L’inimmaginabile partita di calcio Australia-Palestina del 1939

Ovvero, le grottesche cantonate che rischia di pigliare chi fa scempio della storia pur di spogliare gli ebrei di identità e diritti

Di Marco Paganoni

L’ex parlamentare britannico George Galloway non è che un vecchio arnese del più vieto pregiudizio anti-israeliano. Se ci occupiamo di lui è solo perché è incorso in un infortunio web troppo gustoso per non essere ricordato, seppure a qualche mese di distanza.

Galloway, uno strenuo sostenitore del boicottaggio anti-Israele che ha più volte affermato che gli ebrei “non hanno alcun diritto in Palestina”, lo scorso 24 giugno ha postato su Twitter la videocronaca di una partita di calcio del 1939 indicata come “Australia-Palestina”.

“E dicono che non è mai esistita una Palestina…” ha chiosato sarcastico Galloway, già pregustando lo scorno di coloro che negano che Israele sia sorto cancellando una precedente “Palestina araba”. Tetragono nelle sue certezze, Galloway ha twittato il filmato senza porsi troppo domande. E così – suscitando ilarità generale – non si è accorto che la squadra che nel 1939 si presentava con fierezza sotto il nome di “Palestina” era la rappresentanza degli ebrei della Palestina Mandataria, come tali espressamente indicati anche dal commentatore, e più precisamente si trattava del Maccabi di Tel Aviv. Per la cronaca, l’Australia vinse 7 a 5. I giocatori palestinesi erano: G. Arazi, S. Ginzburg, L. Fuks, A. Schneider, F. Neufeld, S. Viner, G. Machlis, E. Pollak, A. Alembik, A. Resnik, M. Mirimovitz, L. Werner, A. Greenberg, J. Lieberman, J. Sidi, B. Mizrahi.

Palestinesi? Certo, giacché erano ebrei che vivevano in Palestina (o Eretz Israel, Terra d’Israele) prima della creazione dello Stato d’Israele. Né avrebbe potuto essere diversamente, dal momento che allora non esisteva nessuno stato arabo di Palestina (non è mai esistito, in effetti) e gli arabi che vivevano in Palestina si guardavano bene dal definirsi “palestinesi”: un termine che usavano gli ebrei, mentre gli arabi lo aborrivano.

Foto ricordo della delegazione Maccabi al torneo Erezt/Palestina-Australia del 1939 (clicca per ingrandire)

“Quando nel 1921 arrivammo in Palestina, che fino alla fine della prima guerra mondiale era stata una provincia turca arida e scarsamente abitata – scrisse Golda Meir sul New York Times (14.1.76) – noi pionieri ebrei ci definivamo palestinesi, e tutto il mondo ci indicava in quel modo. I nazionalisti arabi, dal canto loro, rifiutavano con veemenza tale denominazione. Insistevano sul fatto che quella terra, a cui noi aspiravamo da secoli, non era altro, come il Libano, che una porzione di Siria. Ed è appunto in nome del fatto che essa avrebbe smembrato il loro ipotetico stato arabo unitario che essi si batterono davanti alla Commissione d’inchiesta Anglo-Americana e davanti alle Nazioni Unite”. Proseguiva Golda Meir: “Quando lo storico arabo Philip K. Hitti informò la Commissione d’inchiesta Anglo-Americana che ‘nella storia non esiste nessuna Palestina’, toccò a David Ben-Gurion sottolineare il ruolo centrale della Palestina nella storia ebraica, se non in quella araba. Ancora nel maggio 1956 Ahmed Shukairy, che poi sarebbe diventato il capo dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, dichiarava al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite: ‘È noto che la Palestina non è altro che la Siria meridionale’. Alla luce di questo – concludeva Golda Meir – penso che mi si perdonerà se prendo in parola i rappresentanti arabi”.

Dunque, come è potuto accadere che Galloway incorresse in una gaffe tanto clamorosa e grottesca? In realtà, non c’è da stupirsi. Sono incidenti che capitano a chi si nutre di riscritture della storia e di falsi miti, e su di essi erige un’intera ideologia e un vasto apparato propagandistico, alacremente all’opera da decenni. Galloway è talmente convinto che gli ebrei sono completamente estranei a quella terra, che ogni volta che vede il termine “Palestina” non si prende nemmeno la briga di controllare: per lui è assiomatico che, da sempre, solo un arabo possa essere “palestinese”.

La stretta di mano all’inizio della partita Erezt/Palestina-Australia del 1939 (clicca per ingrandire)

Ed è qui che la questione diventa più ampia e va oltre il caso, in sé abbastanza patetico, del signor Galloway e delle sue personali idiosincrasie. Infatti – ed è questo il punto che ci pare necessario sottolineare, come abbiamo già avuto occasione di fare su queste colonne – l’autorappresentazione del nazionalismo palestinese è radicalmente fondata su questa fraudolenta riscrittura della storia. Il che di per sé potrebbe non essere nemmeno un problema insormontabile (non esiste nazionalismo che non si nutra anche di miti più o meno immaginari), se non fosse che – nel caso specifico – il mito nazionalista arabo palestinese si nutre della negazione del nazionalismo ebraico palestinese (e della legittimità delle sue rivendicazioni). Una negazione spinta al punto di non vedere nemmeno le Stelle di David sulle maglie dei calciatori “palestinesi” del ’39.

Se – a dispetto della verità storica – sono “palestinesi” solo gli arabi (preferibilmente musulmani), allora gli ebrei non possono che essere degli intrusi, degli invasori, dei colonialisti e così via. Spogliare dell’attributo di “palestinesi” gli ebrei di Palestina/Terra d’Israele serve a renderli ipso facto degli alieni: un’operazione concettualmente analoga a quella fatta dalle leggi razziali degli anni ’30 che spogliarono arbitrariamente della qualità di tedesco e di italiano gli ebrei tedeschi e gli ebrei italiani, rendendoli automaticamente “stranieri” in Germania e in Italia: e aprendo la strada alla loro radiazione, con le conseguenze che tutti conosciamo.

Defraudare gli abitanti ebrei della Palestina della qualifica di palestinesi, riservandola ai soli abitanti arabi, è dunque tre volte esecrabile: perché fa scempio della verità storica; perché costituisce di per sé un’operazione essenzialmente antisemita; e perché pone un ostacolo pressoché insormontabile a ogni autentica prospettiva di convivenza pacifica. Tutte cose che, all’evidenza, non impensieriscono minimamente il signor Galloway e i pari suoi.

(Da: informazionecorretta.com, 10.12.18)