L’indignazione selettiva di certa sinistra

L’antisemitismo neonazista suscita la furibonda reazione che merita. Tutto cambia quando l’odio anti-ebraico si ammanta di anti-sionismo

Di Rivka Bond

Rivka Bond, autrice di questo articolo

Una delle mie migliori amiche d’università – ora ex-amica – è di Charlottesville. Quando ho letto del raduno neo-nazista, ho dato un’occhiata alla sua pagina Facebook e ho visto che stava partecipando alla contro-manifestazione. Ho anche notato che è amica di uno dei nostri ex professori, uno che ha scritto diffusamente a sostegno degli attentatori suicidi che attaccano Israele. Ecco alcune locuzioni che compaiono in uno dei suoi ultimi articoli: “la propensione di Israele per le atrocità in serie”, “gli abomini israeliani”, “lo stato canaglia”, “la potentissima lobby politica d’Israele”, “lo zelo auto-promozionale e da marketing politico di Elie Wiesel, il principale impresario mondiale della Shoà”, “propaganda israeliana”, “la Shoà trasformata in un bancomat politico che garantisce un credito di alibi illimitato”, “dogma al servizio di Israele”, “la Shoà che permette la caccia libera al palestinese”. Questo è ciò che i miei “amici” americani leggono e condividono.

Un’altra ex-amica sta seguendo l’antisemita di estrema destra David Icke. Una volta, questa amica mi ha aggiunta a un gruppo online “multi-confessionale” i cui membri commentavano gli omicidi antisemiti ad opera di estremisti islamisti: ma solo per indulgere in toccanti manifestazioni di comprensione e preoccupazione per possibili aggressioni contro musulmani. Mai una parola di sgomento per i morti ebrei reali: solo il timore che, come conseguenza del fatto che un estremista islamista ha ferocemente ucciso degli ebrei, qualcuno possa dire qualcosa di sgradevole a una donna con il velo in testa. Parlavano tutti di quanto fosse giusto sedersi sugli autobus accanto alle donne con il hijab e proteggerle nei luoghi pubblici. Mai nessuno che abbia suggerito una sola volta di cercare di proteggere gli ebrei identificabili come ebrei.

Immagini dalla Giornata al-Quds organizzata da Hezbollah a Londra. Sui cartelli: “Palestina libera dal fiume al mare”, “Israele, i tuoi giorni sono contati”. “Per la pace nel mondo Israele deve essere distrutto”

Un’altra amica – che non ha mai condiviso i miei post sulla crescita dell’antisemitismo di sinistra – ha scritto della sua indignazione per i neo-nazisti. Le sue amiche si sono tutte accodate, convenendo che l’antisemitismo è vergognoso e abominevole. Al che ho segnalato che a Londra si tengono regolari marce di estremisti che invocano l’annientamento degli ebrei. Vi sono contro-proteste, ma siamo solo un piccolo gruppo di ebrei per lo più anziani, e non riceviamo alcun sostegno dalle organizzazioni di sinistra. Un amico di questa amica si è detto scioccato e ha dichiarato che mi avrebbe senz’altro accompagnato alla prima contro-protesta. L’ho ringraziato e gli ho mandato tutti i dettagli sulla marcia annuale organizzata da Hezbollah che vede centinaia, talvolta migliaia di sostenitori sventolare le bandiere del gruppo terrorista islamista libanese, invocando la fine di Israele e il genocidio e la pulizia etnica degli ebrei. Non si è più fatto vivo.

La difesa degli ebrei è importante, ma solo se siamo minacciati dalle persone giuste. C’è una crescente quantità di attive persone di sinistra che si imbestialiscono di fronte al ritorno dell’antisemitismo, ma solo se si tratta della varietà che sfila con svastiche e passo dell’oca. Nessuna di queste persone ha espresso la propria ira dopo la strage di ebrei all’Hyper Cacher, a Copenhagen, a Tolosa, al Museo ebraico di Bruxelles. Dopo quegli attentati, erano tutto candeline e “l’amore sconfigge l’odio”. Eppure non è che queste persone non siano capaci di provare rabbia e livore. I loro commenti al vetriolo si manifestano, eccome, durante la “Settimana dell’Apartheid israeliano” nei campus, dove gli antisemiti gridano “intifada, intifada” e dichiarano che è perfettamente giustificabile uccidere civili fintanto che sono ebrei. Quelle stesse persone sono anche pronte a dichiarare che “odiano” i banchieri, i conservatori, gli elettori di Trump e chiunque altro non la pensi come loro. Evidentemente il loro virtuoso “rifiuto di odiare” si applica solo a determinati gruppi. Questa gli ebrei la chiamano “indignazione selettiva”.

C’è uno strano fenomeno, in Europa, per cui ogni volta che subiamo un attacco terroristico islamico, la gente risponde con candele e fiori e dichiarando che “rifiuta di odiare”. Succede dopo ogni strage suicida e ogni volta che i jihadisti investono con un veicolo una folla di pedoni. A me pare un atteggiamento passivo e sottomesso: come se si affermasse che il terrorismo è “una cosa che mette tristezza”, anziché un’infamia che fa infuriare. Non potremmo concordare sul fatto che i terroristi che vogliono trucidarci sono degni di reazioni forti e non-ireniche, come collera e furore?

La mesta “tristezza” di certa sinistra è particolarmente evidente ogni volta che un ennesimo imam proclama dal pulpito di una moschea che i musulmani hanno il dovere di uccidere tutti gli ebrei del mondo. Ho un’amica in California. Quando recentemente è successo questo, nella moschea della sua città, lei si aspettava che la locale comunità musulmana condannasse l’attacco. Si aspettava che i suoi concittadini manifestassero, e si aspettava che i suoi amici esprimessero shock e sgomento. Invece, un nutrito numero di persone ha risposto dichiarando il proprio pacifismo: “si rifiutarono di odiare”.

Quando un imam invoca l’omicidio degli ebrei, non voglio sentire scuse. Quando degli ebrei vengono uccisi, non voglio sentire che gli altri provano un senso di malinconia, ma “si rifiutano di odiare”. Capisco che questo li fa sentire buoni e virtuosi, ma la maggior parte degli ebrei non si sente affatto serena o grata quando gli altri reagiscono alla minaccia di ucciderci assicurando che loro non provano alcun rancore verso i nostri assassini, potenziali e reali. La loro supina indifferenza non ci appare affatto un idilliaco “rifiuto di odiare”. Ci appare piuttosto un meschino rifiuto di venire in nostro aiuto.

(Da: Times of Israel, 21.8.17)