Lo stato Palestinese? E che male potrà mai fare a Israele?

Basta vedere per capire

Di Martin Sherman

Martin Sherman, autore di questo articolo

“Se verrà istituito, lo stato palestinese sarà armato fino ai denti. Al suo interno vi saranno basi delle forze terroristiche più estremiste, dotate di razzi anti-carro e anti-aerei da spalla, che metteranno in pericolo non solo cittadini presi a caso, ma tutti gli aerei e gli elicotteri che decollano nei cieli di Israele, e ogni veicolo che transita lungo le principali arterie di traffico nella pianura costiera. Le frontiere dello stato palestinese costituiranno un eccellente punto di partenza per forze mobili che volessero sferrare attacchi alle infrastrutture vitali per l’esistenza di Israele, impedire ogni libertà di movimento all’aviazione israeliana e provocare spargimenti di sangue tra la popolazione” (Shimon Peres, Tomorrow is Now, Edizioni Keter, pp. 232, 255).

“Israele, paese piccolo e vulnerabile, non potrebbe né esistere né prosperare se i suoi centri urbani e il suo aeroporto venissero bombardati. Questo è il terribile pericolo implicato dalla creazione di un terzo stato sovrano indipendente tra Israele e il fiume Giordano” (Amnon Rubinstein, “The Pitfall of a Third State”, Ha’aretz, 8 agosto 1976).

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Queste due citazioni sintetizzano, con agghiacciante precisione, i gravi pericoli a cui Israele sarebbe esposto se venisse insediato uno stato palestinese sulle alture che dominano la pianura costiera, l’area più densamente popolata del paese dove vive circa l’80% della popolazione civile e dove si svolgono la maggior parte delle sue attività produttive. Si tratta di minacce tutt’altro che teoriche, specie alla luce di quanto è ripetutamente accaduto dopo i ritiri israeliani dal Libano meridionale (2000) e dalla striscia di Gaza (2005), e la quantità di regimi e organizzazioni che dichiarano apertamente di voler approfittare di ogni possibile opportunità per colpire e annichilire Israele.

I pericoli di cui stiamo parlando appaiono in tutta la loro drammatica chiarezza nella serie di fotografie riportate in questo articolo, scattate dall’interno del territorio che dovrebbe far parte del futuro stato palestinese. Sono state tutte scattate lo scorso 31 gennaio 2018 utilizzando una fotocamera Canon 7D Mark II, con un obiettivo Sigma Sport 150/600, posizionandosi poco ad est dei villaggi arabo-palestinesi di Rantis e Al-Lubban, che sorgono circa 5 km al di là della cosiddetta Linea Verde, cioè la ex-linea armistiziale in vigore fra Israele e Giordania nel periodo 1949-1967 (si veda la mappa). Da queste immagini si può vedere quanto i centri nevralgici della demografia, dell’economia, dei trasporti e della vita politica e culturale d’Israele apparirebbero vulnerabili ed esposti allo sguardo di un qualsiasi “malintenzionato” munito di un semplice binocolo.

Le prime quattro fotografie illustrano quanto le strutture dell’aeroporto internazionale Ben Gurion, e gli stessi aerei sia a terra che in volo, sarebbero esposti agli attacchi di una qualunque forza ostile posizionata sulle alture immediatamente a est della piana costiera israeliana (cioè sulle alture di Samaria o Cisgiordania settentrionale), e che fosse munita anche solo di armamenti relativamente leggeri.

Qui sopra: l’aeroporto internazionale d’Israele Ben Gurion visto da un punto poco a est dei villaggi arabo-palestinesi di Rantis e Al-Lubban (visibili in primo piano). Si distinguono: la nuova torre di controllo, il terminal passeggeri, l’area duty-free e le aree di sosta degli aerei per l’imbarco/sbarco passeggeri.

Qui sopra: stessa prospettiva. Sono visibili diversi aerei passeggeri in sosta sulla pista.

Qui sopra: stessa prospettiva. Nel cerchio rosso, un aereo in decollo.

Qui sopra: un aereo di linea della Arkia decollato dall’aeroporto Ben Gurion, fotografato dalla stessa posizione precedente mentre effettua una virata per immettersi sulla sua rotta.

Le prossime cinque fotografie mostrano in modo inequivocabile quanto si presenterebbe fattibile (e invitante), per una formazione terrorista o genericamente ostile, prendere di mira i grandi edifici commerciali e residenziali, i brulicanti centri culturali e ricreativi e le arterie del trasporto stradale e ferroviario del centro del paese, se le Forze di Difesa israeliane dovessero cedere ogni controllo sulle aree destinate al futuro stato palestinese.

Qui sopra: lo sky-line di Tel Aviv, con l’iconico complesso dei grattacieli Azrieli adiacente al Ministero della difesa e al Quartier generale delle Forze di Difesa israeliane, l’autostrada 20 Tel Aviv-Ayalon e la trafficata stazione ferroviaria HaShalom. Si distinguono anche la Torre Kirya (Ha-Yovel), con 28 dei suoi 42 piani occupati da uffici governativi, e la vicina Azrieli Sarona Tower, l’edificio più alto di Tel Aviv. Anche queste foto sono state scattate da un punto poco a est dei villaggi arabo-palestinesi di Rantis e Al-Lubban.

Qui sopra: stessa prospettiva, più ingrandita.

Qui sopra: lo sky-line di Tel Aviv fotografato dallo stesso punto al di là della Linea Verde, ma puntando l’obiettivo verso il prestigioso complesso residenziale Park Tsameret, adiacente all’autostrada Tel Aviv-Ayalon e alla trafficata stazione ferroviaria centrale Savidor.

Qui sopra: stessa prospettiva, più ingrandita.

Qui sopra: lo sky-line di Tel Aviv nord, Ramat Gan e Bnei Brak. Si distinguono: la ciminiera della centrale elettrica alimentata a gas naturale Reading, alla foce del fiume Yarkon con il relativo grande parco ricreativo, e le quattro torri BSR che ospitano studi legali, strutture mediche, uffici hi-tech e numerosi affollati ristoranti.

Dunque, la prossima volta che qualcuno cercherà di minimizzare i rischi che comporterebbe il ritiro delle Forze di Difesa israeliane da tutte le aree al di là della ex-linea armistiziale e l’istituzione di uno stato palestinese armato senza né vincoli né garanzie, bisognerà mostrargli queste foto e chiedere: preferisci credere alla formulette ideologiche o a quello che vedi con i tuoi occhi?

(Da: Times of Israel, israele,net, 12.2.18)

Si veda anche: Quella soluzione bella e impossibile