L’indottrinamento uccide

Attentati e Qassam sono l’hardware del terrorismo, l’indottrinamento all’odio è il software

Da un articolo di Elihu Richter

image_2008A quanto risulta, da circa un mese il governo israeliano ha cominciato a negoziare con l’Autorità Palestinese sulle “questioni di fondo” del conflitto israelo-palestinese: confini, insediamenti, profughi, Gerusalemme. Ma non sulla questione dell’istigazione e dell’indottrinamento all’odio.
Bisogna soffermarsi sulle conseguenze del fatto che, già in passato, Israele ha rinunciato a chiedere la fine dell’istigazione e dell’indottrinamento all’odio da parte palestinese e nel Medio Oriente in generale, elementi che sono in realtà chiari segnali delle intenzioni genocide di chi li pratica. Come scrisse Abraham Joshua Heschel, sono le parole, non le macchine, che hanno prodotto Auschwitz. Se pietre, pugnali, fucili, attentati suicidi, razzi Qassam e missili a lunga gittata sono l’hardware della odierna minaccia terroristica contro Israele, l’istigazione e l’indottrinamento all’odio ne sono il software.
La dichiarazione di principi della conferenza di pace di Annapolis (27 novembre 2007) chiedeva di “fronteggiare il terrorismo e l’istigazione, sia da parte palestinese che da parte israeliana”. Il primo ministro israeliano Ehud Olmert e il presidente Usa George Bush hanno entrambi citato la cosa, il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) l’ha ignorata.
Durante la visita di Bush in Medio Oriente (gennaio 2008), le dichiarazioni ufficiali non hanno fornito nessuna prova dell’intenzione di monitorare e sradicare l’istigazione e l’indottrinamento all’odio da parte di mass-media ufficiali, libri di testo e luoghi di culto arabi: un colossale atto di negligenza diplomatica.
Comportandosi come i bambini vittime di abusi, politici e opinionisti israeliani si sono abituati a dare per scontata l’istigazione all’odio verso ebrei e Israele come se fosse un fatto normale. Invece, istigazione e indottrinamento all’odio dovrebbero essere definiti tossici e intollerabili, come il piombo della benzina.
Due enti come il Middle East Media Research Institute (MEMRI) e il Palestinian Media Watch forniscono aggiornamenti frequenti e inequivocabili sul carattere endemico, in Medio Oriente, dell’istigazione all’odio attraverso testi scolastici, moschee, trasmissioni radio-tv, carta stampata, internet. Nei casi più gravi l’istigazione comprende la de-umanizzazione degli ebrei come tali, sistematicamente definiti “scimmie e maiali”, la diffusione del falso antisemita “Protocolli dei Savi di Sion” e di mappe da cui è cancellato lo Stato di Israele, la negazione della Shoà, la divulgazione di molti temi classici dell’antisemitismo con la sola sostituzione di Israele e sionisti al posto degli ebrei. Gli appelli del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad a cancellare Israele dalla carta del Medio Oriente uniti alla negazione della Shoà sono solo la punta dell’iceberg.
La cessazione dell’istigazione e dell’indottrinamento all’odio sponsorizzati dagli stati dovrebbe figurare in cima all’agenda dei negoziati, prima di qualunque discussione sui confini, sugli insediamenti, sui profughi, su Gerusalemme e su tutte le altre questioni. La prima “misura per creare fiducia” dovrebbe essere la fine dell’istigazione, il taglio dei fondi a chi la promuove, il perseguimento a norma di legge di chi indottrina all’odio: non solo nell’Autorità Palestinese, ma anche nei circostanti Egitto, Giordania e, sì, anche in Arabia Saudita.
È vero che anche Israele ha la sua quota di emuli istigatori, come il rabbino Yitzhak Batzri che è stato incriminato per aver definito gli arabi “somari e bestie”. Ma per l’appunto, la decisione delle autorità giudiziarie israeliane di incriminare Batzri dovrebbe essere d’esempio per tutta la regione. Sono convinto che l’istigazione nella società israeliana è verosimilmente minore di uno o due ordini di grandezza rispetto a quella che imperversa nel mondo arabo, dove i sistemi educativi statali, i luoghi di culto, i mass-media e internet are sistematicamente diffusi a ritmo quotidiano.
