L’Iran sta muovendo guerra a Israele. Da Gaza

Teheran non vuole tregue fra Gaza e Israele, per questo taglia i fondi a Hamas e li aumenta ai suoi scagnozzi della Jihad Islamica. A scapito della popolazione palestinese

Di Muhammad Shehada

Muhammad Shehada, autore di questo articolo

Mentre si calmano le acque dopo l’ultima settimana di escalation tra Israele e Gaza, né Hamas né Netanyahu possono dire d’aver ottenuto una vittoria o una svolta sostanziale. C’è invece un’altra fazione politica a Gaza che è in costante ascesa verso la popolarità sulla scia di questi ultimi eventi: la Jihad Islamica palestinese.

Anche se alcuni commentatori locali, e la stessa Hamas, hanno cercato di sostenere che il razzo lanciato sull’area di Tel Aviv lunedì scorso era un “incidente”, la Jihad Islamica si è rifiutata di sconfessare l’attacco missilistico scegliendo anzi di aggravare la situazione nella speranza di guadagnarci politicamente. Il suo nuovo capo, Ziad Nakhallah, ha subito dichiarato che se Israele avesse reagito loro avrebbero “risposto duramente”. Poi, mentre si profilava il bombardamento di reazione israeliano, l’intelligence egiziana trasmetteva a Hamas il messaggio che la risposta di Israele sarebbe stata contenuta se i gruppi militanti di Gaza non avessero reagito al primo round di attacchi aerei. Viceversa, hanno avvertito gli egiziani, sparare altri razzi su Israele avrebbe probabilmente innescato una guerra. Hamas ha preso atto del messaggio e si è morsa la lingua. Ma ancora una volta è stata la Jihad Islamica a rompere il consenso fra le fazioni di Gaza e a lanciare una raffica di razzi sul sud di Israele, che ha anche filmato con grande compiacimento e diffuso quasi istantaneamente.

Membri della Jihad Islamica palestinese in parata a Gaza

Non era certo la prima volta che la Jihad Islamica metteva consapevolmente in imbarazzo Hamas sfidando senza mezzi termini le sue “linee rosse”, col rischio di far saltare tutto a Gaza. Due settimane prima, altri due razzi simili erano stati lanciati “accidentalmente” verso Tel Aviv da membri di Hamas. Quest’ultima, decisa a preservare i negoziati indiretti sul cessate il fuoco con Israele, non solo si scusò immediatamente per l’incidente, ma arrestò anche i propri operativi che additava come responsabili. La Jihad Islamica, dal canto suo, non aveva perso tempo e aveva diramato una dichiarazione chiaramente intimidatoria: “Nonostante gli sforzi egiziani, noi eleviamo il nostro grado di preparazione e lo stato di allerta per combattere l’occupazione”. Un capo di Hamas, Musa Abu Marzouq, aveva pubblicamente denunciato la “dichiarazione d’escalation” della Jihad Islamica proclamando che i suoi “razzi politicizzati devono essere fermati”. Tutto questo avveniva dopo che il capo di Hamas, Ismael Haniya, aveva incontrato Nakhallah poche settimane prima al Cairo e gli aveva chiesto di rispettare gli accordi per il cessate il fuoco a Gaza. Nello stesso mese, infatti, la Jihad Islamica aveva lanciato due ordigni su Israele per vendicare attacchi aerei israeliani contro obiettivi iraniani in Siria.

L’attrito fra Hamas, determinata ad affermare il suo rigido controllo su Gaza, e la Jihad Islamica, determinata a disobbedire e sfidare gli ordini di Hamas, segue uno schema evidente che si è venuto plasmando sin da quando i colloqui indiretti tra Israele e Hamas hanno iniziato a dare qualche frutto limitato: Israele ha permesso il trasferimento di denaro contante dal Qatar per pagare i dipendenti di Hamas e ha permesso che entrasse nell’enclave più carburante. In realtà, la tensione fra le due fazioni è intrinseca alle ideologie divergenti abbracciate da Hamas e Jihad Islamica. Hamas è un’estensione della corrente di pensiero dei Fratelli Musulmani; la Jihad Islamica abbraccia la rivoluzione islamista iraniana. Hamas crede nell’importanza dell’Olp e cerca accanitamente di strappare a Fatah il controllo sull’Autorità Palestinese. La Jihad Islamica non riconosce affatto l’Olp come unico rappresentante del popolo palestinese, respinge l’Autorità Palestinese (frutto del processo di pace con Israele) e rifiuta il perseguimento da parte di Hamas di un cessate il fuoco duraturo a Gaza. Come ha affermato l’ex capo della Jihad Islamica, Ramadan Shalah, un tale cessate il fuoco “escluderebbe Gaza dal conflitto e favorirebbe il tentativo di Israele di ingoiare la Cisgiordania”.

