforzare la fiducia nel rapporto con i palestinesi. Tra le altre, l’approvazione del trasferimento di 100 milioni di shekel in pagamenti fiscali riscossi da Israele per conto dell’Autorità Palestinese, la regolarizzazione dello status anagrafico di 9.500 palestinesi e stranieri che si trovano in Cisgiordania e Gaza privi di documenti, altri 1.100 permessi d’ingresso per uomini d’affari palestinesi.

Queste misure sono le benvenute, ma Israele dovrebbe mettere bene in chiaro che non si tratta di una strada a senso unico: se si adottano misure per alimentare la fiducia palestinese, i palestinesi devono ricambiare adottando misure per creare fiducia anche fra gli israeliani. Il passo più ovvio sarebbe smetterla di pagare stipendi ai terroristi che si trovano nelle carceri israeliane. Ma siccome ciò non accadrà tanto presto, ci sono altri passi che i palestinesi potrebbero intraprendere per segnalare agli israeliani che anche loro vogliono migliorare le relazioni. Un passo di questo tipo sarebbe smetterla di calunniare Israele da ogni pulpito internazionale. Se gli israeliani sentissero Abu Mazen e altri importanti esponenti dell’Autorità Palestinese parlare al mondo del loro desiderio di riconciliazione senza diffamare e demonizzare lo stato ebraico, questo aiuterebbe molto la costruzione di fiducia in Israele.

La scelta di Gantz per l’incontro con Abu Mazen è perfettamente logica, e tuttavia non è la più logica. La scelta più logica sarebbe che lo incontrasse il primo ministro Naftali Bennett. Ma Bennett ha già detto che non intende incontrare il leader palestinese. Lo si capisce: Bennett è contrario a una soluzione a due stati perché ritiene che sia irrealistica e anche un terribile errore, e non intende fare nulla per promuoverla. Ma Bennett capisce anche che non può semplicemente aspettare che la questione palestinese scompaia. Dunque, quello che fa è sostenere una politica volta a “restringere il conflitto” cercando di migliorare la situazione economica dei palestinesi, di agevolare la loro la vita quotidiana, di rafforzare le condizioni economiche in Cisgiordania. Ma anche per fare tutto questo dovrebbe incontrarsi con Abu Mazen.

Né Bennett né Israele hanno nulla da guadagnare da un boicottaggio del presidente dell’Autorità Palestinese. Al contrario, fa solo apparire Israele come la parte recalcitrante, e non è come stanno le cose nella realtà. Anche se Israele è convinto che al momento la pace è solo un lontano miraggio, sia il paese che il suo leader devono sforzarsi non solo di essere, ma anche di apparire agli occhi del mondo come la parte che cerca di realizzare quel miraggio.

(Da: Jerusalem Post, 30.12.21)