L’israeliana araba drusa che presenta agli ebrei americani “un altro Israele”

Gadeer Kamal Mreeh non è il solito inviato dell'Agenzia Ebraica. Tanto per cominciare, non è ebrea. Ma questa ex parlamentare e giornalista tv è abituata ad aprire strade nuove

Di Judy Maltz

Judy Maltz, autrice di questo articolo

Non molto tempo dopo aver assunto il suo nuovo incarico a Washington, Gadeer Kamal Mreeh stava facendo una passeggiata con la sua famiglia nel Great Falls Park quando ha visto che il figlio più piccolo correva avanti su un tratto di sentiero un po’ pericoloso. “Rallenta, rallenta” lo ha richiamato in arabo. Un escursionista di passaggio ha riconosciuto la lingua e ha chiesto se la famiglia fosse del Marocco. “No – ha risposto Kamal Mreeh – siamo israeliani”. L’interlocutore si è offerto di correggerla: “Intende Palestina”. “No, intendo Israele” ha ribattuto Kamal Meeh. “Vuole dirmi che ci sono arabi in Israele?” ha insistito l’escursionista, visibilmente sorpreso. “In effetti siamo il 20 per cento della popolazione – ha risposto Kamal Mreeh – Siamo due milioni, in Israele”. Dopo lo scambio, l’ex giornalista e parlamentare si è rivolta al marito e ha osservato: “Ecco perché dobbiamo essere qui”.

Kamal Mreeh, 37 anni, è il primo membro della comunità drusa – una minoranza religiosa di lingua araba – ad essere nominata inviata, o shaliach, dell’Agenzia Ebraica. È la prima non ebrea, in effetti, a ricoprire una posizione di così alto rango nell’organizzazione. Ha assunto il nuovo ruolo lo scorso luglio, entrando a far parte della squadra di una dozzina di rappresentanti dell’Agenzia Ebraica che ha sede nell’area di Washington. Un tempo il compito principale dell’inviato dell’Agenzia Ebraica era promuovere e agevolare l’immigrazione ebraica in Israele. In anni più recenti, con l’aliyà in diminuzione, l’organizzazione ha spostato l’attenzione su fare da ponte tra Israele e le comunità ebraiche della Diaspora. Di conseguenza anche il lavoro dell’inviato è cambiato. Kamal Mreeh, ad esempio, non è coinvolta nella gestione dell’aliyà (un tema squisitamente ebraico). Nella sua nuova doppia posizione, funge da collegamento speciale con la Federazione Ebraica della Grande Washington e opera in coordinamento con la fondazione Hillel International per promuovere l’interessamento verso Israele degli studenti ebrei nei campus universitari di tutta l’America.

Gadeer Kamal Mreeh, araba israeliana della comunità drusa, ex giornalista, ex parlamentare, attuale inviata dell’Agenzia Ebraica negli Stati Uniti

“Fa parte di un nuovo sforzo dell’Agenzia Ebraica volto a presentare agli ebrei americani voci nuove e fresche provenienti da Israele”, spiega Kamal Mreeh nella sua prima intervista (via Zoom) da quando ha iniziato il lavoro. Perlomeno nel suo caso, si tratta sicuramente di una voce non convenzionale. “Quando parlo al pubblico qui in America devo spiegare che sono israeliana ma non ebrea, araba ma non musulmana, parte di una minoranza all’interno di una minoranza”, dice, riferendosi al fatto che i drusi sono un piccola minoranza all’interno della più ampia minoranza araba. “Spiego che la mia lingua madre è l’arabo e sono araba, ma vivo in Israele e sono anche un’orgogliosa israeliana. E per di più, provengo dalla periferia del paese”.

In quanto prima non ebrea a ricoprire una posizione di vertice presso l’Agenzia Ebraica – la più grande organizzazione no-profit ebraica del mondo – Kamal Mreeh si qualifica sicuramente come una pioniera. E non è la prima volta. Spesso, infatti, scherza sul fatto che dopo aver trascorso gran parte della sua vita sgomitando per imboccare nuove strade, “mi fanno male i gomiti”. Ha iniziato la sua carriera nel giornalismo dieci anni fa, quando è stata assunta dall’emittente pubblica israeliana per condurre un programma televisivo in arabo. Cinque anni dopo, nel 2017, è diventata la prima donna non ebrea a condurre un telegiornale in lingua ebraica, ricoprendo per sette mesi il ruolo di conduttrice dell’edizione del fine settimana in lingua ebraica di Canale 1.

Poi è diventata la prima donna drusa ad essere eletta alla Knesset. Dapprima è stata eletta nell’aprile 2019 come rappresentante di Kahol Lavan (Blu Bianco, di Benny Gantz), che si presentò in quelle elezioni insieme a Yesh Atid (C’è futuro, di Yair Lapid). Quando i due partiti si divisero nel maggio 2020, dopo che Kahol Lavan accettò di entrare a far parte del governo guidato da Benjamin Netanyahu, Kamal Mreeh ha lasciato il partito di Gantz per passare all’opposizione con Yesh Atid. Era arrabbiata per il fatto che Kahol Lavan, come parte dell’accordo di coalizione con il Likud, avesse lasciato cadere la promessa di far modificare la Legge Fondamentale “Israele come stato nazionale del popolo ebraico”, da molti percepita come discriminatoria nei confronti della minoranza araba israeliana.