Il capo della Jihad Islamica palestinese Ziad al Nakhallah (a sinistra) a colloquio con il ministro degli esteri iraniano Mohammad Javad Zarif

Entrambi i gruppi armati sono riusciti a coesistere e persino a operare dalla stessa sala di comando e controllo (la cosiddetta “sala operativa delle fazioni palestinesi”) per più di un decennio, condividendo i privilegi legati al fatto di controllare il ceto dominante a Gaza. Cooperano secondo un do ut des: in cambio di acquiescenza, cooperazione e sostegno, Hamas ha concesso al personale della Jihad Islamica uno status superiore rispetto al resto della popolazione di Gaza, ad esempio considerando i capi della Jihad Islamica al di sopra della legge e permettendo al loro movimento di operare, reclutare e sfilare liberamente e sviluppare le proprie capacità militari senza vincoli. Di conseguenza, entrambi i gruppi cercavano di agire in modo relativamente consensuale in merito alle decisioni se scontrarsi con Israele, sebbene Hamas conservasse un potere e un dominio superiori rispetto alla Jihad Islamica. Questo equilibrio si è mantenuto grazie alla leadership relativamente disciplinata di Ramadan Shalah. Ma tutto è cambiato quando Shalah ha improvvisamente disertato la scena politica, nell’aprile 2018, sostituito da un capo ignorante, cocciuto e militarista come Ziad Nakhallah, noto soltanto per aver giurato lealtà cieca ed eterna all’Iran e in particolare alla Forza Quds delle Guardie Rivoluzionarie.

Nakhallah ha accelerato la trasformazione del suo gruppo in una succursale iraniana, gestita a Teheran con un interruttore acceso/spento che ha lo scopo di attizzare i problemi a Gaza ogni volta che l’Iran ha bisogno di creare un diversivo, una ritorsione o di inviare un messaggio. Negli ultimi mesi, l’Iran ha espresso la sua disapprovazione per un possibile cessate il fuoco a lungo termine fra Hamas e Israele: uno scenario che certamente non risponde agli interessi di Teheran. Un Israele che non dovesse più preoccuparsi di Gaza avrebbe più tempo, energie e risorse per combattere la presenza iraniana in Siria. La netta opposizione dell’Iran sia alla riconciliazione intra-palestinese sia a una tregua con Israele ha significato un allentamento dell’abbraccio di Hamas da parte di Teheran. Il che ha spinto l’Iran a gonfiare la Jihad Islamica fino al punto in cui avrebbe intrapreso una battaglia di pari forza con Hamas. Questa spinta ha lo scopo di spingere la Jihad Islamica a scippare a Hamas il diritto di decidere su guerra o pace. Così, nell’ultimo decennio, mentre il sostegno finanziario dell’Iran a Hamas diminuiva drasticamente, il suo sostegno alla Jihad Islamica aumentava drammaticamente fino a livelli pazzeschi. A causa delle difficoltà finanziarie del movimento, i militanti di Hamas non hanno ricevuto lo stipendio per diversi mesi. Ormai il movimento si regge quasi esclusivamente sui finanziamenti generati dalle tasse imposte ai palestinesi di Gaza e dal traffico di contrabbando. Al contrario, la Jihad Islamica è così piena di soldi che ha distribuito aumenti di stipendio ai suoi membri. Ciò ha suscitato talmente tanta invidia all’interno di Hamas che alcuni giovani membri hanno persino disertato per aderire alla Jihad Islamica attirati dai vantaggi economici che offre. Mentre la Jihad Islamica prospera, il vecchio status quo con Hamas va franando. Hamas era abituata a comperare la condiscendenza della Jihad Islamica, ma non funziona più. In altre parole, la Jihad Islamica sta diventando sempre più indomabile.

Spinto dalla preoccupazione per l’imprevedibilità della Jihad Islamica, l’Egitto insieme a Hamas sta esercitando enormi pressioni sul gruppo filo-iraniano perché torni in riga. Al momento non sembra un obiettivo raggiungibile. La Jihad Islamica si sta adoperando per sfruttare ogni opportunità, grande o piccola, per mantenere Gaza sulla strada che porta a un’altra guerra con Israele. I capi della Jihad Islamica e i loro burattinai a Teheran sono tuttora convinti che questa sia la migliore possibilità che hanno di far saltare l’allettante status quo fra Hamas e Israele, e per sostituirsi fieramente e senza compromessi a Hamas come la vera avanguardia della “resistenza armata” palestinese.

(Da: Ha’aretz, 29.3.19)