L’Israele che piacerebbe a mass-media, pacifisti ed esperti occidentali

Chi spiega le opinioni della maggioranza moderata israeliana viene definito “fanatico dell’estrema destra”.

Di Barry Rubin

image_3314Esiste la costante tendenza, in occidente, da parte di governi, mass-media, “pacifisti” ed “esperti” vari, a dipingere come “estremisti” e “sostenitori fanatici della destra israeliana” tutti coloro che danno voce all’opinione degli osservatori professionali israeliani e alle posizioni prevalenti più diffuse nell’opinione pubblica israeliana. Il che mi ha spinto a domandarmi che cosa bisognerebbe dire, invece, per risultare graditi a questi soggetti. Quale sarebbe, secondo loro, una posizione moderata o di centro? Cosa dovrebbe dire l’israeliano “di larghe vedute”?
Suppongo che dovrebbe dire innanzitutto che Barack Obama, per Israele, è il miglior presidente americano che ci sia mai stato (d’altronde, lo dice lui stesso!), che non c’è alcun problema nei rapporti fra Stati Uniti e Israele, e che se mai ve ne fossero, sono interamente dovuti all’intransigenza egoista, miope e irragionevole del governo israeliano.
Secondo questo punto di vista, l’unica opinione ammissibile è quella secondo cui la pace coi palestinesi potrebbe essere raggiunta in pochi mesi se soltanto Israele facesse qualche concessione e la smettesse di essere così bellicoso e testardo. L’Autorità Palestinese, viceversa, non ha da modificare nessuna delle sue politiche: non è necessario che la smetta con l’istigazione all’odio contro Israele e gli ebrei, né che affermi apertamente, inequivocabilmente e in arabo che gli ebrei hanno diritto ad avere un paese indipendente nella Terra d’Israele storica, né che i palestinesi sono tenuti a negoziare e accettare compromessi. Gli israeliani non devono sollevare queste questioni.
Capisco che l’unica opinione ammissibile è quella secondo cui l’Autorità Palestinese desidera sinceramente la pace, e se le venisse consegnata la Cisgiordania, più un corridoio di collegamento con la striscia di Gaza, più tutta Gerusalemme est, si rivelerebbe all’istante un partner perfettamente affidabile, determinato a mantenere tutti i propri impegni. In cambio di un accordo di pace, Israele dovrebbe ritirarsi esattamente sulle linee pre-’67, eventualmente con qualche minimo aggiustamento, e smantellare tutti gli insediamenti (e magari anche tutti i quartieri ebraici sorti a Gerusalemme dopo il ’67). Viceversa, chiedere che l’Autorità Palestinese riconosca Israele come stato nazionale del popolo ebraico, previo un accordo per il re-insediamento dei profughi palestinesi (e loro discendenti) nel futuro stato di Palestina (o nei paesi dove adesso vivono) anziché all’interno di Israele, e per uno stato palestinese che sia smilitarizzato, sono pretese assolutamente irragionevoli, o addirittura provocatorie, e bisogna lasciarle perdere perché bloccano la pace. Naturalmente, le richieste dell’Autorità Palestinese non bloccano mai la pace per definizione.
Se avvenisse tutto questo, il Medio Oriente diventerebbe un luogo tranquillo e pacifico, gli islamisti perderebbero consensi o diverrebbero moderati, il terrorismo contro l’occidente cesserebbe e l’America sarebbe amatissima. Israele deve smetterla di chiedere garanzie per la sua sicurezza, perché anche queste bloccano la pace. Anche la collaborazione fra Autorità Palestinese e Hamas non è un vero problema giacché, una volta raggiunto l’accordo di pace, Hamas abbandonerà il suo obiettivo di spazzare via Israele dalla carta geografica e non vi saranno più né lanci di razzi e mortai, né attentati da oltre confine. E se per avventura Hamas dovesse attaccare di nuovo dalla striscia di Gaza, Israele non deve comunque reagire perché farlo comporta per definizione un uso sproporzionato della forza e danni ai civili palestinesi. Il fatto che la comunità