“L’Iran? Problema vostro”

L’aiuto militare Usa a Israele, Egitto e stati del Golfo copre la decisione di abbandonare la lotta all’Iran?

Da un articolo di Guy Bechor

image_1799Il segretario di stato Usa Condoleezza Rice è venuto in Medio Oriente con la borsa piena di regali preoccupanti. Israele riceverà 30 miliardi di dollari nell’arco dei prossimi dieci anni per acquisti di attrezzature militari; l’Egitto riceverà 13 miliardi in dieci anni, di nuovo in aiuti militari; sei stati del Golfo – Arabia Saudita, Qatar, Kuwait, Bahrain, Oman ed Emirati Arabi Uniti – riceveranno in tutto altri 20 miliardi di dollari.
Il messaggio della Rice è che questi aiuti dovranno contribuire a sconfiggere la minaccia di al-Qaeda, degli sciiti Hezbollah, della Siria e dell’Iran (per qualche ragione non ha menzionato Hamas). Dunque, perché quei musi lunghi sui volti dei leader della regione? Perché hanno già iniziato a capire le dimensioni del sciagura.
Tutto quel ben di dio, infatti, serve ad addolcire un semplice fatto: gli Stati Uniti non hanno in programma alcun intervento militare contro l’Iran e ai loro alleati in Medio Oriente dicono: vi daremo le armi e non mancheremo di farvi coraggio, buona fortuna contro l’Iran.
Non c’è altra spiegazione per questa esplosione di generosità che punta a creare un salvagente militare per il Medio Oriente simile al salvagente diplomatico della conferenza in programma per l’autunno. Ma questo salvagente è frutto di un Medio Oriente che deve far fronte al programma di riarmo convenzionale e nucleare dell’Iran.
Sorprendentemente non si vedono segni di una qualunque campagna di pressioni diplomatiche sull’Iran da parte degli Stati Uniti. Persino Gran Bretagna, Francia e Germania appaiono più decise per quanto riguarda un rafforzamento delle sanzioni contro Teheran. L’America di Bush sembra aver perso interesse alla cosa.
Dal che si può anche capire che non c’è grande determinazione dietro alla prevista conferenza di pace. Il lavoro preparatorio va avanti a rilento. Non è certo così che venne organizzata la conferenza di Madrid del 1991, quando per almeno sei mesi l’allora segretario di stato James Baker aveva viaggiato per il Medio Oriente premendo, minacciando, allettando, oliando. Alla fine ci fu una conferenza riuscita, che avviò un processo di pace.
Non sono buone notizie per il Medio Oriente. L’approccio soft della Rice ha battuto la linea dura del vice presidente Cheney. Ma dal momento che l’America non è interessata ad abbandonare i suoi alleati, addolcisce la sua rinuncia con vari tipi di offerte. Ma non ci si faccia illusioni: è una rinuncia. Gli Stati Uniti cercano una via d’uscita dalla regione dopo il fiasco in Iraq (…).
Anche l’Iran ha inziato a prender nota della rinuncia dell’America e si comporta di conseguenza, facendosi sempre più ardito e provocatorio. Assistiamo a crescenti attività terroristiche iraniane in Libano, nei territori palestinesi e in Iraq. L’America ha avviato un’altra crisi mediorientale, che potrebbe condurre a un disastro in tutta la regione. Quanto maggiori erano le aspettative iniziali, tanto maggiori sono la rabbia e la delusione.
Che fare, dunque? Accettare l’aiuto Usa significa accettare la decisione americana di abbandonare la lotta contro l’Iran, e non c’è modo di tornare indietro. Israele e gli altri stati della regione hanno accettato di ricevere gli aiuti militari americani e d’ora in poi l’Iran sarà un problema nostro.

(Da: YnetNews, 19.08.07)

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