L’instabilità politica in Israele stuzzicherà gli appetiti dell’Iran?

Crisi di coalizione ed eventuali nuove elezioni avranno ripercussioni su tutti nodi della politica estera di Gerusalemme, a cominciare dall’atteggiamento di Teheran

Di Seth J. Frantzman

Seth J. Frantzman, autore di questo articolo

Israele si è ritrovato mercoledì in grande incertezza politica, comprese le ipotesi su eventuali nuove elezioni anticipate (vedi qui una sintesi della situazione). Ma il nuovo round di scompigli politici potrebbe assumere una forma diversa da quelli precedenti, perché l’allora primo ministro Benjamin Netanyahu, anche quando era in carica provvisoriamente come dimissionario, era un fattore noto all’Iran, mentre al momento non ha poteri esecutivi. Netanyahu è sempre stato diretto ed esplicito nel suo ammonire contro la minaccia iraniana, ma è stato anche un premier molto cauto che ha sempre cercato di evitare l’escalation verso ampi conflitti nella regione. Nel 2018, ad esempio, arrivò a provocare una crisi di coalizione pur di non entrare a Gaza con truppe di terra.

Il governo attuale è in carica da una decina di mesi e finora non c’è stato nessun nuovo conflitto. Tuttavia, gli incidenti quotidiani alla Porta di Damasco di Gerusalemme sono del genere che potrebbe portare a un conflitto più ampio giacché l’Iran e i suoi gregari, come Hamas, hanno interesse ad approfittare di quei disordini per creare un motivo di scontro con Israele (l’hanno già fatto nel maggio 2021). L’Iran e i suoi alleati non sono dilettanti. Il capo di Hezbollah Hassan Nasrallah è in carica da decenni, così come la dirigenza di Hamas. Conoscono Israele. Sanno che un nuovo leader israeliano, anche il più riluttante, se messo alla prova deve dimostrare d’essere capace di ricorrere allo strumento militare.

Il primo ministro israeliano Naftali Bennett (a sinistra) con il ministro degli esteri e primo ministro vicario Yair Lapid

Per come si sono messe le cose, la crisi politica innescata mercoledì potrebbe portare temporaneamente al timone l’attuale ministro degli esteri e primo ministro vicario Yair Lapid. Lapid ha recentemente incontrato i ministri degli esteri greco e cipriota e ha ospitato i suoi colleghi di Marocco, Emirati Arabi Uniti, Bahrain ed Egitto al Vertice del Negev. È un ministro degli esteri dinamico ed energico, che ha saputo fin qui imprimere il suo marchio. Ma cosa farebbe Lapid in una crisi nella quale l’Iran iniziasse a spostare armamenti sempre più potenti e pericolosi in Iraq, in Siria e in Libano, facendo scelte che sicuramente susciterebbe enorme preoccupazione in Israele. Dove sarebbe la sua linea rossa?

I dilemmi sollevati dal subbuglio politico e dall’eventualità di nuove elezioni in Israele potrebbero anche influire sul potenziale nuovo accordo nucleare con l’Iran. Come gestirà Israele le pressioni riguardo a qualsiasi tipo di accordo con l’Iran, o alle provocazioni di un continuo arricchimento nucleare iraniano?

E poi ci sono gli interrogativi circa le relazioni con la Russia in Siria e su come la Russia stia gestendo la Siria ora che sembra ritrarsi dall’attaccare la città di Kiev. Mentre l’attuale leadership israeliana è critica verso Mosca (Lapid ha più volte esplicitamente condannato l’operato di Mosca), gli alleati di Netanyahu, attualmente all’opposizione, tendono a mantenersi più defilati riguardo alla guerra in Ucraina. Netanyahu si è congratulato con il primo ministro ungherese Viktor Orban per la sua rielezione. Orban è anche elogiato dal presidente russo Vladimir Putin, ma è un personaggio sempre più controverso in Europa.

Tutto questo conta. L’Iran potrebbe vedere la confusione politica in Israele come un’opportunità per fare nuovi passi in Iraq, Siria, Libano e anche nello Yemen. Israele ha nuovi alleati nel Golfo, ma anche l’Iran si è rafforzato. Teheran ha usato missili per colpire Erbil e ha autorizzato gli Houthi ad attaccare nel Golfo, tutte mosse che dimostrano l’ampiezza e l’audacia della forza e dell’impunità su cui può contare l’Iran. Ora la guerra della Russia ha aperto un vaso di Pandora di impunità per nuove guerre. È possibile che l’Iran voglia mettere alla prova Israele durante il Ramadan, e ora che a Gerusalemme si è aperta una crisi politica, Teheran potrebbe considerarla come un via libera.

(Da: Jerusalem Post, 6.4.22)