L’industria della recriminazione palestinese

Anziché concentrarsi sulle proprie società, decine di milioni di arabi hanno incanalato le energie in una causa persa, che i palestinesi hanno trasformato in un bancomat

Di Farid Ghadry

Farid Ghadry, autore di questo articolo, è co-fondatore e presidente del piccolo Partito siriano per la riforma. E' animatore di THE PAXGAMES, una celebrazione sportiva e musicale della pace nel mondo in programma in Italia nel 2014

Farid Ghadry, autore di questo articolo, è co-fondatore e presidente del piccolo Partito siriano per la Riforma e animatore di “The Paxgames”, una celebrazione sportiva e musicale della pace nel mondo in programma in Italia per il 2014

Vi è mai capitato di vivere in una casa tremendamente sporca e decrepita e di non poterla sistemare perché vi viene ingiunto di lasciarla stare e di occuparvi piuttosto di pulire e mettere a posto la casa dei vostri vicini? Eppure è così che si può sintetizzare la Causa Palestinese, dal mio punto di vista.

Sin dall’istituzione della Lega Araba nel 1946, i governanti arabi hanno utilizzato questo organismo collettivo che oggi conta 22 Stati (anzi 21, perché la Siria è stata sospesa nel 2011) per focalizzare l’attenzione delle masse arabe sulla condizione dei palestinesi come diversivo dall’occuparsi delle malattie interne delle società arabe, costrette a vivere sotto tirannia. Questo sforzo, guidato dalla Lega Araba, ha recato gravi danni alle società arabe dal momento che trascurare i nostri problemi lasciava tutto lo spazio a una Causa di cui oggi molti arabi capiscono la natura di circolo vizioso. Se la “primavera araba” ha fatto qualcosa di buono, è di aver premuto il tasto “reset” su una Causa che ormai molti arabi non-palestinesi mal sopportano. E infatti la Lega Araba sta tentando di rimettere al centro della nostra attenzione quella causa persa, nella speranza di distogliere la gente da un’altra “primavera araba”.

Nel corso degli anni, la Causa Palestinese è diventata una potente industria della recriminazione, permettendo estorsioni, ricatti e abbastanza centralità e appelli alle masse da controllare massicciamente l’opinione pubblica araba. Per alimentarsi, questa industria ha dovuto costantemente produrre i suoi propri eventi sul palcoscenico del mondo a base di distorsioni e inganni, dando luogo ai vari Mohammad al-Dura, massacri di Jenin, flottiglie “Gaza Libera”, e alla messa in scena di campi di battaglia per presentare deliberate e premeditate uccisioni di civili. Senza quelle immagini utili a impressionare la piazza araba, gli arabi avrebbero potuto dimenticare di concentrarsi soltanto sulle pulizie di casa del loro vicino.

«Con questo status quo, qualunque cosa vada storta basta incolpare americani e israeliani»

«Con questo status quo, qualunque cosa vada storta basta incolpare americani e israeliani»

La storia registrerà che la Causa Palestinese è stata la più rovinosa delle cause politiche nella storia araba. Invece di concentrarsi sulla costruzione di società arabe facendo pressione su 21 governanti arabi, decine di milioni di arabi hanno incanalato le loro energie su una causa persa, che i palestinesi stessi hanno trasformato in un bancomat. La “primavera araba”, innescata dalle privazioni economiche, ha ucciso la Causa Palestinese. Ed era ora. Chi crederà più che Israele è il Nemico dopo aver visto la “resistenza” di Assad gasare donne e bambini siriani? Il messaggio è chiaro: se non aderisci alla “resistenza” anti-Israele, sarai ucciso.

E poi, perché mai un capo palestinese dovrebbe volere la pace quando il conflitto garantisce la copertura per la più lampante delle scuse? Perché mai un capo palestinese dovrebbe desiderare di essere chiamato a rispondere responsabilmente, rinunciando a crogiolarsi nel comfort e nell’attenzione del mondo? Con questo status quo, qualunque cosa vada storta basta incolpare americani e israeliani. Stato o non stato, la vita dei palestinesi non cambierà dalla loro condizione attuale. Ma con uno stato, i comportamenti e le responsabilità della dirigenza palestinese dovrebbero cambiare radicalmente e sarebbero chiamati a corrispondere a standard molto più elevati di quelli che possono permettersi come eterne “vittime” dell’occupazione.

Lo Stato palestinese è un miraggio che i palestinesi continueranno a perseguire senza impegnarsi a crearlo davvero. Garantisce loro molta più attenzione di qualunque altra questione internazionale, e permette loro di continuare a incassare assegni dai proventi del petrolio in sintonia con la necessità della Lega Araba che gli arabi si occupino di tutto tranne dei problemi e delle questioni centrali al loro interno.

(Da: Times of Israel, 16.10.13)