C’è un concetto che non è ancora entrato nel lessico del negoziato di pace: l’istigazione all’odio uccide, l’istigazione è tossica, l’istigazione crea terroristi genocidi, per cui l’istigazione deve cessare.
Nel 1969 il governo israeliano pretese e ottenne la revisione e rimozione di frasi che istigavano all’odio dai libri di testo giordani fino ad allora usati nei campi profughi finanziati dall’Onu (nei territori caduti sotto controllo israeliano). Poi però Israele non l’ha più fatto, rinunciando anche ad usare come precedente la decisione della Knesset del 1988 che bandiva dalla scena politica israeliana i partiti che istigano al razzismo e alla violenza.
Istigazione e indottrinamento all’odio sono l’esposizione più tossica dei nostri tempi: forgiano l’ambiente socio-culturale che permette al terrorismo genocida di affermarsi come una norma sociale accettata e persino approvata. Bambini e adolescenti sono i più vulnerabili. Esporli configura una forma di abuso: vengono indottrinati ad agire in base a questi messaggi, garantendo la perpetuazione dell’odio da una generazione all’altra.
È l’indottrinamento di stato diffuso dagli altoparlanti, sulle onde radio-tv e in internet, e non ciò che viene bisbigliato fra diplomatici, il vero segnale che indica le intenzioni degli stati e delle organizzazioni loro surrogate. I “ritorni di fiamma” dalla piazza rendono poi i decisori politici prigionieri dei loro stessi messaggi di odio.
Finché le menti delle generazioni a venire saranno imbottite di indottrinamento all’odio, nessuna soluzione diplomatica del conflitto fra Israele e mondo musulmano potrà reggere.
Israele dovrebbe esigere la fine dei finanziamenti da parte di Stati Uniti, Unione Europea e agenzie Onu a tutte le istituzioni educative che tollerano o producono indottrinamento all’odio. Finché Arabia Saudita ed Egitto non porranno fine alla propagazione dei più disgustosi temi della propaganda anti-israeliana e anti-ebraica nelle moschee, nei libri di testo, nelle università e nei mass-media, non avranno alcuna credibilità come interlocutori o mediatori di un qualunque processo di pace.
Come prima “questione di fondo”, Israele e la comunità mondiale devono chiedere l’applicazione di un vero e proprio meccanismo di screening per identificare e bandire l’uso del linguaggio di odio e istigazione. Per ridurre il rischio di un conflitto infinito, bisogna istituzionalizzare la sorveglianza contro l’indottrinamento all’odio, con l’obiettivo di avviare azioni legali che impediscano questi fenomeni.
Al presidente Bush e al segretario di stato Rice domando: al console generale americano, incaricato di monitorare “i progressi nell’applicazione della Road Map”, è stato chiesto di verificare quante volte compaiono le parole “maiali”, “cancro”, “immondizia”, “germi”, “parassiti” e altri epiteti antisemiti nei libri di testo, nei sermoni, nei mass-media e nei siti web ufficiali arabi?
Valori umani e sociali fondamentali esigono di arrivare alla soluzione del conflitto fra Israele, i palestinesi e i paesi circostanti. L’incitamento al terrorismo rappresenta un palese attacco al più fondamentale di tutti i diritti umani, quello alla vita e alla dignità, e segnala l’intento genocida di chi lo diffonde e lo pratica. La Road Map prevede esplicitamente la cessazione dell’istigazione quale pre-condizione essenziale di ogni futuro accordo. Il monitoraggio ufficiale, la denuncia e il perseguimento legale dell’istigazione e dell’indottrinamento all’odio costituiscono i passi necessari per sradicare questo sostanziale ostacolo alla pace e questa minaccia alla vita umana.

(Da: Jerusalem Post, 20.01.08)

Nella foto in alto: Minaccia genocida e negazione della Shoà in una sola frase (“Preparatevi per il VERO Olocausto”) durante una manifestazione islamista a Londra (febbraio 2006)