Gadeer Kamal Mreeh quando era parlamentare alla Knesset

Residente a Daliat al-Carmel, la più grande città drusa in Israele, Kamal Mreeh annunciò la sua decisione di ritirarsi dalla politica prima delle ultime elezioni israeliane del marzo 2021 adducendo “motivi personali”. In quanto donna drusa con ambizioni professionali, Kamal Mreeh afferma di aver dovuto affrontare scoraggianti ostacoli nel corso della sua carriera. “Come dico spesso – spiega – ho dovuto fare i conti con la triplice sfida di essere donna, di vivere alla periferia del paese (non la cosiddetta bolla di Tel Aviv) e di far parte di una società patriarcale”. Così patriarcale, in effetti, che prima di avventurarsi in politica ha dovuto ricevere la benedizione dello sceicco Mowafaq Tarif, il leader spirituale della comunità drusa in Israele. Fu accompagnata all’incontro a casa di Tarif dal leader di Kahol Lavan, Benny Gantz. “Per l’occasione – racconta – mi sono persino coperta la testa e il collo con una sciarpa bianca [come è tradizione tra le donne druse], e quando abbiamo ricevuto la sua benedizione mi è venuto da piangere e ho esclamato: ce l’abbiamo fatta”.

Ma quando lo scorso giugno è stata annunciata la sua nuova nomina nell’Agenzia Ebraica, non tutti nella comunità drusa erano entusiasti. Molti si sono chiesti come potesse, una donna che era stata una voce critica della Legge Fondamentale sullo stato-nazione e una nota sostenitrice dei diritti delle minoranze, entrare a far parte di un’organizzazione così espressamente ebraica. “Alcuni di loro – spiega – avevano l’impressione che l’Agenzia Ebraica fosse di estrema destra e che io mi fossi adeguata, il che è totalmente sbagliato. Chiunque mi conosca sa che tengo in gran conto onestà e integrità e che non cambierei mai le mie opinioni per un posto di lavoro”. In effetti, Kamal Mreeh afferma che nei dibattiti con ebrei americani non censura le proprie opinioni sulla legge dello stato-nazione, né su qualsiasi altra cosa se è per questo. “E dico loro che non devono avere alcun timore a criticare Israele. In realtà, mi preoccuperei se smettessero di criticare Israele perché significherebbe che non l’hanno più a cuore. Devono sapere che possono parlare liberamente di Israele, nel bene e nel male”. E a quelli della sua comunità arabo-drusa che ancora non si fidano, Kamal Mreeh lancia questo messaggio: “Fidatevi. Sapete chi sono. Sono venuta qui a raccontare anche la vostra storia. Sono qui per spiegare agli ebrei americani che se vogliono rafforzare la resilienza sociale in Israele, è nel loro interesse sostenere i diritti delle minoranze e la collaborazione con i gruppi minoritari”.

Gadeer Kamal Mreeh neo-inviata dell’Agenzia Ebraica, con Isaac Herzog, attuale presidente d’Israele

Dopo aver lasciato la politica l’anno scorso, a Kamal Mreeh non mancavano le offerte di lavoro, anche negli stati del Golfo. “Ma volevo rimanere connessa con il mio paese – dice – perché il mio paese è molto importante per me”. Durante il suo periodo relativamente breve alla Knesset, ha investito considerevoli sforzi nel tentativo di spiegare ai suoi colleghi parlamentari perché la Legge Fondamentale sullo stato nazionale ha minato, a suo avviso, “i veri valori del sionismo come l’uguaglianza per tutti”. Ma con scarso successo. “Alla fine mi sono resa conto che quando uno viene eletto al parlamento, è troppo tardi per cercare di fargli cambiare visione e io, se volevo influire sull’opinione pubblica, dovevo concentrarmi su un altro pubblico, in particolare sui giovani. Ed è per questo che ho accettato questo incarico”.

Il suo contratto con l’Agenzia Ebraica è di due anni, con la possibilità di prorogarlo di un altro anno. Alla domanda se abbia in programma un ritorno alla politica, Kamal Mreeh risponde: “Può darsi. Se e quando accadrà, sarò una persona molto più informata, dopo aver fatto questa esperienza”. Nonostante si sia candidata alla Knesset in un partito di centro, Kamal Mreeh dice di non definirsi politicamente centrista. “Sono contraria a etichettarmi – dice – Su alcune questioni mi vedo di centrosinistra e su altre di centrodestra”. Si augura che il nuovo governo israeliano duri abbastanza a lungo da permettere a Yair Lapid di subentrare a Naftali Bennett nella carica di primo ministro (cosa che dovrebbe avvenire nell’agosto 2023, in base all’accordo di coalizione).

Questa è la prima volta che Kamal Mreeh vive all’estero. In effetti, è la prima volta che vive lontana dalla sua famiglia che sta nel nord di Israele. “Noi drusi siamo famosi per essere persone molto radicate – osserva – Il luogo dove nasci è quello dove ti sposi e dove trascorri la tua vita. Anche quando lavoravo a Gerusalemme, ho continuato a vivere a Daliat al-Carmel ed è stato un bel pendolare”.

L’inviata dell’Agenzia Ebraica a Washington parla correntemente arabo, ebraico e inglese. Ma sei mesi dopo essersi trasferita negli Stati Uniti, ammette, i suoi figli (di 7 e 12 anni) sembrano più americani di lei. “Proprio l’altro giorno, mio figlio mi stava correggendo la pronuncia di parole dell’inglese di base” ride. Tra le sorprese più grandi per lei, in questa assegnazione oltreoceano, c’è la constatazione di quanto interesse susciti tra gli ebrei americani il tema del conflitto israelo-palestinese. “È incredibile quanto ne parlano qui – dice – Molto più di quanto facciamo in Israele”. E ogni volta che l’argomento emerge nei suoi incontri con la gente del posto, dice Kamal Mreeh, lei si assicura che arrivi il seguente avvertimento: “È complicato, molto più complicato di quanto pensate di sapere”.

(Da: Ha’aretz, 3.2.22)