internazionale non abbia saputo mantenere l’impegno di impedire a Hezbollah di riarmarsi alla grande nel Libano meridionale (e a Hamas di farlo a Gaza) e di fermare il traffico di armi, non ha alcuna importanza e Israele non deve sollevare questa questione. Si tratta di un dettaglio trascurabile che non deve influenzare il pensiero o le scelte di Israele, né Israele deve farsi influenzare dall’esperienza del processo di pace degli anni ’90 o del fallito summit di Camp David del luglio 2000. Naturalmente – come si sa – se il futuro stato di Palestina dovesse mai violare gli accordi di pace, i paesi occidentali interverrebbero con la massima determinazione a fianco di Israele sostenendone il diritto all’autodifesa, e le Nazioni Uniti attribuirebbero ai palestinesi le loro responsabilità prendendo rapidamente tutte le misure necessarie.
Per quanto riguarda l’ascesa al potere degli islamisti in Egitto, Tunisia e Libia, Israele non deve avere alcun timore. I Fratelli Musulmani sono in realtà dei moderati e Israele deve smetterla di paventare presunti pericoli o minacce da parte di questi gruppi. Spetta a Israele ricucire i rapporti con l’Egitto, senza stare a preoccuparsi per i rinnovati attentati terroristici da oltre confine, i ripetuti attacchi al gasdotto nel Sinai o l’assalto e saccheggio dell’ambasciata israeliana al Cairo ad opera di una folla col beneplacito del governo. Anzi, forse sarebbe meglio che Israele acconsentisse a rimettere in discussione e rinegoziare il trattato di pace con l’Egitto.
Idem per la Turchia. Israele dovrebbe scusarsi con Ankara per aver permesso che soldati delle Forze di Difesa israeliane si difendessero dall’attacco di terroristi jihadisti a bordo della Mavi Marmara (illegalmente diretta a Gaza), dovrebbe indennizzare le famiglie degli aggressori e porre fine ad ogni forma di blocco, consentendo illimitate importazioni di qualunque cosa nella striscia di Gaza, armi sofisticate comprese. È chiaro che il crollo dei rapporti israelo-turchi è totalmente colpa di Israele.
Israele deve abbandonare in partenza qualunque ipotesi di attacco agli impianti nucleari iraniani, in qualunque momento: non solo adesso, per impedire a Tehran di ottenere armamenti nucleari; ma verosimilmente anche in futuro, quando si percepisse una minaccia ad Israele proveniente dall’Iran. Piuttosto, Israele deve affidarsi alla protezione americana: se l’Iran colpirà Israele con armi nucleari, gli Stati Uniti (forse, dopo) reagiranno contro l’Iran.
Onestamente non credo di aver esagerato le posizioni di tanti “osservatori” e “pacifisti” europei e americani (compresi parecchi ebrei) circa quella che sarebbe secondo loro una “corretta” politica da parte di Israele. Curiosamente noto che in Israele né il partito Kadima (opposizione di centro) né il partito laburista aderiscono a siffatta piattaforma. Sarebbe interessante provare a interrogare dei passanti israeliani a caso per le strade di Tel Aviv e di Gerusalemme su cosa pensano di questa “corretta” politica proposta da tanti a Israele.
Ma come al solito, dal momento che in generale il grosso dei mass-media occidentali non permettono una vera replica al ridicolo di questo programma per Israele che loro stessi così spesso promuovono, non capiterà quasi mai di leggere i punti di cui sopra così enunciati: si limitano a lasciar intendere alla gente che l’attuale governo israeliano è irragionevolmente retrivo e intransigente, e che il Medio Oriente sarebbe perfetto se soltanto gli israeliani lasciassero che il loro governo venisse scelto dai “pacifisti” europei e americani.
Infatti anche questo articolo, se verrà citato, sarà per dire che è “estremista” e “sostenitore fanatico della destra israeliana”.

(Da: Jerusalem Post, Global Research in International Affairs-GLORIA, 19.12.11)

Nella foto in alto: Barry Rubin, autore di questo articolo